Generali festeggia solo a metà. Schiaffo Delfin-Caltagirone – .

Generali festeggia solo a metà. Schiaffo Delfin-Caltagirone – .
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L’assemblea di Generali del 2025, con all’ordine del giorno il rinnovo del consiglio di amministrazione, sarà l’evento davvero decisivo per il futuro del Leone poiché metterà alla prova le nuove disposizioni del ddl Capital che garantiscono alle minoranze una più adeguata rappresentanza. Ecco il motivo per cui ieri né la Delfin, la holding degli eredi di Leonardo Del Vecchio, proprietaria del 9,9%, né il gruppo Caltagirone con il suo 6,19% hanno disertato l’assemblea di Trieste convocata per approvare il bilancio 2023. L’intento polemico verso l’attuale management guidata dall’amministratore delegato Philippe Donnet è evidente e non ha mai perso occasione sia indirettamente (vedi articoli del Financial Times o prese di posizione di Assogestioni) che direttamente (con un’intervista a Repubblica) per stigmatizzare. il sistema normativo voluto dal governo Meloni per aprire la governance delle società quotate e “cambiare il clima” nell’alta società.

Ieri è stato il presidente di Generali e Bocconi, Andrea Sironi, a mettere da parte il tradizionale aplomb stroncando ancora una volta il testo approvato dai due rami del Parlamento. «È necessario superare le deviazioni dalle migliori pratiche internazionali – penso al sostanziale disincentivo alla possibilità per un consiglio di amministrazione uscente di formulare proposte all’assemblea per il futuro consiglio», ha detto, auspicando la rimozione di «vincoli estranei alle migliori pratiche internazionali, peraltro più che di dubbia costituzionalità».

L’obiettivo è chiaro: aumentare l’intensità della moral suasion nei confronti del decisore pubblico in vista dell’attuazione della delega sulla riforma del TUF in modo che elimini sia i vincoli sulla presentazione della lista consiliare (ok di due terzi del consiglio di amministrazione e voto nominativo in assemblea sui componenti della lista che dovrà essere in numero di un terzo superiore alla dimensione del consiglio) che le prerogative delle minoranze (20% dei posti garantiti alle liste con almeno il 3% dei voti e rappresentanza pro quota se superano il 20%).

È chiaro che il prossimo anno per la lista del consiglio di amministrazione di Generali il passaggio in assemblea rischia di essere particolarmente tortuoso considerando che oltre al 16,2% di Delfin e Caltagirone ci sono il 4,8% di Edizione (Benetton) e l’1,92% di Fondazione Crt (quota aumentata dall’1,6% per volontà dell’ex presidente Palenzona). Nel 2022, infatti, Donnet e Mediobanca (primo azionista con il 13,1%) hanno prevalso con il 40% del capitale contro il 30% dell’opposizione. E opposizione è proprio il termine giusto visto che, secondo quanto trapelato, Delfin e Caltagirone non sarebbero particolarmente entusiasti dei risultati 2023 di Leone (utile netto a 1,4 miliardi, dividendo a 1,28 euro, riacquisto a 500 milioni).

E non è un caso che Donnet, desideroso di presentare un nuovo piano industriale, ieri abbia sottolineato come le recenti acquisizioni di Liberty e Conning “sono state rese possibili anche grazie ad un rinnovato spirito di collaborazione all’interno del board”.

 
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