medico in giudizio. È già stato condannato – .

medico in giudizio. È già stato condannato – .
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SULMONA – A quanto pare era abituato a prestare assistenza domiciliare a pagamento: dopo la condanna in primo grado a sei anni e nove mesi per peculato ed estorsione sanata lo scorso dicembre, Paolo Leombruni, ex medico in servizio presso la guardia medica del Sulmona ospedale, dovrà difendersi nuovamente in tribunale per accuse molto simili: ieri, infatti, il giudice per le udienze preliminari Alessandra De Marco lo ha rinviato a giudizio per un’altra vicenda che, questa volta, più che riferirsi a cure oncologiche (un caso per il quale è stato condannato a dicembre), riguardano l’infezione da Covid.

IL VIRUS

Con l’aggravante, questa volta, che a differenza dell’altro caso, Leombruni era ancora in servizio al 118 quando nell’agosto 2021 offrì a un’intera famiglia del quartiere cure miracolose contro il virus che nemmeno l’Aifa aveva saputo sconfiggere.

Sette infusioni endovenose di un farmaco non specificato, che la vittima aveva pagato per 1750 euro tramite pagamenti in contanti e quattro assegni. Quando il paziente gli chiese la ricevuta fiscale, Leombruni rispose negandogli il documento, precisando che, in quel caso, la prestazione costerebbe il doppio.

LE MINACCE

Non solo: in questo caso, oltre alla peculato, Leombruni è accusato anche di minacce, per aver temuto prima ritorsioni con i messaggi WhatsApp e poi di danneggiare le auto della sua attività di meccanico se non avesse ritirato la denuncia sporta appositamente per denunciare l’accaduto. truffa.

L’ex medico, che in prima sentenza era già stato condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici (era stato candidato alle elezioni comunali di Sulmona) e a cinque anni dalla professione di medico, viene poi accusato di aver violato le sue norme doveri di medico del 118 e del pronto soccorso, disconoscendo, in quanto pubblico ufficiale, quello che era il protocollo anti-Covid stabilito dal ministero e che prevedeva come i pazienti a domicilio dovessero comunque essere curati dalle USCA e non dai generali professionisti o peggio da quelli ospedalieri.

LA DIFESA

Secondo i legali di Leombruni, Alessandro Margiotta e Alessandro Scelli, però, il reato di estorsione non è configurabile, perché per quelle presunte somministrazioni di farmaci anti-Covid non ci sarebbe stata alcuna coercizione. Tutt’al più una truffa che, però, non è stata ancora contestata al camice bianco coinvolto nella vicenda. La prima udienza è stata fissata per novembre.

© TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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Il Messaggero

 
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