Che tipo di turismo vogliamo? Francesco Miragliuolo – .

Che tipo di turismo vogliamo? Francesco Miragliuolo – .
Che tipo di turismo vogliamo? Francesco Miragliuolo – .

Ogni anno Napoli è visitata da quasi 4 milioni di turisti, persone che affollano le strade, i musei e i quartieri della nostra meravigliosa città, alimentando l’univoca retorica sulla bellezza e giustezza del turismo di massa.

Tuttavia, come si suol dire, “non è tutto oro ciò che luccica”, e questa volta sembra centrare alla perfezione. Mentre i ricchi proprietari aumentano i loro guadagni e i nostri amministratori continuano nei loro toni trionfalisti, anche la capitale del Sud si spopola a causa dell’overtourism.

Secondo SET Network, solo nel 2020, 5.000 appartamenti sarebbero usciti dal mercato degli affitti per trasformarsi in B&B. Secondo i dati della Prefettura di Napoli, nel 2022 ci sarebbero stati circa 10mila sfratti esecutivi, di cui la maggior parte dovuti a contratti scaduti e non rinnovati per trasformare gli appartamenti in strutture ricettive.

Da segnalare, inoltre, che negli ultimi cinque anni si è registrato un aumento del 553% degli alloggi disponibili su Airbnb, la maggior parte di questi si trovano nel centro storico, meta ambita da tanti turisti che sognano di conoscere Napoli vivendo attraverso i loro occhi. di chi vive la città.

Ma qualcuno di noi si è mai chiesto quali siano le conseguenze del turismo di massa?

Uno dei principali problemi derivanti da questo fenomeno è la concentrazione del reddito, che permette ai ricchi di acquistare “pezzi” di città. Ciò porta ad un aumento dei prezzi immobiliari in quei quartieri e all’espulsione degli abitanti originari, con conseguente perdita di identità culturale. Musei e monumenti si trasformano in attrazioni turistiche, provocando un aumento dei prezzi d’ingresso e l’introduzione di un biglietto d’ingresso, come è avvenuto per il Cimitero della Fontana. Di conseguenza, le classi sociali meno abbienti vengono escluse dall’accesso ad alcuni beni culturali, compromettendo il concetto stesso di “bene comune” e il godimento di diritti fondamentali, come quello alla cultura. Venezia è l’esempio lampante.

Gli abitanti di questi quartieri di attrazione sono ghettizzati, perché le loro condizioni economiche spesso li costringono a vivere in zone prive di servizi essenziali, ad alto rischio di criminalità, e dove gli investimenti sono limitati, poiché la priorità è incrementare il turismo che genera ma non redistribuisce ricchezza .

Il turismo è per chi può permetterselo, non per i giovani sottopagati o per le persone con lavori precari. Il turismo è per i rentier, cioè i ricchi, coloro che “vivono di reddito”.

Ovviamente la scelta di trasformare la propria abitazione in un B&B è motivata soprattutto da ragioni economiche: l’aliquota per un B&B è del 21%, rispetto a quella dell’Irpef che può variare dal 23% al 43%. . Ciò accade anche perché spesso non si conosce il contratto di affitto concordato che ridurrebbe la tariffa al 10%.

Ciò provoca danni ambientali e sociali, alimentando la concorrenza tra diverse città ora costrette a fare marketing per promuovere il proprio prodotto. Queste politiche danneggiano anche gli studenti fuori sede, che spesso non riescono a trovare un alloggio e sono costretti a pagare prezzi esorbitanti per un posto letto, spesso senza contratto. Di conseguenza, dovranno dipendere dalla borsa di studio destinata ai pendolari, subendo una perdita netta di 3.181,51 euro dal contributo annuo (il contributo economico per i non residenti è pari a 7.655,00 euro).

I commercianti, soprattutto quelli diurni, subiscono ulteriori danni a causa della “riorganizzazione turistica”. Sono costretti a reinventarsi, investendo denaro e talvolta sono costretti a chiudere.

Se è vero che il turismo per Napoli e per i napoletani ha rappresentato un riscatto sociale rispetto alla narrazione della “città di Gomorra”, dall’altro sta aggravando la crisi sociale, generando una vera e propria espulsione degli abitanti dal centro storico centro, costretto ad emigrare altrove. Il Comune, in assenza di una legislazione nazionale in grado di fornire risposte uniformi su tutto il territorio nazionale, e considerato il fallimento del tanto decantato “modello Firenze”, dovrebbe adottare delibere di orientamento costituzionale in linea con le misure adottate da città come Berlino, Madrid, Parigi e Barcellona, ​​che hanno limitato le licenze per Airbnb, evitando di cadere nell’inganno del marketing empatico della piattaforma di alloggi più rappresentativa. Ciò significherebbe riconquistare il proprio ruolo di rappresentanti dei bisogni degli abitanti, di decisori delle politiche pubbliche, garantendo che le grandi multinazionali private non dettano più l’agenda politica. Il limite dell’operato dell’ex ministro Dario Franceschini è stato quello di cedere alla massimizzazione dei profitti nel settore turistico, trasformando la cultura da bene in risorsa. La differenza sta nel fatto che la risorsa genera ricchezza, mentre l’asset è la ricchezza stessa.

Occorrono politiche mirate alla tutela ambientale, sociale e culturale dei centri storici, evitando che i siti UNESCO diventino brand anziché strumenti di tutela di beni e/o aree. Dobbiamo sviluppare modelli di turismo sostenibile che concilino le esigenze delle comunità locali e dei turisti, promuovendo una forte cooperazione istituzionale tra autorità locali, governo e imprese turistiche. È necessario preservare la cultura e l’identità locale; altrimenti Napoli, che rappresenta un grande bene comune, non sarà più accessibile a una parte significativa della popolazione napoletana.

Francesco Miragliolo

Responsabile Comunicazione Italia Nostra Napoli

*l’articolo è stato pubblicato oggi 7 maggio 2024 sulle pagine napoletane de “La Repubblica”

 
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