F1 | Newey, una nuova era: l’eredità Red Bull e la sfida Ferrari

Di Carlo Platella
Si conclude dopo quasi vent’anni l’avventura di Adrian Newey in Red Bull. A Milton Keynes l’ingegnere britannico dimostrò di poter incidere anche su una squadra non ancora affermata, come erano all’epoca Williams e McLaren, dimostrando una visione progettuale che trascende regolamenti, epoche e struttura organizzativa. Andare oltre i confini nazionali appare ora come l’ultimo grande test per consolidare ulteriormente il suo nome nella Formula 1 Hall of Fame.

Vittorie in Red Bull

Mai nella storia delle corse si dovrebbe commettere l’errore di attribuire i successi di una scuderia ad un singolo individuo, sia esso pilota o ingegnere, soprattutto in un’epoca in cui gli addetti alle squadre contano migliaia di persone. Sarebbe quindi inappropriato riconoscere i meriti di specifiche soluzioni o di intere vetture esclusivamente al genio di Newey, che ha sempre offerto un contributo molto prezioso. Viene in mente la determinazione dell’ingegnere inglese quando nel 2011 convinse la direzione tecnica della Red Bull a farlo installare la batteria KERS vicino al cambio, in un ambiente proibitivo a causa delle alte temperature e vibrazioni. Una scelta indubbiamente coraggiosa, ma che permise alla RB7 di essere allestita con volumi aerodinamici che non poterono essere replicati dalla concorrenza fino all’anno successivo.

Ancor più che nei dettagli progettuali, però, il contributo di Newey risiede soprattutto nella visione a 360° della vettura, delineando obiettivi e linee guida per ottenere un risultato finale quanto più organico possibile. A parlare sono soprattutto i successi delle Red Bull effetto suolo negli ultimi tre anni, tutti derivanti dall’assetto vincente per il 2022. Sulla RB18 Adrian si è concentrato principalmente sul gruppo sospensivo, consapevoli dell’importanza della meccanica per stabilizzare l’altezza da terra e sfruttare il massimo potenziale aerodinamico della superficie. Il tutto senza incorrere nei limiti del delfinamento, gestito abilmente grazie anche ai riferimenti teorici della fisica dell’effetto suolo, conoscenze a lui ben note e che costituirono l’argomento della sua tesi di laurea.

Adrian Newey sul podio del Gran Premio del Canada 2023 © Copyright: Bearne / XPB Images

La consacrazione

In Williams Adrian Newey aveva vinto i suoi primi titoli mondiali, dimostrando poi in McLaren di poter incidere anche in un team diverso, per di più in una realtà particolarmente rigida come quella di Woking diretta da Ron Dennis. La sfida poi raccolta e vinta in Red Bull era ancora più ambiziosa, contribuendo alla costruzione di un nuovo top team che in pochi anni arrivò a dominare la scena.

A Milton Keynes Newey ha ampliato la sua personale collezione di trionfi iridati, spalmati su tre diversi cicli regolamentari e in un arco temporale che abbraccia oltre trent’anni dalla Williams alla Red Bull. Un periodo in cui La Formula 1 si è evoluta profondamente, sia nell’aerodinamica che nei motori, con l’avvento dell’ibrido, ma ancor più nei metodi di lavoro. Le simulazioni CFD computerizzate hanno preso il sopravvento nelle gallerie del vento e nei test in pista, delineando tecniche di sviluppo e test sempre più virtuali. I successi delle Red Bull di Vettel e Verstappen restano la testimonianza di come Newey sia riuscito a fornire un prezioso contributo anche in un’epoca profondamente diversa da quella in cui ha esordito, evidenziando come la sua intuizione e visione progettuale trascendano i tempi, le normative e l’organizzazione del lavoro.

Il futuro

L’ingegnere inglese lascia la Red Bull annunciando di essere alla ricerca di nuove sfide. Quello dell’Aston Martin è un prospetto allettante, ma proporrebbe un processo di costruzione di un top team simile a quello già affrontato a Milton Keynes. La Ferrari incarna probabilmente la destinazione più attraente, non solo per l’ambizione di contribuire al ritorno al successo iridato della casa automobilistica più famosa del mondo. Per un ingegnere che ha dimostrato di poter avere un impatto su diversi decenni, team e ambienti normativi, avventurandosi in un ambiente al di fuori del Regno Unito, con una cultura e un approccio lavorativo diversi, rappresenterebbe a tutti gli effetti una nuova sfida. Tutto questo inserendosi in una struttura organizzativa già consolidata e con forte pressione mediatica esterna, sperimentando l’esigenza di conciliare tradizione e voglia di rinnovamento.

A Maranello, inoltre, Newey vivrà per la prima volta la realtà del pilota un team che realizza internamente motore e telaio, un’occasione per lasciare un segno maggiore anche nell’alloggiamento del nuovo propulsore 2026 della vettura. Un compito mai così importante e impegnativo, su una generazione di vetture che saranno più piccole di quelle attuali, ma dove la carrozzeria continuerà ad interagire aerodinamicamente con il fondo. Il tutto in un’azienda che difficilmente negherebbe l’opportunità di cimentarsi nella progettazione di future supercar o Hypercar di Le Mans, se Newey ne sentisse il desiderio.

Il contributo alla Ferrari

In caso di arrivo di Adrian Newey alla Ferrari, la combinazione sarebbe appetitosa. L’ingegnere che tante volte ha reagito con creatività e concretezza all’introduzione di una nuova normativa si ritroverebbe a lavorare nella squadra che, con le rivoluzioni normative del 2017 e del 2022, ha proposto non poche soluzioni originali. Negli ultimi anni la Ferrari ha semmai perso la strada quando si tratta di sviluppare il progetto iniziale nelle stagioni successive, dove il modus operandi empirico di Newey, che ha sempre preferito evoluzioni consapevoli a rivoluzioni improvvise, tornerebbe ad essere prezioso. Certo è che in caso di sbarco a Maranello, Adrian difficilmente avrebbe la possibilità di incidere nel breve periodo, motivo in più per cui il Cavallino costituirebbe quella nuova sfida tanto ambita.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV 297.471 spettatori, un record – Notizie – .
NEXT MotoGP, Yamaha si allea con un team di F1 per la nuova moto – .