Il ritorno del nostro supergruppo preferito: VLTIMAS – Epic

Il ritorno del nostro supergruppo preferito: VLTIMAS – Epic
Il ritorno del nostro supergruppo preferito: VLTIMAS – Epic

Loro chi sono Vltimas Credo che anche le pietre lo sappiano, ma tanto vale rinfrescare la memoria dei più disattenti: un supergruppo formato da Flo Mounier (Criptopsia), Runa “Blasfemo” Eriksen (Aura Nera ma soprattutto Caos periodo 1997-2008 – quello più sperimentale/evoluto quindi) e Davide Vincenzo. In questo nuovo capitolo ai tre si unisce un certo Ype TWS, ex bassista olandese dei Dodecahedron (che, se la memoria non mi inganna, suona la dissonante Blackened Death), a cui viene attribuito anche un ruolo attivo in fase compositiva. Una congregazione di bellissimi piccoli personaggi con personaggi che definire fumanti sembra riduttivo, non ci sono dubbi.

Epico è la seconda opera del progetto e arriva cinque anni dopo l’acclamatissimo Qualcosa di malvagio entra in azione, contiene 8 brani più introduzioni e ci intrattiene per pochi secondi nell’arco di 37 minuti. E’ un ottimo disco orecchiabilemolto orecchiabile e, se devo essere sincero, le prime due o tre volte che l’ho ascoltato mi ha davvero emozionato, tanto che ho pensato di sceglierlo statim e immediato come album dell’anno. Ma allora un tarlo ha cominciato a scavare nel mio cervello inaridito e mi sono trovato quasi costretto ad andare a riascoltare l’esordio, perché mi sembrava di ricordare che fosse un album sensibilmente diverso, più violento e più tecnico. E così è: laddove prima i blast beat e il tecnico funambolismo di Mounier portavano le composizioni verso terre inaccessibili ai più, ben supportate da partiture di basso e chitarra significativamente più intricate, in questo nuovo episodio l’unico invincibile ricalca più o meno lo stile delle vecchie canzoni, ed è infatti l’unico caso in cui Mounier non si limita a un compito che centinaia di altri batteristi avrebbero potuto svolgere allo stesso modo. È come se fosse stato spersonalizzato, minimizzato, lui stesso che ama essere al centro dell’attenzione (se può permetterselo, ovviamente).

Eriksen sì morbido angelizzato il suo stile compositivo “evoluto” che tanta fortuna e apprezzamento ha ottenuto con i Mayhem, indirizzando la sua attenzione soprattutto Dominazione e comprendendo anche tanta melodia orecchiabile che rende i pezzi facili ed immediati da ascoltare, ma se si approfondisce un’analisi più approfondita ci si rende conto che seguono tutti lo stesso schema: riff a metà tempo; abbellimento arpeggiato dissonante; bridge ritmico con possibili variazioni thrash; finale più vivace. Tutto è sempre subordinato alla proposta di melodie di facile comprensione. Quello che convince più di tutti è David Vincent, che abbaia, digrigna, urlavaria l’approccio esibendosi spesso in un personale canto death metal che tinge le composizioni della giusta cattiveria e si rivela il vero valore aggiunto di questi nuovi brani pubblicati dal nostro supergruppo preferito.

Ora, mi sembra logico che un progetto di questo tipo venga tenuto in vita principalmente per vendere tanti dischi grazie al carisma e alla reputazione dei suoi componenti, non c’è niente di male. Così come è logico che sia sponsorizzato da una “major” (la La stagione della nebbia), che conta sulle vendite del nuovo lavoro di Vltimas per aggiornare al rialzo il fatturato annuo (l’album esce in tutti i formati possibili e immaginabili, accompagnato da un merchandise impressionante, con vinili in varie combinazioni di colori), quindi un A più morbido, una svolta più commerciale nelle composizioni è più che benvenuta da loro punto di vista, poiché potrebbe interessare molti che non riescono a digerire proposte eccessivamente estreme. Ma da allora Mio punto di vista, questo secondo album è difficile non considerarlo tale un passo indietro rispetto a Qualcosa di malvagio entra in azione. È più facile da ascoltare, ma manca gran parte del Dannazione e il morso del suo grintosissimo predecessore e questo (sempre dal mio punto di vista) non è meritorio.

Un’altra cosa che ho notato è che il disco ascoltato in digitale suona piuttosto piatto. Certo la registrazione e la produzione sono impeccabili, ma la riproduzione del vinile ha una certa marcia in più, quasi come se il mastering fosse fatto diversamente. Ho provato ad informarmi, ma non ho trovato nulla di significativo che corroborasse la mia impressione, che immagino sarebbe stata invece pubblicizzata con grande risalto e risalto. Ma sul serio, su vinile funziona meglio, il suono è più pieno e colorato e le canzoni ne traggono beneficio… Almeno questa è la mia sensazione.

Riassumere, Epico si tratta di un buon album capace di attrarre numerosi ascoltatori, in virtù di composizioni buone, semplici ed efficaci, non particolarmente estreme e ornate da armonie interessanti. Ma, come credo avrete intuito, ho cambiato idea nel considerarlo il miglior album del 2024. C’è ancora tempo per quello. (Griffar)

 
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