Condanna a morte in Iran. Possiamo salvare il rapper della rivolta – .

Condanna a morte in Iran. Possiamo salvare il rapper della rivolta – .
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La voce della rivoluzione pacifica “Donna, Vita, Libertà” in Iran langue nel braccio della morte. La musica di Toomaj Salehi rischia di essere messa a tacere per sempre. La Repubblica Islamica ha condannato a morte il rapper che aveva cantato la rivoluzione per la libertà e la sua musica ha accompagnato la voce dei giovani, donne e uomini, che hanno lottato e lottano per rovesciare la Repubblica Islamica. Ora la vita del rapper dissidente dipende dalla mobilitazione della comunità internazionale e dalla voce forte e perentoria che in queste ore deve farsi sentire fuori dall’Iran.

Sono già numerosi gli appelli urgenti di organizzazioni per i diritti umani che chiedono il rilascio immediato di Toomaj condannato a morte per “moharebeh” (guerra contro Dio) e per “mofsed-e-filarz” (corruzione sulla terra).

Dagli Stati Uniti, Masih Alinejad, giornalista ed eroina delle donne che lottano contro l’apartheid di genere in Iran, implora la comunità internazionale di mobilitarsi per salvare la vita del rapper: “Dobbiamo agire ora, prima che sia troppo tardi. Toomaj Salehi è stato condannato a morte per aver osato sostenere la rivolta “Donna, Vita e Libertà” attraverso la sua musica. È necessario mostrare un’unità incrollabile per salvare la sua vita e quella di decine di manifestanti che si sono ribellati contro l’orrendo omicidio di Mahsa Amini. La sua voce non deve essere messa a tacere”.

In queste ore attivisti per i diritti umani stanno portando avanti manifestazioni davanti ai consolati e alle ambasciate della Repubblica iraniana in diverse città europee.

L’intera famiglia di Toomaj è stata perseguitata per quattro generazioni e lo è ancora. Sua madre è stata arrestata perché accusata di aver aiutato prigionieri politici ed è morta per le sofferenze patite. Due dei suoi zii, Farshid e Houshang, furono uccisi dal regime all’età di 19 e 21 anni prima che lui venisse al mondo.

L’artista è figlio di una famiglia appartenente all’etnia Bakhtiari e non è un caso che le sue canzoni insistono sull’importanza della coesione tra i diversi popoli iraniani. “Se il mondo avesse un solo colore, bianco o nero, non sarebbe bello.” Per Toomaj la rivoluzione “Donna, Vita, Libertà” è un “ruggito di mille furie” ed espressione delle radici rivoluzionarie di arabi, assiri, armeni, turkmeni, mazni, sistani, beluci, talesh, tat, azeri, curdi, Gilak, Lur, Persiani, qashqai. “L’Iran è un insieme di fiumi”, cantava Toomaj.

Il messaggio al centro delle proteste in Iran è quindi del tutto nuovo e dirompente. Un messaggio che unisce centro e periferia con slogan molto eloquenti: “Curdi, Baluchi, Baha’í, Azeri, Bakhtiari, libertà e uguaglianza” e il motto “Donna, Vita, Libertà” equivale a rivendicare “Democrazia, laicità, libertà , diritti civili e diritti delle minoranze”.

Questo carattere della rivoluzione giovanile in Iran ha letteralmente fatto impazzire il regime, soprattutto perché stava affrontando una terribile crisi economica.

Il musicista ha rappato sulle sue piattaforme mediatiche popolari sulla rivoluzione delle coraggiose donne iraniane che dal 16 settembre 2022, dopo l’uccisione della giovane ragazza curda Jîna (Mahsa Amini) da parte della polizia morale, si erano ribellate pacificamente per porre fine all’apartheid regime del tipo praticato dal 1979.

Il rapper è l’ennesima figura di alto profilo da perseguitare. In un’intervista rilasciata prima di finire nel famigerato penitenziario di Evin, definito la “prigione degli uomini illustri”, paragonò i guardiani della rivoluzione a un’organizzazione mafiosa, pronta a uccidere i bambini dell’intera nazione per mantenere il potere, il controllo l’economia, il denaro e le armi del paese.

Il musicista è noto per le sue canzoni piene di fervore politico ribelle. I suoi videoclip sono stati girati in località anonime e periferiche di varie province iraniane. È un artista underground della cultura hip hop che si muove sulla scia della corrente dei rapper che sono attivisti nel campo politico-sociale e per i diritti civili e che usano la loro forte attitudine comunicativa per esprimere opinioni politiche bandite dal governo. Il rapper dissidente è una delle voci più forti che si è levata dalle strade alle carceri contro i mullah; i suoi testi non parlano di sesso e droga, ma di diritti fondamentali, diritti delle donne, libertà e del fatto che gli iraniani dovranno riprendersi il loro paese e scacciare per sempre gli ayatollah. “Non aspettare un soccorritore: l’eroe sei tu! Se tu ed io diventeremo una cosa sola, allora non ci saranno limiti”, sono le battute di Toomaj in una delle sue canzoni più famose.

La voce di Toomaj Salehi non si sentiva più da molti mesi. Perché non c’erano più notizie su di lui? Come sta Toomaj fisicamente e mentalmente dopo mesi di torture? Se lo chiedono in tanti tra la “generazione Z” iraniana che a lui trae ispirazione per la lotta di liberazione dal satrapo persiano. Di lui si era persa ogni traccia. Toomaj con la sua musica ha aiutato i giovani a sfuggire alla repressione del regime su Internet. Fa parte, insieme all’altro artista rap, Saman Yaşin, curdo, di quel movimento considerato clandestino che ha combattuto e combatte la censura online durante le proteste e la disobbedienza civile contro l’apartheid di genere.

Il rapper trentaquattrenne è stato arrestato per la prima volta nel settembre 2021 subito dopo l’uscita della sua canzone anti-pasdaran Rat Hole in cui esorta agenti, lobbisti e apologeti del regime a trovare un posto dove nascondersi. Toomaj viene spesso ricordato con un ritornello di questa sua canzone in cui dice, rivolgendosi ai Pasdaran: “Comprate una tana per topi dove andate a nascondervi”. Dopo una settimana di proteste sui social media, è stato rilasciato su cauzione in attesa del processo. Nel gennaio 2022, il tribunale rivoluzionario islamico di Shahinshahr lo ha condannato a sei mesi di reclusione con sospensione della pena e a una multa.

È stato nuovamente arrestato il 30 ottobre 2022 insieme a un gruppo di suoi amici nel villaggio della provincia di Chahar Mahaal-Bakhtiari, nella provincia occidentale, e poi portato in una località sconosciuta. Ha resistito alle torture indicibili inflittegli dai torturatori delle Guardie Rivoluzionarie che volevano estorcergli una falsa confessione. Circa sei mesi fa è stato nuovamente rilasciato su cauzione, ma solo per poche ore perché è stato nuovamente arrestato, ovvero rapito per strada da agenti Pasdaran in borghese che lo hanno picchiato e colpito con il calcio dei kalashnikov. . Nei suoi confronti non era mai stato emesso alcun mandato di cattura, ma i Pasdaran lo hanno prelevato e portato in una località sconosciuta.

Toomaj non si è mai lasciato intimidire. Ha continuato a dire la verità e per questo motivo si trova ancora in carcere e languisce nel braccio della morte dal 24 aprile. Il regime iraniano vuole terrorizzare la popolazione con il messaggio che nessuno, nemmeno la persona più popolare, può sfuggire alla sua feroce repressione.

La stessa persecuzione ha colpito anche il rapper curdo Saman Yaşin, 28 anni, accusato di manifestare per la liberazione dell’Iran. Anche lui è stato brutalmente torturato nelle prime tre settimane di detenzione. Era stato condannato a morte, ma fortunatamente la sua sentenza è stata annullata. Anche il cantante Shervin Hajipour, autore del brano musicale Baraye, divenuto inno della Rivoluzione iniziata nel 2022 per la liberazione dell’Iran dalla Repubblica islamica, è dietro le sbarre nel carcere di Evin dal 1 marzo, e la condanna di Hajipour è l Ancora un altro esempio della repressione del regime nei confronti dei partecipanti.

Shervin Hajipour ha vinto i Grammy Awards 2023 come “Miglior canzone per il cambiamento sociale”. Aveva pubblicato il suo testo per la prima volta nel settembre 2022, su Instagram. In soli due giorni Baraye ha raccolto 40 milioni di visualizzazioni, cosa che ha preoccupato non poco gli ayatollah che per primi lo hanno imprigionato e rilasciato un mese dopo. Baraye è una parola persiana che significa “per”, “a causa di”. Hajipour è stato condannato a tre anni di reclusione per “incitamento alla rivolta e minaccia alla sicurezza nazionale”, nonché a otto mesi per “propaganda contro il regime”. Gli è stato anche impedito di lasciare l’Iran per due anni e costretto a scrivere una canzone sui “crimini commessi dagli Stati Uniti”.

Il regime trova molto difficile far rispettare l’odioso codice di abbigliamento, le donne sono disposte a sacrificare la propria vita per difendere la propria dignità e libertà e ad uscire di casa con i capelli al vento, sapendo che potrebbero anche non tornare lì ed essere arrestate e torturato o violentato. Per questo le autorità iraniane utilizzano l’arma del terrore e ora la vita del rapper Toomaj dipende dalla pressione, dalla forza e dall’efficacia della mobilitazione della comunità internazionale.

 
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