Gli osservatori più critici dell’opera di Gabriele Gravina sostengono che il principale nemico del presidente della FIGC è lui stesso. Il fallimento sportivo causato dall’eliminazione dal recente campionato europeo, a seguito della mancata qualificazione a due edizioni consecutive di un campionato del mondo (anche se solo la seconda è avvenuta sotto la sua gestione), parla da sé. Senza bisogno di ulteriori spiegazioni.
Nella conferenza di chiusura a Iserlohn, Spalletti aveva puntato il dito contro i giocatori (denunciando ad esempio la mancanza di coraggio nell’andare a tirare eventuali rigori), mentre il presidente federale aveva ammonito i politici a non violare l’autonomia dello sport. “Ancora una volta, lo sport insegna ad assumersi direttamente la responsabilità e non a trasferirla. Questo deve suscitare riflessioni, perché ci sia un punto fermo”.
Manovre di serie A e B
Inoltre, la convocazione dell’assemblea elettiva di novembre ha disorientato i vertici delle serie A e B. Casini avrebbe preferito discutere dell’opportunità di anticipare il voto in sede di consiglio federale e non prenderne atto durante una telefonata. La serie B ritiene che la mancata riforma dei campionati porti a elezioni con pesi ponderati che non corrispondono ai valori attuali del sistema (la A conta al 12%, la B al 5%). Ecco perché in molti sospettano che di fronte a quello che apparentemente sembra un beau geste (cioè la convocazione delle elezioni il prima possibile) in realtà nasconde il desiderio di scappare di nuovo.
Se Gravina si candidasse, avrebbe la maggioranza potendo contare sul patto di ferro con Lega Pro e Dilettanti (più Allenatori e Giocatori). La variabile potrebbe essere rappresentata dagli sviluppi dell’inchiesta giudiziaria in cui è coinvolto Gravina per peculato e autoriciclaggio: Giancarlo Abete sarebbe pronto se necessario. E in Lega? Lotito e De Laurentiis spingono per la riconferma di Casini ma occhio alle grandi e alla presentazione del loro possibile profilo. La partita è lunga.
