Adesso la Meloni non ha più scuse: deve ratificare il Mes

Adesso la Meloni non ha più scuse: deve ratificare il Mes
Adesso la Meloni non ha più scuse: deve ratificare il Mes

Non c’è solo il negoziato sulle nomine alla guida dell’Unione europea nella prossima legislatura. Dopo le elezioni europee del 2024, per Giorgia Meloni sono tante le questioni che emergono in primo piano nel suo rapporto con Bruxelles. Uno di questi è sicuramente il Meccanismo Europeo di Stabilità. Con la votazione ormai conclusa finisce la campagna elettorale e con essa finiscono le scuse per non ratificare la riforma ‘Salva Stati’. Soprattutto perché venerdì sono sei mesi esatti dalla bocciatura del Parlamento di Roma: dal punto di vista giuridico il dossier ora può tornare alla Camera. Ecco perché l’incontro annuale dei governatori del Mes giovedì in Lussemburgo (i 20 ministri dell’Economia degli Stati che finanziano il Salvataggio) assume per Roma una connotazione del tutto particolare: dentro o fuori?

Naturalmente è l’inizio di un processo, giovedì non ci sarà alcuna decisione formale, né la questione è formalmente all’ordine del giorno della riunione. Ma l’appuntamento sarà l’occasione per riprendere il tema con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: i partner europei cercheranno di capire da lui come il governo italiano si prepara ad affrontare questo nuovo capitolo della saga del Mes.

Ora la questione è tornata prepotentemente sul tavolo. Anche perché i segnali di una nuova crisi globale ci sono, a partire dalle guerre in corso, molto vicine all’Ue, ma ci sono anche segnali semplicemente legati al cambiamento climatico, all’invecchiamento della popolazione e, guardando alla politica europea, ce ne sono è l’instabilità causata dalle elezioni legislative francesi, l’incertezza di altri appuntamenti elettorali che potrebbero dar vita a governi non propriamente europeisti (in Germania e Austria). E poi, se riuscisse a uscire dall’ombra dell’effetto stigma derivante dalla crisi del debito greco e alimentato dalla narrativa delle forze euroscettiche, l’ESM potrebbe tornare utile con la sua capacità di prestito, che è quasi interamente intatto dato che dopo la pandemia nessuno stato membro dell’UE vi ha fatto ricorso. E se l’Italia ratificasse la riforma entrerebbe in funzione il fondo unico di risoluzione, utile in caso di shock per le banche.

Non è una novità: il titolare del dicastero di via XX Settembre è considerato un interlocutore dai suoi interlocutori europei, lui che più volte ha dato per scontata la ratifica italiana per poi ritrovarsi smentito dal suo stesso partito, la Lega, a cominciare da il segretario, Matteo Salvini. Ma la vera incognita è la Meloni, che oggi è a Bruxelles con gli altri leader per la cena informale sugli appuntamenti europei. Il Primo Ministro sarà in grado di governare il processo o alzerà un’altra barricata come ha fatto a dicembre?

È certamente scontato che le trattative sui commissari possano influenzare il dossier del MES. Tanto che a Bruxelles l’obiettivo è ottenere la ratifica italiana solo dopo l’estate, quando cioè il puzzle delle nomine sarà completo (la nuova Commissione si insedierà il 1° novembre). Già alla fine dello scorso anno il primo ministro aveva tentato di utilizzare la ratifica del Salva Stati come elemento negoziale sulla definizione del nuovo Patto di stabilità e crescita. È andata male: l’Italia non è riuscita a contenere i limiti di austerità imposti dalla Germania. E infatti oggi il ministro Guido Crosetto lamenta di non avere i soldi per portare la spesa per la difesa al 2 per cento del Pil, proprio a causa dei limiti della nuova governance europea. La domanda è: la ratifica del Mes servirà a ottenere la nomina di un potente commissario per l’Italia? Di certo, la riforma del Salva Stati è un altro bivio per il premier che si prepara a sostenere il bis di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione europea, cercando di prendere le distanze dalle ‘sirene’ euroscettiche di Marine Le Pen e Matteo Salvini. Se si vuole rafforzare l’approccio europeo, la ratifica è già pronta. Se le posizioni si radicalizzano e lui vuole andare contro, può usarlo in modo opposto.

Escludendo i 78 miliardi di euro già utilizzati per Grecia, Cipro e Spagna, il MES ha attualmente una capacità di prestito di 422 miliardi che, però, è destinata a tornare alla cifra iniziale di 500 miliardi di euro, perché chi ha già utilizzato il fondo è iniziando a rimborsare il prestito. La Spagna, ad esempio, lo sta facendo e anche velocemente. Il Fondo unico di risoluzione avrebbe una capacità di 68 miliardi di euro, che verrebbero prelevati dallo stock complessivo, senza ulteriori richieste agli Stati. Di certo, se la richiesta italiana è quella di rivedere la riforma prima di ratificarla, è destinata a scontrarsi con un muro. Non c’è margine per approvare nuove modifiche o per riprendere la discussione sugli altri capitoli dell’unione bancaria, come la garanzia comune sui depositi (EDIS), senza la ratifica del Mes da parte di Roma. Ci vorrà qualche mese, ma da ora in poi scatta un altro “prendere o lasciare” tra Roma e l’Ue. Finirà come a dicembre con la bocciatura del Parlamento? Non è certo, perché finora la Meloni non ha mai veramente chiuso la questione con Bruxelles, certo: non se ne parla più. Giovedì parlerà quindi con Giorgetti, nella speranza che rispecchi davvero le intenzioni dei suoi partner di governo.

 
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