Google colto in flagrante: la “modalità di navigazione in incognito” è inutile!

L’azienda dovrà cancellare milioni di dati raccolti illecitamente.

Nell’intimità delle vostre camere, a tarda notte e con le luci spente, utilizzate il Modalità di navigazione in incognito di Google per navigare in quel sito proibito che ti piace così tanto. Bene, puoi risparmiarti la fatica e farlo in pieno giorno, perché non sei affatto in incognito. A quanto pare, infatti, Google continua a raccogliere i dati degli utenti anche quando utilizzano questo metodo il che, tutto sommato, è tutt’altro che “incognito”. Ma una sentenza di un tribunale americano ha accertato la condotta fraudolenta dell’azienda di Mountain View, costretta ora a cancellare miliardi di record di dati di navigazione degli utenti raccolti in modo del tutto illecito. Congratulazioni Google!

La caduta degli Dei

I cookie di terze parti verranno ora bloccati per impostazione predefinita

Da alcuni anni la situazione relativa alla realtà della modalità di navigazione in incognito è oggetto di controversie, in particolare da allora 2020, anno in cui è stata intentata un’azione legale collettiva contro Google, accusato di aver perpetrato la registrazione dei dati di navigazione degli utenti che hanno deciso di utilizzare questo metodo, pensando giustamente di non essere monitorati. Ora, secondo i documenti depositati presso il tribunale federale di San Francisco, Google ha accettato di procedere alla distruzione di un database di miliardi di dati raccolti illecitamente. Leggiamo infatti nel documento (che potete trovare facilmente online):

Questo accordo rappresenta un passo avanti storico nel chiedere alle grandi aziende tecnologiche di trattare con trasparenza nei confronti dei propri utenti riguardo alle modalità con cui raccolgono dati personali, li cancellano o li rimodulano. (…) Con questo accordo, Google si impegna a riscrivere i propri accordi di informativa, nei quali dovrà informare esplicitamente che raccoglie i dati personali degli utenti, e dovrà farlo sia nella sua Privacy Policy che nella schermata iniziale della modalità di navigazione in incognito. (…) Con l’approvazione di questo accordo, Google dovrà cancellare miliardi di record di dati relativi alle attività di navigazione privata svolte dai ricorrenti. Per i prossimi cinque anni Google dovrà inoltre adeguarsi ad una modifica alla modalità di navigazione in incognito, che consentirà agli utenti di bloccare per impostazione predefinita i cookie di terze parti. Google deve anche rimuovere i tracking bit scoperti dai querelanti, che la società stessa è già stata multata due volte per aver occultato. Di conseguenza, Google non sarà più in grado di tracciare di nascosto le attività private degli utenti.

La trasparenza innanzitutto

Meglio non fidarsi troppo di Google

Sembra, insomma, che questo accordo obbligherà Google a giocare a carte scoperte, impedendogli di continuare a monitorare impunemente le attività di tutti quegli utenti che creano una sessione di navigazione privata tramite il suo browser. Sicuramente gli utenti che aspirano alla massima privacy dovrebbero optare per soluzioni alternative, ad esempio utilizzando Tor o VPN, ma non tutti gli internauti hanno il livello adeguato di conoscenze informatiche necessarie per essere a conoscenza di alternative simili, e infatti la possibilità di creare una modalità di navigazione in incognito all’interno del browser Chrome dovrebbe essere un motivo sufficiente per navigare con completa tranquillità. Purtroppo è stato dimostrato che non è così e che Google ha raccolto tonnellate di dati personali dai quali avrà senza dubbio ricavato profitti da capogiro vendendoli al miglior offerente.

D’altronde non si può certo dire che l’azienda sia stata “messa in ginocchio” da questo accordo. Il rappresentante legale della società, Jose Castaneda, azzarda invece una certa vanagloria nelle dichiarazioni compiaciute riportate da Wired. Sostiene infatti che i dati incriminati altro non sono che “vecchi dati tecnici mai utilizzati per alcuna forma di profilazione” e sottolinea anche divertito che in forza di questo accordo l’azienda non pagherà alcuna sanzione – mentre al All’inizio del contenzioso la class action aveva chiesto l’irrogazione di una multa di 5 miliardi di dollari. Insomma, possiamo forse dire che la disputa è finita in paritàma d’ora in poi sarà più semplice per gli utenti fare scelte consapevoli sulla propria navigazione sul web attraverso il browser Chrome.

 
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