
Ospedale Sant’Andrea: un paziente ricoverato nel reparto di Oncologia muore e la sua famiglia si scaglia contro medici e infermieri. È successo lo scorso 3 gennaio, prima aggressione del nuovo anno in ospedale, l’ennesimo che si consuma nelle strutture romane dove sindacati e medici lanciano ancora una volta l’allarme chiedendo l’attivazione o la riattivazione dei posti di polizia. Un appello che trova sostegno anche in Regione con l’assessore alla Salute Alessio D’Amato che torna sul punto: «I medici con grande spirito di sacrificio sono ogni giorno al nostro servizio per la nostra salute e sicurezza e aggrediscono un medico o un infermiere equivale ad aggredire se stessi. Rinnovo il mio appello al Prefetto di Roma perché studi una strategia comune per affrontare un fenomeno in preoccupante aumento. Credo sia necessario riattivare i punti di polizia nei pronto soccorso degli ospedali che svolgono un ruolo importante di deterrenza e per la sicurezza del personale medico e dei pazienti”.
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LA VIOLENZA
Una settimana fa al Sant’Andrea è successo questo: una paziente ricoverata giorni prima per problemi respiratori nel reparto di Oncologia, in quanto affetta da un tumore plurimetastatico, è peggiorata, il medico di turno ha avvertito i familiari che le condizioni erano disperate. Questi ultimi giungono in ospedale dopo aver appreso, sempre via telefono, del decesso della donna. Da lì passano pochi secondi e la situazione degenera. Ad aprire la porta del reparto è il medico che li aveva avvertiti e che per primo viene coperto insulti e sputare e poi attaccato. Fortunatamente non riporterà contusioni o traumi ma questo non gli ha impedito di sporgere denuncia. «Indipendentemente dalla presenza di altri pazienti, i parenti del paziente hanno urlato, sputato e devastato la stanza d’ospedale dove c’erano ancora il corpo e il vicino di letto, ribaltando tavoli e sedie e distruggendo l’elettrocardiografo che eseguiva il rituale dell’ECG», spiega Fedra Mori, Anaao Assomed Segretario di Società di Sant’Andrea. Cosa ha scatenato la violenza nei parenti del paziente? Secondo quanto accertato, i familiari della donna non avrebbero potuto visitare il congiunto prima della sua morte “in quanto il reparto era chiuso alle visite – continua Mori – per casi Covid accertati internamente ma questo non giustifica in alcun modo la violenza poi manifestata . Episodi del genere vanno fortemente stigmatizzati», anche perché nessuna negligenza è stata compiuta dai medici che, anzi, come per ogni paziente, hanno fatto di tutto per salvare la vita della donna. Al Sant’Andrea, come purtroppo in tanti altri ospedali, anche se c’è un posto di polizia, non ha personale. Da tempo gli ospedali ricorrono alla vigilanza interna che però «quando si verificano episodi di aggressione non possono intervenire direttamente», spiega Giulio Maria Ricciuto al segretario regionale del Simeu, medici del pronto soccorso.
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LA MODA
È proprio nella Dea di I e II livello che si registrano gli episodi più sfortunati: la media dei casi denunciati e di quelli non seguiti da denunce parla chiaro, sono almeno due gli attacchi giornalieri che avvengono. «Ogni anno ci sono almeno 200 morti – puntualizza Ricciuto – e gli attacchi sono in aumento, non parlo di attacchi fisici perché ce ne sono anche verbali e comportamentali. Situazioni che generano caos e confusione in uno dei reparti più delicati degli ospedali”. Da considerare, tra l’altro, l’aumento degli accessi al pronto soccorso, che rende la situazione ancora più pericolosa. «Solo nelle ultime 24 ore – conclude Ricciuto – abbiamo registrato 2.490 accessi nei 24 ospedali della Regione, di questi 977 erano in no imbarco covid e quindi in attesa di ricovero nei reparti, record assoluto a cui si sono aggiunti i pazienti positivi al Sars-Cov-2, 122, di cui 110 in attesa di posto letto”. Al momento, gli ospedali che possono contare sulla riattivazione dei posti di polizia si contano sulle dita di una mano. Tra questi ci sono Tor Vergata, Umberto I, San Camillo ma è “una quota troppo bassa – conclude Ricciuto – per i problemi e le difficoltà che stiamo vivendo”.