Nel Rione Sanità vince chi resta – .

Nel Rione Sanità vince chi resta – .
Nel Rione Sanità vince chi resta – .

Questo articolo è pubblicato sul numero 20 di Fiera della Vanità in edicola fino al 14 maggio 2024.

Evitato, parlato, visitato. In poche parole, questa è la storia progressiva di Distretto sanitario A Napoli. Un luogo che ha ricevuto molta attenzione negli ultimi decenni. Dai musei internazionali, dalla Bocconi, e anche da Sting, con il progetto del concerto Tornaccantà.

Che è successo? Secondo Pier Paolo Pasolini, «Napoli è una tribù che ha deciso di non arrendersi alla cosiddetta modernità e questo rifiuto è sacrosanto». Era il 1970 e l’intellettuale era in conversazione con il giornalista napoletano Antonio Ghirelli durante le riprese del Decameron. Dopo più di cinquant’anni, le parole di Pasolini sono particolarmente attuali in relazione al Rione Sanità. Questo microcosmo napoletano rappresenta un baluardo di storia, tradizione e rinascita popolare che rifiuta di essere visitato secondo le forme più canoniche e insidiose del turismo contemporaneo.

Sanità non si arrende ai flussi invasivi dei turisti né si scaglia contro chi desidera conoscere la sua realtà. Il quartiere ha raggiunto un equilibrio virtuoso, praticando una terza via tra riqualificazione e accoglienza. A Sanità il turismo è una risorsa per risparmiare e restare. Un’occasione per generare consapevolezza del valore delle proprie radici e contribuire al benessere di chi vive qui da generazioni e forse non deve necessariamente andarsene alla ricerca di migliori opportunità. L’energia della comunità ha dato vita ad un turismo responsabile e socialmente sostenibile. Tra cooperative, associazioni e gruppi religiosi, sono oggi 30 le organizzazioni no-profit che operano nella Sanità. Un impulso diffuso la cui genesi risale al 2006. Padre Antonio Loffredo e sei giovani volontari decidono di fondare la cooperativa sociale La Paranza Onlus. Due anni dopo, il gruppo inizia un’esperienza senza precedenti: la riapertura delle Catacombe di San Gennaro. Pulito, illuminato e valorizzato, questo patrimonio ipogeo risalente al II secolo d.C. torna ad essere meta visitabile dai turisti e dagli stessi cittadini napoletani. Paranza ha proseguito con la riqualificazione delle Catacombe di San Gaudioso, del percorso del Miglio Sacro, della Basilica di San Severo e del Cimitero delle Fontanelle. In dieci anni i visitatori delle Catacombe sono passati da 5mila a 150mila.

Numeri che generano un impatto socio-economico positivo per il Napoli, tanto da diventare un caso studio condotto dai dipartimenti di Economia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli e di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Il risultato delle indagini? Paranza Onlus genera un’indotto pari a circa 33 milioni di euro l’anno. Un antidoto alla disoccupazione e allo svuotamento dei centri urbani. Quello della Paranza è un risultato corale che nella sua purezza eleva l’attenta gestione di questo antico incrocio di strade modello. Mentre strategie politiche e appelli sovranazionali sembrano vacillare, gli abitanti della Sanità stanno mettendo in atto alcuni principi chiave dell’Organizzazione Mondiale del Turismo: creare o dare nuova luce ad alcune attrazioni culturali, migliorare le infrastrutture, coinvolgere le realtà locali per garantire benefici reali alla comunità . Un impulso che, da fenomeno locale, positivamente popolare, può ispirare una gestione virtuosa del patrimonio artistico e culturale italiano su più ampia scala. Un significato positivo infatti lo si trova già riflettendo sull’eziologia del luogo.

La contrada prese il nome Sanità in relazione al latino salubritas, percepito nel sale che purifica l’aria del quartiere e nelle zone boschive adiacenti. Ma al concetto di salvezza va di pari passo anche un altro aspetto, quello realizzato attraverso la sfera soprannaturale; in particolare il culto della Vergine Maria. La leggenda narra che qui i defunti concedono protezione ai vivi sotto forma di grazia. Città nella città, Sanità sorge ai piedi del colle di Capodimonte e, fin dall’età ellenistica, è luogo sacro. Qui il legame con l’aldilà affonda le sue radici nella secolare perpetrazione di rituali di cui alcuni spazi, come il Cimitero delle Fontanelle, portano ancora oggi diretta testimonianza. Un antico ossario di immense dimensioni che ospita circa 40mila resti di vittime della peste del 1656 e del colera del 1836. Qui si celebrava il rito delle “anime pezzentelle”, l’adozione e la cura da parte di un napoletano di un teschio di un bambino abbandonato anima in cambio di protezione. La Sanità si configura così come un’enclave a nord delle mura di Napoli, dedita anticamente alle sepolture: dagli ipogei greci alle catacombe cristiane, ma anche al culto della castità come testimonia il vicino Borgo dei Vergini. Nel tempo, il distretto evolve in un paradosso. Tra il XVII e il XVIII secolo conobbe fortuna grazie alla costruzione di residenze monumentali, tra cui Palazzo dello Spagnuolo e Sanfelice, teatri urbani nati dalla fantasia architettonica di Ferdinando Sanfelice. Residenze barocche prima, poi divise in condomini. I loro affacci verso l’esterno simboleggiano una soluzione di continuità con le strade del quartiere, un senso di partecipazione che non decade ma anzi si accentua. Per la Sanità carrozze di papi, cardinali e re correvano verso il Palazzo Reale di Capodimonte, finché nel XIX secolo si verificò un cortocircuito storico. I ponti simboleggiano il collegamento, ma non quello costruito per volere del generale Murat, che decretò l’esclusione del Rione Sanità dal centro di Napoli, “schiacciandolo” sotto i suoi archi e sovrastando le sue case.

Quartiere complesso, stratificato e afflitto da problemi sociali ed economici, Sanità ha resistito. Un risveglio “dal basso” che nasce dall’aver acquisito consapevolezza della propria peculiare identità. Fonte di impegno e riscatto, il valore più grande in Sanità è quello umano. Qui pubblico e privato si valorizzano a vicenda, condividendo ideali intergenerazionali. È il caso del ritorno nel Rione Sanità dell’Ipogeo Cristallini da parte della famiglia Calise Martuscelli – che anche con Casa D’Anna ha dedicato ad accoglienza turistica il secondo piano di Palazzo Giannattasio. Percorrere Via dei Cristallini 133 e scendere 11 metri sottoterra significa tornare alla Neapolis della Magna Grecia. Una catabasi che riavvolge il flusso della Storia indietro di 2.400 anni. Riscoperte nel 1889 dal Barone di Donato, queste quattro tombe ellenistiche scavate nel tufo sono visitabili a partire dal 2022. Un progetto di restauro architettonico e conservativo che ha catturato l’attenzione di diverse istituzioni internazionali, tra cui il museo Liebieghaus di Francoforte sul Meno e il Scuola di Management Bocconi. Pitture murali, decorazioni trompe l’oeil, iscrizioni e preziosi klinai – sarcofagi letti accompagnati da materassi e doppi cuscini scolpiti, dipinti a fasce gialle, viola, blu e rosse; ma anche più di 700 reperti relativi a corredi funerari, ora esposti presso Museo Archeologico Nazionale di Napoli insieme alle fotografie di Mimmo Jodice. Quintessenza del senso di condivisione e dedizione che risiede nella Sanità, l’Ipogeo dei Cristallini contribuisce ad elevare l’offerta artistico-culturale del quartiere, garantendo l’occupazione dei giovani del quartiere, dei suoi tutori e guide. La rinascita di Sanità passa anche attraverso altre forme di sperimentazione: dalla musica all’arte contemporanea. Dal 2008 l’Associazione Sanitansamble promuove la pratica musicale collettiva come mezzo di organizzazione, ascolto e sviluppo per le nuove generazioni di operatori sanitari; oggi l’orchestra è composta da oltre 80 ragazzi, di età compresa tra i sette ei 24 anni. Nel quartiere anche le forme artistiche più recenti vengono praticate con finalità socio-educative. Un caso nuovo è quello della cooperativa La Sorte, composta da giovani del quartiere formati da La Paranza Onlus per gestire il Museo Jago, la Chiesa Cristallini e la Cappella Bianchi. Un modello di innovazione sociale in cui i cittadini stessi lavorano per garantire un’offerta variegata, frutto della coesione e della mediazione culturale tra gli abitanti della Sanità e i suoi visitatori. Questo quartiere ci insegna che il turismo è prima di tutto una risorsa di scoperta e condivisione a partire dai residenti. Può essere un salvacondotto per rigenerare una comunità e tutelarne il senso di appartenenza ad un luogo. Vince chi resta e sviluppa consapevolezza su come valorizzare il capitale culturale che lo circonda. Se l’entropia misura quanto un sistema è vicino a uno stato di equilibrio, l’umanità del Rione Sanità si avvicina sempre più a uno stato di grazia.

 
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