Morte Simone Renda, l’appello chiede la conferma di condanna per 6 imputati – .

Morte Simone Renda, l’appello chiede la conferma di condanna per 6 imputati – .
Morte Simone Renda, l’appello chiede la conferma di condanna per 6 imputati – .

LECCE – “Un giovane, in condizioni fisiche visibilmente compromesse, descritto come privo di lucidità, non poteva essere gettato in cella e dimenticato. Non poteva essere rimasto senza acqua e cibo per un numero considerevole di ore tanto da provocarne la morte”. Questo è stato il nucleo delle motivazioni con cui, in data 15 dicembre 2016, i giudici dell’ Corte d’Assise di Lecce furono condannati i presunti responsabili della morte del banchiere leccese Simone Rendamorto il 3 marzo 2007 nel carcere della città messicana di Playa del Carmen, a soli 34 anni. Un iter giudiziario lungo e travagliato, dettato anche dalla scarsa collaborazione dimostrata dalle autorità del Paese centroamericano dove, come è noto, la corruzione dilaga e che non ha mai permesso che gli imputati, tutti quanti, venissero “trascinati” in un processo tribunale italiano. contumace.

La conferma delle istanze di condanna di primo grado è stata chiesta dall’Avvocato generale Giovanni Gagliotta al termine dell’accusa ricordando la sentenza nell’aula bunker del carcere di Lecce davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello (presidente Teresa Liuni) che hanno rinviato il processo al 10 ottobre quando discuteranno con l’avvocato Paola Balducci (sostituita in classe dalla collega Tommaso Stefanizzo) per i familiari della vittima e per i difensori dei sei imputati, gli avvocati Alessandra Tomasi, Leonardo Maiorano, Valerio Centonze E Nicola Leone.

Poco dopo le ore 16,30 del 15 dicembre 2016, la Corte d’Assise di Lecce (Presidente Roberto Tanisi) condannato a 25 anni di carcere Arceno Parra Cano; Pedro May Balam, vicedirettori della prigione municipale e capo del servizio di detenzione; Hermilla Valero Gonzalezgiudice qualificato in servizio e Najera Sanchez Enrique, guardia carceraria in servizio; Gli furono però inflitti 21 anni Luis Alberto Landerosaltra guardia carceraria in servizio così come per Gomez Cruz, capo dell’ufficio di accoglienza del carcere. Nel processo di primo grado c’era spazio per un paio di assoluzioni per non aver commesso il reato a favore José Alfredo Gomez E Francisco Javier Friasagenti in servizio presso la polizia turistica del comune di Playa del Carmen.

In tribunale gli imputati si sono ritrovati con l’accusa di omicidio colposo e di violazione dell’articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti. Un processo storico che va oltre il verdetto della Corte perché è stato il primo caso in cui, grazie alla Convenzione di New York del 1984, il processo contro i responsabili di un omicidio avvenuto fuori dal Paese di origine della vittima è stato celebrato nel Paese di origine del defunto persona. Proprio come la morte di Simone Renda, avvenuta in un Paese straniero, abbandonato e disidratato.

Il caso della morte del 34enne leccese è un fatto ormai inciso nelle pagine di cronaca. Renda è morto il 3 marzo 2007 nel carcere della città messicana dove si trovava da giorni in vacanza. Finì in manette il primo marzo (due giorni prima della morte) con l’accusa di ubriachezza e disturbo alla quiete pubblica e rinchiuso in una cella di sicurezza. Nonostante il medico in servizio presso la prigione municipale avesse diagnosticato ipertensione e un sospetto infarto, Renda è stata trattenuta in custodia senza ricevere alcuna assistenza sanitaria. Senza acqua e cibo per 42 ore, è morto completamente disidratato.

Per i giudici leccesi Renda è rimasto detenuto in una cella in uno Stato estero senza alcuna possibilità di difesa, in uno stato confusionale che avrebbe precluso ogni forma di denuncia, oltre i termini di legge e in condizioni dolorose. Renda è rimasta senza cambio di vestiti, senza cibo e senza acqua per un “tempo indecente”. Una catena di omissioni che avrebbe portato alla morte del 34enne leccese. Sulla base dei pareri medico-legali, se Renda avesse potuto bere, idratarsi e nutrirsi adeguatamente, le sue condizioni epatiche non sarebbero andate in necrosi.

Tant’è che ha portato i giudici di primo grado a parlare di “compiacimento e superficialità” degli imputati che erano ben consapevoli delle gravissime condizioni del turista. Tutti i pubblici ufficiali, persone ufficialmente inquadrate nello Stato messicano che erano tenute al rispetto della legge e della dignità umana e che, invece, hanno violato gravemente.

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