Dapprima detestato e preso alla leggera, considerato quasi un clown politico da liquidare con un semplice “fanculo”, quando Donald Trump, nel 2016, si candidò alla Casa Bianca. Poi sostenuti in un rapporto simbiotico di convenienza: la vecchia ruggine non è mai andata via, ma è stata ricoperta dai miliardi che c’erano Volpe e gli altri giornali e televisioni del suo impero hanno guadagnato a fare da megafono al presidente populista che ha rischiato di minare il sistema Democrazia americana.
Ora, giunto ai titoli di coda della sua straordinaria e controversa carriera, il 92enne Rupert Murdoch, il magnate che ha avuto più potere nella storia dell’editoria mondiale, si scatena ancora una volta contro l’ex presidente repubblicano che sta cercando di riconquistare la Casa Bianca. La sua è addirittura l’ossessione di un uomo “con la schiuma alla bocca” che spera nella morte di Trump e, in privato, continua a ripetere “senza di lui tutto questo non sarebbe successo” e “come fa ad essere ancora vivo?” Hai visto che aspetto ha? Cosa mangia?
Le citazioni provengono da La caduta(the fall): il libro con cui, come leggiamo nel sottotitolo, Michael Wolff descrive «la fine di Fox News e della dinastia Murdoch.” Il saggio sarà pubblicato negli Stati Uniti tra una settimana ma ieri lo stesso editore Holt and Wolff ha dato le prime anticipazioni. Molto pepato come sempre quando si tratta dei libri di Wolff con i suoi tre saggi su Trump, a cominciare da Fuoco e furiascritto dopo aver bivaccato alla Casa Bianca nei primi mesi della presidenza di The Donald, ha sempre demolito i suoi obiettivi, compresi gli interlocutori che gli avevano dato fiducia come Steve Bannon. O lo stesso Trump che continua anche a dialogare con lui, fedele al suo credo: è meglio che la gente parli di me, anche male, piuttosto che essere ignorato.
Con La caduta Wolff – lo dice lui stesso – mette fine alla sua “ossessione per la balena bianca Murdoch”. Nell’evocazione Moby Dick il giornalista e scrittore esagera perché, a differenza del capitano Achab, dalle balene arpionate ha tratto solo vantaggi: fama e milioni di copie di libri vendute. Ma dice anche la verità sulla sua ossessione per Rupert.
L’autore di questo articolo quasi 15 anni fa ha portato Wolff a Festival dell’Economia di Trento per svelare il racconto della straordinaria avventura editoriale, politica e umana di Murdoch: australiano, naturalizzato americano, proprietario di giornali in tutti i continenti (da giornale di Wall Street e il New York Post negli Stati Uniti al Volte di Londra), di reti televisive (da Volpe A Cielo) in tutto il West e delle case cinematografiche, poi cedute alla Disney: un’avventura che Wolff aveva condensato in un libro, L’uomo che possiede le notizie. Un lavoro che, pur basandosi su 150 ore di interviste dell’autore a Murdoch, ha fatto infuriare l’editore per il ritratto irriverente che ne è emerso: un uomo di enorme potere ma un despota e con una famiglia disfunzionale. Sua moglie Wendi e i suoi figli Lachlan e James che litigano tra loro sono usciti malissimo dal libro.
Da allora Rupert ha interrotto i rapporti con il suo biografo e quindi anche le ricostruzioni del nuovo libro vanno prese con una certa cautela: Wolff si basava su fonti indirette e talvolta nei suoi libri si registravano delle imprecisioni. Ma sui Murdoch aveva ragione: qualche anno dopo il suo libro, Rupert divorziò da Wendi accusata di tradimento mentre lo scontro tra i due figli impegnati nell’editoria portò James ad abbandonare ogni incarico nel gruppo editoriale di cui era stato amministratore delegato.
Insomma, la storia dei Murdoch somiglia davvero a quella della serie televisiva Successione. Wolff aggiunge la storia di come Rupert visse gli anni in cui il suo Volpe ha sostenuto Trump e ha condiviso le sue bugie: un editore che odiava i suoi conduttori di maggior successo (ha cacciato Tucker Carlson e ha rischiato di mandare via anche Sean Hannity) e sotto shock per la condanna a pagare 787 milioni di dollari alla società Dominion come risarcimento per averla accusata ingiustamente di aver truccato le elezioni: la prima di una serie di cause legali che potrebbero accelerare il dipanarsi di un impero editoriale che Wolff giudica prossimo alla sua “fine naturale”. Da non trattare – avverte l’autore – come una commedia Successione. Invece è un dramma che potrebbe diventare un terremoto, anche politico.