Morte nel depuratore di Casteldaccia, ecco cosa facevano le vittime della strage – BlogSicilia – .

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Morte nel depuratore di Casteldaccia, ecco cosa facevano le vittime della strage – BlogSicilia – .

Un’azienda specializzata, operai di grande esperienza, morti in modo incomprensibile. È una vera e propria strage quella avvenuta a Casteldaccia, in provincia di Palermo dove sono morti cinque operai mentre un sesto operaio è in gravi condizioni, collegato alla macchina cuore-polmone per cercare di salvargli la vita. Un settimo operaio, rimasto illeso, ha chiesto aiuto per tutti. Lui era l’unico a capire che qualcosa non andava e non si avventurava con gli altri. La tragedia è avvenuta in un impianto di sollevamento delle acque reflue della rete fognaria della provincia di Palermo. Un impianto gestito da Amap, la società dell’Acquedotto Speciale, controllata dal Comune di Palermo, che gestisce la distribuzione idrica e lo smaltimento delle acque reflue, non solo nel capoluogo, ma anche per altri 51 comuni.

L’impresa appaltatrice specializzata

Ma gli operai non erano dipendenti dell’Amap. Erano lavoratori di un’azienda che operava a contratto. Con loro anche un lavoratore interinale reclutato, però, dalla stessa Amap, per far fronte alla carenza di personale. Gli operai morti sono Epifanio Assazia, 71 anni, titolare della Quadrifoglio Group, azienda specializzata nel settore, considerata altamente qualificata; Giuseppe La Barbera, Giuseppe Miraglia, Roberto Raneri 51 anni, Ignazio Giordano, 57 anni.

I lavori appaltati lungo la Strada Statale 113 erano stati predisposti a seguito delle ripetute segnalazioni nei giorni scorsi di anomalie sulla rete fognaria, nel tratto compreso tra l’incrocio con via della Rotonda e la stazione di sollevamento denominata “Vini Corvo”. Un dettaglio, quest’ultimo, che inizialmente aveva portato a pensare che l’incidente fosse avvenuto all’interno delle adiacenti cantine Corvo.

Per la loro esecuzione, Amap ha incaricato la società Quadrifoglio Group di ogni attività di verifica del tratto fognario.
I lavori, che hanno comportato il sollevamento dei pozzetti, più comunemente chiamati tombini, al livello della strada, e il disostruzione dei tratti ostruiti con l’ausilio di una pompa di spurgo. I lavori sono iniziati il ​​29 aprile e sono proseguiti fino ad oggi.

Una tragedia da spiegare

Le modalità della tragedia, se confermate, appaiono incredibili. Un operaio era sceso nelle gallerie per verificare la presenza di un’ostruzione. Non vedendolo risalire, un secondo operaio è sceso a controllare. Un atteggiamento incredibile per gli esperti. Ma anche se neanche il secondo è salito, anche gli altri sono scesi. Solo l’ultimo, il settimo, ha capito e ha chiesto aiuto. Cosa sia realmente accaduto nei tunnel dell’impianto dovrà essere spiegato dai tecnici.

La tragedia poteva essere evitata

“Le prime notizie ci parlano di una strage che poteva essere evitata. Di lavoratori senza le dovute protezioni, vittime di fumi mortali” dicono ora Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia e Gabriella Messina, segretaria confederale della Cgil dal luogo della tragedia sul lavoro.

“Gli operai, secondo quanto riferiscono i vigili del fuoco – raccontano Mannino e Messina – si sono trovati in un ambiente saturo di gas, idrogeno solforato, un prodotto della fermentazione la cui presenza era prevedibile, fortemente concentrato
scala di rilevamento e quindi non aveva alcuna possibilità”. La Cgil chiede alla magistratura di “chiarire le responsabilità di quest’ultima strage. Ma questo non basta – aggiungono Mannino e Messina – il ripetersi di queste stragi non può far pensare a tragiche vittime. Nelle catene di approvvigionamento la sicurezza è la prima cosa a venire meno e non rafforzare gli organi di controllo è criminale”.

 
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