Multa da mille a 5mila euro al proprietario che ristruttura casa con impresa irregolare – .

Multa da mille a 5mila euro al proprietario che ristruttura casa con impresa irregolare – .
Multa da mille a 5mila euro al proprietario che ristruttura casa con impresa irregolare – .

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In arrivo il giro di vite sul lavoro nero nelle ristrutturazioni edilizie. Nei contratti privati, prima del pagamento del saldo, viene abbassata la soglia dell’importo complessivo – da 500mila a 70mila euro – per la verifica di congruità, in mancanza della quale l’ente dovrà pagare una sanzione da mille a 5mila euro. cliente, quindi del proprietario della casa che si è rivolto all’impresa edile.

La multa al cliente che non verifica

Per effetto della novità contenuta nel Decreto Coesione approvato dal Governo lo scorso 30 aprile, per non incorrere in una sanzione amministrativa, il committente dovrà ottenere dall’impresa costruttrice la certificazione riferita alla congruità del costo della manodopera anche per la interventi edilizi da 70mila euro, una soglia più bassa che finisce per coinvolgere molte ristrutturazioni di case. La conseguenza di tutto ciò è che dall’entrata in vigore del Decreto Legge Coesione il committente deve verificare che l’impresa sia regolare o abbia regolarizzato le posizioni abusive prima di pagare il saldo finale dei lavori, pena l’applicazione di una sanzione.

Occorre però fare un passo indietro e ricordare che un decreto del Ministero del Lavoro, n. 143 del 2021 aveva stabilito l’obbligo di verifica di congruità per le opere edilizie private a partire da 70mila euro, poi nella conversione in legge del decreto Pnrr (legge n.56 del 2024) è stata introdotta una sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro da a carico del cliente, qualora il pagamento del saldo finale avvenga in assenza di esito positivo della verifica o della preventiva regolarizzazione della posizione da parte dell’impresa affidataria dei lavori. Pertanto, con l’articolo 28 del decreto Coesione, la soglia stabilita per la dichiarazione di verifica di congruità con quella che fa scattare la sanzione è allineata a 70mila euro.

L’impatto sui microappalti pubblici

Inoltre lo stesso decreto, infatti, prevede un doppio giro di vite contro il lavoro irregolare in edilizia. Il committente nei lavori privati, così come il responsabile del procedimento (Rup) negli appalti pubblici sono tenuti a verificare l’adeguatezza dell’incidenza della manodopera sull’opera complessiva. Le sanzioni si estendono ai piccoli cantieri anche negli appalti pubblici. L’assenza dell’attestazione di “adeguatezza” negli appalti pubblici finora per effetto del decreto Pnrr ha fatto scattare la sanzione solo per importi a partire da 150mila euro, ma con il decreto Coesione questa soglia viene abolita. La conseguenza di tutto ciò è che negli appalti pubblici, fermi restando i profili di responsabilità amministrativo-contabile, il pagamento del consuntivo da parte del responsabile dei lavori in assenza di esito positivo della verifica o della preventiva regolarizzazione della posizione da parte del L’impresa affidataria dei lavori viene presa in considerazione dalla stazione appaltante ai fini della valutazione della sua esecuzione. L’accertamento della violazione viene comunicato all’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione, con conseguenze sulla qualificazione delle stazioni appaltanti.

Sanzioni penali in caso di lavoro irregolare

Con il decreto Pnrr, convertito nella legge 56 del 2024, sono state riviste le sanzioni e restituite le fattispecie penali. Il decreto aumenta del 10% (al 30%) l’importo della sanzione pecuniaria prevista per il caso di effettivo impiego di lavoratori subordinati senza previa comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato. Si va da 1.950 a 11.700 euro per ciascun lavoratore irregolare, nel caso di impiego del lavoratore fino a trenta giorni di lavoro effettivo; da 3.900 a 23.400 euro per periodi compresi tra 31 giorni e fino a 60 giorni; e si sale da 7.800 euro a 46.800 euro superati i 60 giorni di lavoro effettivo. Non solo. Per l’esercizio abusivo dell’attività di somministrazione di lavoro la pena è dell’arresto fino a un mese (prima non prevista) o dell’ammenda di 60 euro per ciascun lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro (in precedenza 50 euro). Per l’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione, ricerca e selezione del personale si scatta l’arresto fino a tre mesi o la multa da 900 a 4.500 euro.

 
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