“Un legame importante con De Rossi. Mi portò a Trigoria e mi accompagnò a casa” – .

“Un legame importante con De Rossi. Mi portò a Trigoria e mi accompagnò a casa” – .
“Un legame importante con De Rossi. Mi portò a Trigoria e mi accompagnò a casa” – .

Riccardo Calafioridifensore del Bologna, ha rilasciato un’intervista a Cronache di Spogliatoio per parlare di tanti argomenti, a cominciare dal rapporto con Daniele De Rossi, oggi allenatore della Roma: “Nell’ultimo anno da giocatore si è formato un legame importante. Abbiamo passato tanto tempo insieme, non me lo sarei mai aspettato. Se ripenso a quei giorni, quando eravamo in macchina insieme: per me era quasi un sogno. Mi ha accompagnato a casa e mi ha portato a Trigoria, non so cosa gli sia passato per la testa per fare questo con me. Sicuramente ha visto che ero in un momento difficile, visto che era il periodo in cui mi sono infortunato visto che ero un bravo ragazzo e mi ha aiutato in questo senso. Anche dopo, per ogni decisione importante, sentivo il suo parere. L’altra settimana ci siamo incontrati in campo ed è stato molto strano, ma anche lui sta bene e spero che continui così. Il giorno del ritiro, quando gira per il campo l’ultima persona che abbraccia sono io: sono scoppiata a piangere, non potevo farlo. È stato troppo emozionante per me. Poi non volevo che si fermasse, l’anno dopo sarei tornato ad allenarmi con lui in prima squadra. Invece poi è andato al Boca”.

Cosa ha significato per te l’infortunio e chi ti era vicino?
“Balzaretti è stato il primo a venire in ospedale dopo l’infortunio al ginocchio. Mi portarono la maglia autografata da tutta la prima squadra ed avevo solo 16 anni. Questo mi ha sollevato molto il morale. Nei primi giorni, per quello che mi avevano dato, dicevano i medici, avevo perso un po’ la fiducia. Poi quando abbiamo deciso che avrei fatto l’operazione negli Stati Uniti, ho sempre pensato che sarebbe finita bene”.

Raccontaci la tua esperienza a Basilea.
“Quella scelta è stata per il 20% mia e per l’80% frutto di necessità. Era l’ultimo giorno di mercato ed era l’unica opportunità che avevo. Una volta arrivato ho notato l’atmosfera che c’era e la serenità con cui poteva giocare. Questo perché a 18-19 anni potresti non essere pronto alla pressione, soprattutto se cresci in un grande club come me alla Roma. Non avevo mai giocato 10 partite di fila prima di quel momento, a Basilea ne ho giocate 20, 30: questo fa la differenza. Se guardo adesso le partite del campionato svizzero dico che il livello è diverso, ma quando sei lì effettivamente c’è tanta intensità, tanti cambi davanti, poca tattica. Quindi anche a livello fisico è molto allenante. Le strutture sono ottime, pur essendo di categoria inferiore”.

 
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