Uno schiaffo, bello e forte. In Germania, le elezioni europee che hanno incoronato i cristiano-democratici hanno segnato il crollo della coalizione di governo, nonché il crollo personale del cancelliere Olaf Scholz. La cui posizione ora diventa scricchiolante. Alla guida del Paese dal 2021, è noto da mesi che Scholz è sempre meno apprezzato, soprattutto a causa della sua politica estera. E i sondaggi lo hanno punito, con i suoi socialdemocratici che alle elezioni europee hanno registrato i dati peggiori della loro storia. Come se non bastasse, lo storico sorpasso del partito di estrema destra Alterative für Deutschland sull’SPD aggrava la debacle e mette in imbarazzo l’intero governo “semaforo” formato da socialdemocratici, verdi e liberali. Una nuova prova di forza avrà luogo dopo l’estate, quando a settembre si terranno le elezioni in Turingia, dove l’AfD è il partito leader.
Con il volto stampato accanto a quello dei suoi candidati sui manifesti elettorali, Scholz era sceso in campo in prima persona per cercare di rendere meno chiara l’annunciata vittoria della CDU, il partito di Angela Merkel. Eppure, secondo exit poll e proiezioni, l’Spd ha raccolto un magro 13,9%, in calo rispetto al già deludente 15,8% del 2019. Un risultato reso ancora più amaro dalla clamorosa avanzata dell’AfD, balzata al 16%, registrando un + 5 rispetto a cinque anni fa.
Una sconfitta che, per alcuni, suona come una campana a morto per il governo. “Dovrebbe chiedere la fiducia al Budenstag”, ha detto di Scholz Carsten Linnemann, segretario generale della CDU. L’idea è aprire la strada alle elezioni anticipate (voto nel 2025). Una mossa di Scholz sulla scia di quella di Emmanuel Macron, però, non sembra essere all’orizzonte. Il presidente francese, preso atto della schiacciante vittoria del Rassemblement national di Marine Le Pen, ha sciolto l’Assemblea nazionale, indicendo nuove elezioni. La cancelliera tedesca, però, non dovrebbe fare scelte simili. Scholz, “resta alla guida di questo governo e continuerà ad esserlo”, è stato il secco commento di Saskia Esken, copresidente della SPD.
In ogni caso, il risultato di queste elezioni europee apre spazi di riflessione all’interno del partito più antico d’Europa. “Con il 14% nessuno può rivendicare indiscutibilmente la leadership dell’SPD”, ha detto al Tagesspiegel l’ex leader Sigmar Gabriel. «Tutti nel partito devono assumersi la responsabilità, a partire dalla direzione del partito, e riflettere. Che parte hanno avuto in questa debacle?”. Per Gabriel il messaggio dei cittadini è chiaro. “La popolazione ha chiuso con questo governo. Il risultato elettorale è un sonoro schiaffo in faccia alla coalizione del semaforo. È necessario un dibattito su ciò che stiamo facendo di sbagliato nella nostra politica. Non è sufficiente menzionare le circostanze, il tempo o i cattivi nei media”.
La stessa analisi del voto è stata fatta dal leader della CDU, Friedrich Merz, che ha portato il suo partito ad un risultato intorno al 30,3%, in aumento rispetto al 28,9% delle precedenti elezioni europee. “Per noi è un grande successo. E un disastro per i partiti del governo Semaforo. Ma questa è anche una grave sconfitta per il cancelliere, che personalmente ha fatto campagna sui manifesti come Kanzler della pace”.
La debacle non è stata solo di Scholz e dell’SPD, ma dell’intero governo “a semaforo”. I Verdi si attestano intorno al 12%, un vero e proprio tracollo dopo il 20,5 del 2019, mentre i “gialli”, cioè il Partito Liberal Democratico, restano stabili al minimo del 5% (5,6% nel 2019). Oltre alla CDU, a gioire è soprattutto l’Afd, che pretende di essere la seconda forza tedesca a Bruxelles. Nell’emiciclo, però, i socialdemocratici potrebbero ancora esercitare il peso maggiore: la maggioranza tra Socialisti, Popolari e Renew, secondo le proiezioni, dovrebbe essere confermata, arginando l’avanzata sovranista.
