colpa della siccità, gli effetti (sul grano) in Sicilia – .

colpa della siccità, gli effetti (sul grano) in Sicilia – .
colpa della siccità, gli effetti (sul grano) in Sicilia – .

Il grano è pronto per essere raccolto, ma a differenza degli altri anni le piantagioni stanno soffrendo. I segni della siccità sono visibili anche sui volti dei contadini. Le ragioni

La campagna siciliana è dorata, per l’arrivo dell’estate. Il grano è pronto per essere raccolto, ma a differenza degli altri anni le piantagioni soffrono e i segni lasciati dalla siccità sono facilmente visibili, tra le piante come sui volti stanchi e segnati dalle cicatrici dei contadini, soprattutto in quelle zone dove le piogge invernali sono state molto scarse.

Il quadro del coltivazioni di grano come per le altre piante di cereali è simile in tutto il territorio siciliano. Che tu sia nell’ennese o nel palermitano, la terra è riarsa dalla sete e le piante faticano a crescere. Secondo i coltivatori della Coldiretti l’attuale campagna cerealicola è già fortemente danneggiata.

Con una contrazione di oltre 10% delle seminela nostra regione è entrata in una delle estati più drammatiche degli ultimi decenni e le promesse fatte qualche giorno fa dal governo regionale sono sembrate vane. I mesi appena trascorsi sono stati i più caldi di sempre.

avv.

Gli allevatori sono costretti ad abbeverare i loro animali in pozze di acqua putrida, piene di fango, mentre gli agricoltori non sanno più dove prendere l’acqua per “innaffiare” le loro piante. A causa dell’aumento delle temperature, le piante di grano, mais e farro hanno reagito con l’unica strategia possibile che madre natura ha loro concesso.

Crescevano in fretta, senza controllo, nel tentativo di riprodursi il più velocemente possibile, consumando meno acqua possibile. Il risultato era prevedibile. Chicchi di grano più piccoli e leggeri, basse rese in tutte le province della Sicilia, mentre i costi energetici per attingere acqua dai pozzi triplicavano. Anche chi ha provato a produrre un prodotto sano e innovativo, decidendo di convertire le proprie coltivazioni all’agricoltura biologica, sta soffrendo.

Produrre grano biologico costa oltre 800 euro ad ettaro e i profitti ottenuti dalla vendita attuale non permettono di coprire tutti i costi di produzione.

La Sicilia un tempo era considerata l’isola del sole. Il granaio dell’Impero Romano. Oggi rischia di diventare la regione degli incendi, come è successo l’anno scorso e quello prima ancora.

Grandi appezzamenti di terreno abbandonati dagli agricoltori sono ora a rischio per scoppiare incendi, soprattutto in quelle zone delicate, dove è ancora attiva la mafia dei pascoli, per non parlare di quella delle piccole famiglie.

Tuttavia, non ci si può nascondere dietro i crimini degli ultimi anni quando si analizza la situazione dell’agricoltura siciliana. Spesso i danni sono stati causati dal disinteresse e dalla disorganizzazione delle amministrazioni, che nei decenni precedenti non hanno saputo gestire le condotte e le strutture che in teoria avrebbero dovuto garantire l’approvvigionamento idrico su tutto il territorio regionale.

Così, all’alba di un luglio probabilmente torrido, ci troviamo di fronte a un’isola spaccata, frammentata in situazioni diverse. Più positive le condizioni dei campi coltivati ​​nel settore settentrionale dell’isola, mentre le province di Agrigento, Enna e la punta meridionale della Sicilia sono certamente entrate in crisi, e continueranno ad aggravarsi, giorno dopo giorno.

Lo scorso 27 giugno, in Polizzi Generous, sulle Madonie, un incontro organizzato da Confcooperative, dalla diocesi di Cefalù e di Verbumcaudo (antico feudo confiscato alla mafia dal giudice Giovanni Falcone, oggi gestito da una cooperativa sociale) ha tentato di fare il punto sullo stato di salute delle colture siciliane, così cercando il dialogo con le istituzioni. Il titolo dell’evento – “Il raccolto del grano negato: gli effetti dei cambiamenti climatici sul settore agricolo e zootecnico siciliano” – sintetizza efficacemente la situazione attuale.

Quest’anno, per la prima volta nella storia, infatti, nelle campagne di Verbumcado come in diverse altre aziende agricole siciliane non è stato possibile a causa della siccità utilizzare mietitrebbie o coltivare grano. A marzo il terreno era troppo arido per accogliere i germogli delle piantine.

A questo punto gli agricoltori chiedono l’intervento dell’Europa e, in larga parte, dello Stato. Gli aiuti economici e il sostegno attualmente previsti per queste situazioni sono considerati irrisori e nonostante il governo Schifani si sia già espresso per avviare nuove opere che consentano una migliore gestione e utilizzo delle poche risorse idriche presenti sull’isola, agricoltori e allevatori chiedono per qualcosa di più. Ora.

Per non lasciare che le loro aziende muoiano o che le campagne siciliane vengano bruciate dalla siccità, centinaia di onesti imprenditori agricoli chiedono che la politica e il mercato tutelino il loro lavoro e che venga loro dato immediato sollievo economico, per tutelare la stagione cerealicola (e non solo) del prossimo anno.

A rischio, infatti, sono anche il settore del vino, dell’olio d’oliva e degli agrumi. Altri tipi di colture rischiano seriamente di subire una forte contrazione nei prossimi mesi a causa della siccità.

 
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