da Donnarumma a Luis Enrique, il processo a Parigi – .

da Donnarumma a Luis Enrique, il processo a Parigi – .
da Donnarumma a Luis Enrique, il processo a Parigi – .

Come al solito, è tempo di processo a Parigi. A processo vanno tutti, da Donnarumma a Luis Enrique, passando per il presidente Al Khelaifi e il ds Campos. Tutti responsabili dei sette peccati capitali del club della capitale. Sono questi gli errori commessi dall’Equipe all’indomani dell’eliminazione in semifinale di Champions League. Un deragliamento che apre scenari di mercato che portano anche all’Italia, a migliorare la rosa in vista della partenza di Mbappé a fine stagione.

Gigio

Per il quotidiano parigino la storia si ripete. Non tanto quello del mancato trionfo in Champions League, ma quello di Donnarumma che ha chiuso la sua terza stagione a Parigi con un “bilancio complessivamente positivo”, con i soliti ma. Sulla linea di porta l’italiano ha pochi rivali, ammette L’Equipe, il “problema però sta nell’approccio inadeguato nei momenti cruciali della stagione, come se aleggiasse ancora il “fantasma del Bernabeu”, con la famosa “ errore” che ha dato il via alla rimonta del Real Madrid nel 2022. Inoltre, martedì, contro il Barcellona nei quarti di finale, “è emerso il suo più grande difetto: il suo gioco aereo”. In pratica, a Donnarumma viene imputata la mancata rete di Hummels: “Una carenza tecnica che si aggiunge alla difficoltà di imparare da situazioni del genere”. Peccato che non si parli degli errori di marcatura di Beraldo e Zaire-Emery sul difensore tedesco.

LUCHO E CAMPOS

Sotto processo anche Luis Enrique che ha fallito l’idea della marcatura a uomo, di aprire il gioco soprattutto sulla destra e di sostituire l’infortunato Hernandez con Beraldo: “Qualche fallimento”. Inefficienti anche le opzioni Mendes e Ramos, così come la mancanza di ritmo, indotta dal dogma del controllo che non gli permette di modificare il tempo di gioco della sua squadra, diventando prevedibile, dipendente dagli slanci di Dembélé e mai in grado di mantenere l’intensità, un altro difetto capitale. L’altro imputato, invece, è il ds Campos che “pur disponendo di grandi mezzi finanziari come pochi suoi predecessori in passato”, si ritrova di fronte al fatto che la sua strategia di costruzione della rosa è andata “in frantumi”. Per l’Equipe, non è stato Campos a raggiungere la semifinale, risultato alla fine soddisfacente, né a scegliere Luis Enrique.

filo

Zero merito, insomma, per il portoghese difeso da Parisien che ne sottolinea l’importanza nella preparazione della prossima stagione, avendo già individuato gli obiettivi. Stiamo lavorando su cinque innesti, e in particolare su due attaccanti per cercare di compensare la partenza di Mbappé. Il primo obiettivo è Victor Osimhen, che però costa caro: tra i 100 e i 130 milioni. In alternativa c’è un altro Victor, Gyokeres, attaccante dello Sporting, autore di 41 gol in 47 partite stagionali. È il solito stile portoghese. Il PSG ha già quattro giocatori portoghesi in rosa (Ramos, Vitinha, Pereira, Mendes). Senza dimenticare l’onnipresenza dell’agente Mendes che gestisce gli interessi di sei giocatori (Vitinha, Zaire-Emery, Ugarte, Asensio, Ramos e Barcola). E poi c’è l’idea di riprovarci con Bernardo Silva, giocatore del Campos che secondo Le Parisien dovrebbe essere rinnovato e che lavora come se fosse rimasto al comando, nonostante voci di partenza non essendo riuscito a convincere Mbappé a restare. .

culto di Nasser

Si parla però di un rinnovo per Luis Enrique in scadenza nel 2025. E sarebbe una scelta quella di Al Khelaifi, sul patibolo anche lui per aver assecondato il “culto della personalità”. Da quando il direttore sportivo Leonardo, che occupava la scena mediatica, non esiste più, il presidente si è ritagliato un ruolo di rilievo anche nella politica sportiva. Una scelta “non giudiziosa”, visto che è stato proprio l’Al Khelaifi a forzare l’acquisto, per 95 milioni, di Kolo Muani, rimasto in disparte per tutta la stagione. A pesare sul deragliamento della Champions League, ci sarebbe anche la gestione scorretta di Zaire-Emery, subito proclamato il simbolo del nuovo corso, ma che a 18 anni fatica a reggerne il peso e che da mesi, tra una convocazione e l’altra, -up alla Nazionale e le lunghe discussioni conseguenti al rinnovo fino al 2019, è in calo. Insomma, il ragazzo avrebbe dovuto essere trattato diversamente. Come diversamente, riconosce L’Equipe, la vigilia della semifinale di ritorno andava gestita, evitando quei trionfalismi che davano per scontata la qualificazione, con tanto di gigantografia della coppa esposta nell’angolo, in maniera tutt’altro che superstiziosa. modo. Il problema, però, è culturale, come ha ricordato a fine gara anche Mbappé che, come Luis Enrique, dava per scontata la vittoria ancor prima di scendere in campo: “Se non ci esaltiamo – ha spiegato l’attaccante – , chi prenderà il nostro posto?”.

 
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