Pignataro, i miliardi e i misteri del “cassiere” bolognese di Amazon, Microsoft e 50 banche centrali – .

È in assoluto l’imprenditore che ha investito di più in Italia negli ultimi tre anni: 5,7 miliardi tra l’acquisto di software, dati, società di analisi e partecipazioni in banche (ed è così entrato nella classifica Forbes dei miliardari del 2024). Il gruppo Ion di Andrea Pignataro gestisce un enorme database con le informazioni commerciali di Cerved, i software bancari di Cedacri e l’ultimo quasi arrivato Prelios (asset management, credit servicing, servizi immobiliari) per il quale è arrivato il via libera ufficiale del presidente del Consiglio che ha il potere poteri di veto (golden power). Insomma, Ion è, non solo in Italia, un concentrato di intelligence finanziaria, un maxi hub fintech che risponde all’imprenditore bolognese, 53 anni, passaporto inglese, residenza a Sankt Moritz, domicilio a Milano, laurea in economia a Bologna, Dottore di ricerca in matematica a Londra, ex commerciante presso Salomon Brothers.

Riservatezza e debiti

Pignataro è la quintessenza della riservatezza e questa natura deve aver contagiato la comunicazione del suo gruppo (che però non ha società quotate), creando un alone di mistero, anche sulla reale esposizione debitoria (tra 10 e 16 miliardi secondo quanto circola in ambienti bancari), comprese scadenze e tassi. Pignataro in Italia ha pagato un ticket istituzionale da 50 milioni per il 2% di Mps ed è entrato con il 9,4% nella tecnologica Banca Illimity di Corrado Passera (circa 80 milioni), per poi approdare alla Cassa di Risparmio di Volterra (32%), già cliente del gruppo.

L’isola dei Caraibi

Ha depositi di famiglia in Lussemburgo (ma nessuna banca offshore), partecipazioni operative in Irlanda, filiali in tutto il mondo, uffici principali a Londra. Il patrimonio personale comprende decine di immobili nel centro di Milano, a Pisa oltre ad immobili esclusivi e terreni in Sardegna alla Maddalena per un valore complessivo (solo immobili) di almeno cento milioni. E poi ha investito quasi 300 milioni per uno sviluppo immobiliare nell’esclusiva isola caraibica di Canouan, nell’arcipelago delle Grenadine.

La galassia “industriale”.

Gestisce tutto, dai vertici di un family office lussemburghese, Bessel Capital (211 milioni di utili accantonati) con la controllata diretta Itt sotto cui si dipana la galassia “industriale” internazionale: 20 miliardi è il valore del patrimonio netto a fine 2022 della Ion Investment Corporation (oltre 3 miliardi di ricavi aggregati, ebitda di 2,2 miliardi, liquidità di 1,9 miliardi) l’attuale leader che coordina le cinque piattaforme di investimento aziendale che – secondo quanto dichiarano fonti Ion – operano con capitale segregato tipico del private equity . Per la finanza personale l’imprenditore bolognese si affida allo svizzero Giuseppe Macaluso, socio di una società fiduciaria.

Arrampicata riuscita

È la storia di successo, mai esibita, di un uomo che vent’anni fa vedeva molto lontano. Ha scalato i mercati, finanziato dalle grandi banche e sostenuto da importanti fondi di investimento, Carlyle su tutti. C’è poi la componente enigmatica, tutt’altro che irrilevante, che si nasconde dietro un paradosso: l’uomo che gestisce un enorme flusso di dati, che vende sofisticate piattaforme di trading, che colloca obbligazioni miliardarie, che ha tra i suoi clienti multinazionali, grandi aziende quotate sul mercato alla Borsa, alle banche centrali e ai governi, sono riservati i limiti della trasparenza, anche nell’architettura aziendale che sostiene l’impero. Novità burocratiche (e solo depositi obbligatori per legge) sulla governance. Per un anno e mezzo c’è stato un blackout sui rendiconti finanziari accessibili al pubblico del gruppo Ion. Anche due anni e sette mesi di buio, nel recente passato, sull’operatività dell’ex holding leader, l’irlandese Ion Investment Group, che nel 2020 aveva debiti per quasi otto miliardi. E che è stata poi messa in liquidazione, cambiando radicalmente la fisionomia della galassia. Diciotto mesi sono un lasso di tempo enorme per i ritmi sincopati della finanza.

Da Amazon a Prelios

Il gruppo Ion ha tra i suoi clienti i governi, il 30% delle banche centrali mondiali e duemila tra le più importanti aziende del pianeta (Amazon, Microsoft, Procter & Gamble, Daimler, ecc.).
L’ultima operazione in Italia è stata annunciata l’11 agosto con un comunicato ufficiale di 47 righe in cui si dà conto dell’accordo su Prelios. È l’operazione più importante del 2023 in Italia nei servizi finanziari.
Eppure solo cinque righe per l’operazione vera e propria: Davidson Kempner (il fondo cedente) «annuncia di aver siglato un accordo vincolante con X3 Group, controllato da Ion, per la vendita di Prelios. Il completamento dell’operazione è soggetto all’autorizzazione delle autorità competenti.” Tutto il resto era dedicato all’elenco dei consulenti legali e finanziari, compresi quelli dell’acquirente «X3». Ma non esiste. Il veicolo che ha firmato l’accordo si chiama X3G Mergeco spa ed è quello che tecnicamente incasserà 1,35 miliardi (600 di debito).

Acquisizioni e garanzie

Si tratta dell’operazione per la quale si attende ancora l’approvazione definitiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri per i poteri speciali legati al golden power il cui scopo è quello di salvaguardare gli assetti proprietari delle imprese operanti in settori considerati strategici e di interesse nazionale (difesa , sicurezza, energia, trasporti, comunicazioni), che dà l’idea di quanto Ion sia esposta agli interessi pubblici e non solo a quelli “captive” del B2B. Prelios di per sé non è certo tra le aziende più strategiche del Paese ma il gruppo Ion nel suo complesso possiede un pacchetto di aziende che nel complesso, anche in termini di database, hanno una valenza strategica. Per le acquisizioni Pignataro prese in prestito centinaia di milioni e impegnò il capitale delle società acquisite a finanziatori, per lo più banche e fondi esteri. Se, ipoteticamente, un giorno non riuscisse a pagare le rate del debito, i creditori potrebbero accontentarsi con le azioni in garanzia e prendere il controllo delle società. Questo potrebbe essere stato uno degli aspetti critici esaminati dal governo.

Il labirinto

Per avere un’idea di quanto sia “labirintico” il gruppo Ion, basta guardare come Pignataro ha realizzato l’operazione Prelios: ha utilizzato il veicolo italiano X3G Mergeco che fa capo alla X3G Bidco (da qui tutta irlandese) che fa capo a controllata da controllata da Andrea Pignataro. L’hub dove si incontrano gli investimenti italiani, comprese le banche, è l’irlandese Fermion.

Piccoli membri

E qui troviamo un ristretto gruppo di soci che sostengono l’85,7% in mano a Ion: il fondo sovrano di Singapore Gic con il 10%, socio storico, e poi il milanese Serfis della famiglia Strazzera, Nanni Bassani Antivari (famiglia dello yacht Wally , ex proprietario di BTicino), Kenneth Schiciano, senior advisor di Ta Associates e i top manager del gruppo Luca Peyrano e Kunal Gullapalli.

I conti

Allargiamo l’orizzonte ai numeri. I dati aggregati forniti ufficiosamente dal gruppo (non esiste un vero dato consolidato) indicano ricavi totali intorno ai 3 miliardi, ebitda di 2,2 miliardi e debito di 10 miliardi. L’Italia, al netto di Prelios, rappresenta, secondo i bilanci di Cerved e Cedacri, circa un miliardo di fatturato e 365 milioni di ebitda. Ciò significa che sugli altri 2 miliardi di ricavi si ottiene un EBITDA di 1,8 miliardi, un rapporto che nemmeno Hermes si sogna. Possibile? Ufficiosamente questo è trapelato. In realtà – secondo quanto intuisce il Corriere – l’EBITDA sugli oltre 2 miliardi di ricavi fuori dall’Italia sarebbe inferiore di 7-800 milioni e quindi intorno al miliardo. Ciò non toglie che il business di Ion sia indiscutibilmente ad altissimo margine, garantito peraltro da clienti top e da 2 miliardi di liquidità al vertice della catena. Una garanzia anche per i sottoscrittori dei bond (tra cui i principali asset manager) e per le banche che hanno in garanzia anche molti asset (Cerved e Cedacri per esempio) e alcuni conti correnti di Ion.

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