perché il suo diritto riscrive il tennis – Corriere.it – .

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Lo calcolano come il palo dei piloti, il tuffo nel chilometro lanciato, il salto nel vuoto sulla Streif. Carlos Alcaraz è il laboratorio mobile di sperimentazione, il tennis 5.0 che fa colpo a Parigi: set venduto in cinque partite (al giapponese Daniel, che lo racconterà ai nipoti), due 24enni (Shapovalov e Tsitsipas) maltrattati come esordienti, un quasi coetaneo (14 mesi tra Alcaraz e Musetti) invitato ad una lezione gratuita sulla sede parigina. Il tutto con il sorriso, il tesoro perso da Sinner al Roland Garros: «Due cose mi colpiscono di Carlos – ha spiegato ieri coach Juan Carlos Ferrero, il fratello maggiore che vent’anni fa ha annesso il Grande Slam sulla terra rossa -: il fatto che sia in grado di alzare l’asticella con i migliori e divertirsi come matti».

Gli altri meno, ma pazienza: gli aruspici scrutano i granelli di terra e giurano che questo sarà il Grande Slam della rivoluzione, il primo Roland Garros conquistato dal 2005 da un giocatore che non è Nadal (14 titoli) né Federer (1 ) né l’intruso Wawrinka (1) né Djokovic (2), l’highlander che venerdì attende la furia del Murcia in semifinale, con la fronte leggermente corrugata, cercando di capire come arginarla. Contro il povero Tsitsipas, che è ancora numero 5 al mondo, il dritto di Alcaraz viaggiava a 184 km orari, non una novità per chi già tirava a 125 agli US Open 2021 (aveva 18 anni). 6 km/h cioè 4,2 km/h più veloce della media dei colleghi. L’impugnatura semi-western, il gomito destro molto alto, l’angolo del 45% rispetto al suolo ne fanno un tiro letale e poco leggibile. “Lo alleno da cinque anni, lo conosco – sorride Ferrero, il super coach più invidiato del circuito -, so di cosa è capace”.

Ma il potenziale di Carlos Alcaraz, che nel 2022 a 19 anni è diventato il re più giovane della classifica dopo essersi unito agli US Open, è sconosciuto anche a lui stesso. “Fisicamente sono al 100%, mi sembra tutto facile – ha ammesso al termine dell’opera di distruzione di Tsitsipas nei quarti -, il mio livello qui a Parigi sale partita dopo partita”. Restano i numeri, da interpretare: l’utilizzo della palla corta di dritto in media 3,81 volte a partita (Djokovic ha usato questo tiro contro Khachanov 43 volte, un record), con una percentuale di successo superiore al 70%. Intorno al totem del dritto ruota un gioco di pressioni di smagliante completezza, sostenuto dalla cilindrata di un motore nato per produrre tennis. Basso, muscoloso, già minorenne, Carlos non deve portare in giro le lunghe leve di Sinner, per così dire. Un bel vantaggio.

La sfida in semifinale con Djokovic è la partita più attesa dall’inizio dell’anno. «E io non vedo l’ora di affrontarlo, speravo di incontrarlo più spesso: solo battendo i migliori si cresce. Spero che la mia giovinezza conterà più della sua esperienza». Giunto alla sua 45esima semifinale del Grande Slam, Djokovic sta affrontando l’ostacolo più alto, e lo sa: «Carlos è un ragazzo fantastico, che porta un’intensità nel tennis che solo un altro spagnolo di successo ha…». L’allusione è a Rafa Nadal, il grande assente. Ma Alcaraz il sostituto è pronto a stupire

 
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