“Preferisco una tappa a un 8° posto. Credo in Tiberi, partirò nel 2025” – .

“Preferisco una tappa a un 8° posto. Credo in Tiberi, partirò nel 2025” – .
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Damiano Caruso è tornato nella sua Ragusa dopo essere stato sul Teide, reduce dal ritiro in alta quota con la sua Bahrain-Victorious. Lo abbiamo sentito al telefono dopo l’allenamento e ci ha spiegato sensazioni e obiettivi per i prossimi appuntamenti della stagione: il 36enne siciliano ci ha rivelato che punta al Giro d’Italia, dove potrà ad oscillare tra classifica e top team a seconda delle prestazioni del suo “protetto” Antonio Tiberi: “Accompagnerò Antonio in questa esperienza e lungo il percorso vedremo come andrà. Se oggi dovessi scegliere tra un ottavo posto nella classifica generale o una vittoria di tappa, sceglierei quest’ultima. La priorità per la classifica è su Tiberi, la mia potrebbe essere solo in circostanze eccezionali“.

Damiano, come stai? Come ti senti dopo il ritiro in quota?

“Bene grazie. Abbiamo fatto un bel blocco in quota (2° giorno, ndr) in cui abbiamo lavorato bene e abbiamo trovato bel tempo. Al momento sono stanco, come è normale che sia, e spero che dopo questo momento l’altitudine possa cominciare a dare i suoi benefici”.

Dal punto di vista del Giro, dove pensi di essere con la tua condizione?

“Spero di essere più o meno ai livelli dello scorso anno, non voglio sbilanciarmi anche perché ho corso poco in questa prima parte di stagione (Tirreno-Adriatico e Catalunya, ndr) e Non ho avuto grandi segnali di condizione, quindi veleggio un po’ visibile. Arrivo al Giro dopo un bel periodo di lavoro e ora cerco risposte che posso trovare solo in gara confrontandomi con gli altri”.

Quando ripensi al tuo 2° posto nel 2021, hai un pizzico di rammarico per non aver vinto, o pensi che sia stato il miglior risultato possibile?

“Non ho rimpianti anche perché ho provato fino alla fine a provare a ribaltare la situazione e quindi ho messo tutto l’impegno possibile. Il Giro 2021 è stato sicuramente qualcosa di sorprendente, perché mi sarei aspettato un buon piazzamento in un Grande Giro, ma non certo lottare per la vittoria”.

Condividi spesso la stanza con Tiberi. Conoscendolo da vicino, che tipo di ragazzo è?

“Antonio è il ragazzo della porta accanto, ambizioso e orgoglioso. Ha molta voglia di ricostruire la sua immagine sia come persona che come atleta. Nonostante la giovane età ha le idee chiare per il futuro e credo molto in lui”.

Cosa ti aspetti da lui quest’anno? E in una prospettiva futura, pensi che un giorno potrebbe lottare per la vittoria in una corsa a tappe di tre settimane?

“A differenza di molti, vorrei affrontarlo con cautela. Mi aspetto che possa fare un bel salto di qualità anche perché il suo obiettivo è diventare un corridore del Grande Giro; e questo implica avere ben chiaro che la corsa non si limita solo alle ore in cui si sta in bici, ma tutti i giorni in ogni momento della giornata che diventa fondamentale con tanti piccoli dettagli da curare. Mi aspetto un Giro d’Italia che possa confermare le sue doti e le aspettative che tutti abbiamo nei suoi confronti, è abbastanza grande e ha tutte le carte in regola per poterci provare con convinzione, anche perché il ciclismo di oggi ci insegna che no bisogna aspettare più a lungo. I giovani di oggi sono impostati diversamente rispetto a quando ero giovane io e quindi è giusto che ci provi con cognizione di causa; Sono convinto che Antonio ci farà vedere delle ottime cose in breve tempo”.

Sei un esempio di come un corridore possa crescere e migliorare gradualmente anno dopo anno: il ciclismo attuale non lo consente più?

“Puoi provare ad adattarti ai cambiamenti, uno dei quali è la tua dieta. Dobbiamo cercare di adattarci al sistema che sta cambiando, unito ad un grande spirito di sacrificio, dovendo stare al passo con i tempi senza arrendersi. Quest’anno ho lavorato con lo stesso impegno – se non di più – delle stagioni passate, per rimediare al fatto di essere un anno ‘senior’ e questo significa dover prestare una cura maniacale ai dettagli per cercare di competere con i migliori; e tutto questo chiaramente senza avere alcuna garanzia di un esito positivo”.

Come ci si avvicina ad un Giro d’Italia sapendo che c’è un corridore come Pogacar? C’è davvero la consapevolezza di correre per il secondo posto o sai mentalmente che potrebbe presentarsi un’opportunità?

«È una percezione che esiste anche all’interno del gruppo. Con il livello di Pogacar ad inizio stagione non sembra che possa lasciare scampo a nessuno. Ma come vorrà correre Pogacar? Con quale atteggiamento? Come un cannibale e quindi fare qualcosa di clamoroso come vincere tante tappe – assolutamente nei suoi limiti – oppure si accontenterà di vincere il Giro pensando alla doppietta con il Tour? Al netto degli imprevisti – in tre settimane può succedere di tutto – Tadej è l’atleta più forte di tutti nel gruppo e quindi più che pensare alla vittoria bisognerà capire come vorrà costruirla”.

Ripensando alla tua carriera, ci sono delle scelte che, se potessi tornare indietro, cambieresti?

“Con il senno di poi è sempre facile, ma ripensando alla mia carriera dico che avrei dovuto lavorare con più dedizione i primi anni da professionista, ma venivo da una scuola dove era giusto lavorare duro ed essere al servizio del i capitani. Oggi è un ciclismo diverso, sono cambiate le categorie giovanili e si arriva al professionismo già pronti. Tornando a me, riavvolgendo il nastro della mia carriera, penso che avrei dovuto investire di più su me stesso e sulle mie capacità”.

Perché i giovani italiani faticano così tanto nel passaggio dall’Under23 al professionismo?

“La vera grande differenza è la categoria Under23 in Italia. Per un giovane che oggi vuole aspirare ad essere subito competitivo tra i professionisti, deve passare e poi fare esperienza in una squadra satellite dei Giri del Mondo nella quale vengono formati come professionisti e con una struttura adeguata, questo significa che una volta arrivati nel mondo degli adulti può essere già a un buon livello e la differenza è meno avvertibile rispetto alle categorie giovanili”.

Programmi stagionali dopo il Giro?

“Tutto è ancora da pianificare ma nulla è escluso. Voglio procedere un passo alla volta e ora concentrarmi sulla Corsa Rosa, che spero possa soddisfarmi e poi insieme alla squadra decideremo come continuare”.

Per quanto ancora ti vedremo in sella?

“Il 2025 sarà il mio ultimo anno e lo farò sempre con il Bahrain-Victorious. Voglio smettere di andare in bicicletta amando questo sport senza dover arrivare al punto di odiare la bicicletta. Voglio portare nel cuore questa grande parentesi della mia vita, lasciandomi con un bel ricordo di tutti questi anni. Sarà un processo graduale che maturerà nel tempo”.

 
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