Chiara Ferragni, per le vostre aziende i conti (e i soldi) non tornano mai – .

Il buco, ormai, non è solo virtuale (nel senso che Chiara Ferragni, secondo un’indagine effettuata qualche settimana fa dal sito Bonusfinder Italia, perde quasi 6mila follower al giorno): solo che i numeri, dopo il famoso pandoro indigeribile, non tornano più. L’impero Ferragni, sui social, su internet, quei prodotti con il marchio ben stampato sopra, l’occhio con le ciglia alzate verso l’alto, facevano impazzire ragazzine e donne adulte, figuriamoci ragazzine, ora è in declino. Cadente. E non c’entrano i gossip, non c’entra la rottura con Fedez; Semmai c’entra il commercialista perché qui la crisi è di quelle che preoccuperebbero qualsiasi azienda. A riferirlo per primo è stato il quotidiano romano Il Messaggero, è rimbalzata sul web per un giorno e mezzo (come ogni notizia che riguarda la regina di Instagram), se ne è parlato in chat ed è stato materiale anche per le pagine di economia visto che, del resto, , non è che si parli di una sciocchezza, mancano ancora sei milioni di euro (che mancano), il 40% delle entrate (che sono crollate) e i nuovi soci (che servono per risanare i bilanci).

ANTITRUST E PANDORO
L’Antitrust, la torta di Natale, la beneficenza, lo scandalo planetario per giunta, Chiara in lacrime sui suoi canali: tutto è cominciato lì. E oggi si è chiusa (si fa per dire) con Fenice srl, la società proprietaria del Marche La Ferragni, responsabile delle licenze ad essa collegate, cerca milioni di euro, sta infatti, forse non per restare a galla ma quasi, il cui finanziamento potrebbe arrivare dall’apertura del suo azionariato (aaa, cercano nuovi soci ), con una prospettiva di ulteriori perdite, tra uno e tre milioni di euro, da qui al 2027, stimate (non certe, concordate, ma comunque non buone) dai consulenti interni.

La vicenda Balocco (ma non solo, si è estesa a macchia d’olio) si è rivelata un duro colpo, diciamocelo. Perché se il danno d’immagine non è (ancora) quantificabile, il danno al portafoglio sì. Almeno in parte. Almeno se si considera che fino a sei mesi fa le aziende facevano a gara per prendersi un post, mezza virgola, una citazione in un mini-video della Ferragni, e ora i suoi ricavi sono circa la metà. Questione di equità, ma di “fondi azionari”: cioè di quegli investimenti finanziari fatti per apportare nuovi capitali. La Fenice srl (che impiega trenta dipendenti) è controllata da una società di investimento denominata Alchimia e che detiene il 39,9% delle quote (le altre sono divise tra la Sisterhood che possiede il 32,5%, l’Esuriens che possiede il 13,7% e Ni srl che può contare sul resto della torta): se esattamente un anno fa, nel giugno 2023, la Fenice srl veniva valutata 75 milioni di euro, ora, che siamo quasi a maggio 2024, la situazione è molto meno rosea (nonostante, o forse proprio a causa del “Natale in rosa” che è la base di tutto questo cancan). Gli sponsor che se ne sono andati, i contratti rescissi, i rapporti interrotti con aziende molto solide come Coca Cola o Safilo o Pigna: l’azienda Ferragni è chiaramente in difficoltà. Ma se da un lato il quadro azionario non è cambiato di un decimale (per il momento), dall’altro pensare che siano gli stessi azionisti a metterci una pezza è quantomeno improbabile.

POTENZIALI INVESTITORI
Per questo tra i nuovi, potenziali investitori, circolano i nomi di Francesco Trapani (Vam investment) e Marco Bizzarri (Nessifashion). Vedremo. Quel che è certo è che l’influencer numero uno in Italia sta attraversando un brutto momento (il suo negozio a Milano non era al completo nemmeno all’apertura dei saldi invernali). Internet è così: il primo momento in cui sei condiviso, amato e imitato da tutta la rete (e forse anche un po’ di più), il momento successivo finisci per essere dimenticato. Se è ok. E qui, beh, non sembra funzionare.