Rossese, del Ponente Ligure, il rosso figlio del mare dal fascino nordico – .

Rossese, del Ponente Ligure, il rosso figlio del mare dal fascino nordico – .
Rossese, del Ponente Ligure, il rosso figlio del mare dal fascino nordico – .

Paolo Monelli, negli anni ’60, sosteneva che nessun Rossese è uguale a un altro. Per VeronelliIl Rossese di Dolceacqua, se ben vinificato, era il miglior rosso italiano. È sicuramente un vino cangiante, espressione di un territorio misto a letteratura. Cosimo Piovasco di Rondò, protagonista del Barone rampante Di Calvino, che nel suo peregrinare di fogliame in fogliame si arrampica anche sui pergolati rossesi. Ma anche un’altra gloria locale come Biamonti, “che ci fornisce una chiave moderna per comprendere la vera essenza dei Liguri e del paesaggio ligure, che è una lotta continua tra la corrosione del vento, del mare, dei pendii e del tempo, e l’impegno dei contadini nella costruzione di muretti a secco per coltivare vigneti e uliveti” racconta Filippo Rondelli, titolare dell’azienda vinicola Terre Bianche. Da Bricco Arcagna, dove Rondelli ha la sua azienda, le parole diventano paesaggio. Il mare è lì, lontano il volo di un gabbiano.

Filippo Rondelli di Azienda vinicola Terre Bianche con il socio Franco Laconi

Ma le vette delle Alpi Marittime sono altrettanto vicine. Dai 1973 metri del Toraggio, la montagna che si erge sullo spartiacque tra la Val Nervia e la Val Roia, al Mediterraneo, ci sono solo 18 chilometri. “In cui possiamo trovare cinque climi diversi. La nostra viticoltura è figlia di questa varietà” spiega Rondelli, che è stato il principale artefice del progetto delle nomeranze, il modo locale di definire i cru o – per dirla in gergo tecnico italiano – le unità geografiche aggiuntive (Uga). Ora che la Regione Liguria li ha definitivamente approvati – in attesa del via libera definitivo da parte del Ministero delle Politiche Agricole – i nomi acquistano ancora più significato. “Coadiuvati dallo storico Alessandro Giacobbe, abbiamo lavorato per quattro anni al censimento dei 3000 ettari di vigneti presenti nella zona alla fine dell’Ottocento”, continua Rondelli. Così, tra archivi e mappe catastali, mappe antiche e foto storiche, si è riusciti a individuare 1300 toponimi legati alla vigna, riassunti in 33 nomi, ovvero “luoghi di importanza”. Dalla A di Alpicella, alla T di Tramontina, ci sono tutte le sfaccettature del Rossese di Dolceacqua. È una storicità che i nomi raccontano con dedizione filologica. “Ci sono soprannomi fioriti nell’Ottocento, come Posaù, cioè colui che riposa, perché probabilmente vicino alla vigna c’era un sasso dove potevi sederti e prendere fiato. E Armetta, che è un termine ligure andato perduto nei secoli, che deriva da barma, ovvero grotta”. E così per Luvaria, che ricorda la presenza dei lupi. Oppure Arcagna, dal latino arcanus, misteriosa perché nascosta alla vista, perché recintata.

Il ritorno del Pigato: è il nuovo re dei vini liguri

di Lara Loreti

08 aprile 2024

“Nel Rossese di Dolcecqua convivono due identità. Quello mediterraneo, che dà vita a vini più rotondi, più esuberanti al naso, ma dal sorso più rotondo, come nel caso dei nomi Pini o Posaù. E questo di più fresco, verso Nord, per vini più raffinati ed eleganti in termini di acidità, come il Beragna, piuttosto che il Curli che aggiunge una certa ricchezza, anche nel colore”, dice Rondelli. È una questione di esposizione, di altitudine, ma anche di terreno. “Alcuni vigneti sono su terreno bianco, o calcareo, che trattiene l’acqua. Ma basta spostarsi di 200 metri per incontrare i terreni drenanti del flysch, che qui chiamiamo sgrutto, cioè stratificazioni rocciose di arenaria, con intercalari più morbidi, che si sgretolano”.

I vigneti del Rossese visti dall’alto

È un incantesimo complicato, che innerva oggi tutti i 100 ettari di vigneti di queste terre rossesi, utilizzando la formulazione di un recente progetto di marketing territoriale che riunisce 5 comuni – Camporosso, Dolceacqua, San Biagio della Cima, Soldano e Perinaldo – per valorizzare il territorio tra natura, storia e cibo e vino. Intanto la produzione complessiva si attesta intorno alle 300.000 bottiglie l’anno, le cui vendite stanno andando molto bene, in Italia ma anche all’estero: Stati Uniti, Inghilterra, Giappone e Corea su tutti. Perché il Rossese di Dolceacqua è un vino moderno nella sua eleganza sussurrata, raffinato e schietto allo stesso tempo, come i liguri di queste terre.

Ed ecco 11 bottiglie di Rossese di Dolceacqua da provare

• Terre Bianche (Dolceacqua) – Rossese di Dolceacqua “Bricco Arcagna”

Terre Bianche – Bricco Arcagna

Da vigneti centenari, a 400 metri sul livello del mare, ecco un vino intenso e ampio, che profuma di ciliegie sotto spirito, spezie ed erbe balsamiche. Al sorso i tannini sono setosi, mentre la sapidità è marcata, che sostiene il lungo finale, ricordandoci di essere a due passi dal mare.

• Maccario Dringenberg (San Biagio della Cima) – Rossese di Dolceacqua “Posaù”

Maccario Dringenberg – Posaù

Da una cantina di livello mondiale, questo vino nasce sugli impervi terrazzamenti esposti a sud-est di San Biagio della Cima. Si caratterizza per un’intensa piccantezza, accompagnata da piccoli frutti rossi, per una beva estremamente gradevole già dal momento dell’imbottigliamento.

• Perrino Testalonga (Dolceacqua) – Rossese di Dolceacqua

Perrino Testalonga

Un Rossese fuori dagli schemi. Un vino pieno di tensione, di terra e di frutto, da una cantina cult per storia, vigneti e locali (una tenuta lillipuziana nel borgo di Dolceacqua). Se avete la fortuna di trovare una bottiglia di Antonio “Nino” Perrino Testalonga e sua nipote Erica con qualche anno alle spalle, è festa.

• Ka*Manciné (Soldano) – Rossese di Dolceacqua “Galeae”

Kun*mancino

Sulle alture di Soldano, Maurizio Anfosso ci regala un’interpretazione fine e complessa con questo vino solo d’acciaio, caldo e morbido, speziato (pepe), floreale e con una nota sanguigna e terrosa che caratterizza il sorso.

• Tenuta Anfosso (Soldano) – Rossese di Dolceacqua “Poggio Pini”

Tenuta Anfosso – Poggio Pini

Altra ottima interpretazione, per questo vino che è di piccoli frutti di bosco (more, fragole), fiori (rosa passita) e speziatura evidente (tabacco, pepe bianco) che diventa sempre più intensa con il passare del tempo. Intenso ed elegante.

• Lorenzo Anfosso (Soldano) – Rossese di Dolceacqua “E Prie”

Lorenzo Anfosso – E Prie

Figlio di Alessandro Anfosso della Tenuta Anfosso, il giovane Lorenzo è tra le nuove generazioni della denominazione. Questo Rossese di Dolceacqua è prodotto con uve provenienti dalle zone Fulavin e Pini. Interessante la speziatura, così come i sentori terrosi e mediterranei. Elegante e sottile.

• Du Nemu (Camporosso) – Rossese di Dolceacqua “Cima Tramontina”

Du Nemu

Dal nome Tramontina, nel comune di Dolceacqua, un vino ancora fruttato (lamponi e fragoline di bosco) ed elegantemente speziato, di buona sapidità. Il finale è piacevolmente amaro e tipico del Rossese.

Mauro Zino (Dolceacqua) – Rossese di Dolceacqua Superiore “Peverelli”

Mauro Zino-Peverelli

Da questa storica cantina di Dolceacqua, un vino raro (massimo 500 bottiglie all’anno) dal nome Peverelli. Vecchie vigne esposte a Nord-Ovest, unici tonneau in cantina, per un Rossese di Dolceacqua che ha corpo e complessità, lasciando nella memoria un’eco iodata.

Roberto Rondelli (Camporosso) – Dolceacqua “Marne Blu”

Roberto Rondelli – Marne Blu

Dal nome Migliarina, questo vino prende il nome dalla tipologia del terreno (le argille di Ortovero, chiamate Marna Blu). Dieci mesi in tonneau di rovere austriaco garantiscono un Dolceacqua calibrato, fresco e allegro nella sua estrema giovinezza, con in più un’eleganza dovuta all’affinamento in legno. Di gran sapore.

Maixei (Dolceacqua) – Rossese di Dolceacqua Superiore

Maixei

È la cantina sociale nata a metà degli anni ’80, anche se il marchio Maixei risale solo al 2007. Un Rossese di buon calibro, sapido e leggermente caldo, con tannini vellutati. Alle fragole si aggiungono rosa e viole appassite, ma anche liquirizia ed erbe aromatiche.

Muragni (Dolceacqua) – Rossese di Dolceacqua

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Si tratta di una nuova cantina, progettata dai giovani Marco Miano, Fausto Ambesi e Cristian Stoica che, lavorando terreni per altri, hanno deciso di iniziare a produrre vino in proprio. Da piccoli appezzamenti sparsi per Dolceacqua, un Rossese in via di definizione, gradevole nelle sue note di erbe officinali (rosmarino) e macchia mediterranea.

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