“Mi sono spacciato per dipendente del Comune di Milano, ma abitavo in un cantiere edile. Io e Checco Zalone insieme sul palco? Mi intriga…” – .

Al Bano, cominciamo con una citazione da “Cara terra mia”: come va, come va?
“Direi che è tutto ok, è tutto ok…”.

E il cuore?
«Va bene anche così, nonostante siano tornate a circolare le fake news che dicono che sto morendo. Meno male che mamma Jolanda non c’è più, tempo fa mi hanno spacciato per morto».

Avete un’idea di chi sta facendo circolare certe voci tramite i social?
«Ho sporto denuncia alla polizia postale, speriamo bene».

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Com’eri da bambino?
“Come tutti gli altri bambini, tra le 4mila anime di Cellino San Marco negli anni Quaranta. Ma già allora avevo una passione fortissima per la musica, aspettavamo Sanremo per imparare tutte le canzoni nuove”.

Cellino le era molto legato.
“Il mio mito era Domenico Modugno, che da bambino aveva vissuto a San Pietro Vernotico. Lui si era trasferito a Roma, mentre io sarei andato a Milano a cercare fortuna”.

Da bambino hai scritto la tua prima canzone, ‘Addio Sicilia’.
Mi ha affascinato la storia di una zia trasferitasi in Argentina con il marito siciliano, innestatore di vigne. In Addio Sicilia Ho immaginato la loro odissea: è una canzone bellissima, prima o poi deciderò di inciderla”.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) al bano]]

Ha scritto altro in quel periodo?
“Una canzone in volgare dedicata a mio padre, che voleva che facessi il contadino come lui. Ma quella non era la vita, sembrava una prigione a cielo aperto. E i pochi guadagni bastavano appena a mantenerci”.

Aveva una ragazza?
“Le ragazze mi evitavano perché venivo da una famiglia di contadini. Ma poi la vita mi ha dato la rivincita: qualche anno dopo sono tornata in piazza per il mio primo concerto a Cellino, ero già una star e li ho ritrovati tutti sotto il palco con i mazzi di fiori”.

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ILImmagino il suo volto.
“Da bambino amavo senza essere amato. Una cosa però non è mai cambiata: la forza e la tenacia con cui ho perseguito tutti i miei obiettivi”.

Scuole medie a San Donaci.
“Dalle suore, tre anni straordinari. L’insegnante di italiano si chiamava Maria Tedesco e ci ha fatto innamorareOdissea raccontandola come una favola. Un incontro fantastico”.

Poi l’istituto magistrale di Lecce.
“Il treno ogni mattina, il fascino della città – la piccola Lecce all’epoca era già tanto per uno di Cellino – colpisce. E un monsignore, un omone di 1,95 metri che ci ha accolto così: ‘Vi rendete conto quanti bambini dovranno essere leccesi per garantirvi uno stipendio da maestro? Abbiamo bisogno di lavoratori qui!’”.

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E cosa sognava di fare?
“Solo una cosa, il cantante.”

Un predestinato.
“Ma poi anch’io avrei vissuto i miei anni bui, come il mio amico Gianni Morandi. La Spagna è diventata una sorta di rifugio quando è arrivato quel periodo anche per me, ma non ho mollato perché ero convinto che quello fosse il mio unico lavoro” .

Il diploma di maestra non è mai arrivato, ha abbandonato gli studi al secondo anno.
“E alle 17 sono partito per Milano. Il mio primo lavoro è stato verniciare le porte di un cantiere a Giambellino”.

Erano gli anni di Cerutti Gino.
«E sì, Giorgio Gaber l’aveva registrato subito dopo Non arrossire. Mi sono arrangiato dormendo in cantiere, finché il direttore non mi ha detto che non potevo più farlo”.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Romina Carrisi Fiorello figlio Axel Lupo]]

Ed è finito in un ristorante.
«Cameriere al Ferrario, vicino piazza Duomo, dove ho lavorato senza un solo giorno di riposo per otto mesi di fila. I pasti però erano assicurati e tra stipendio e mance guadagnavo circa 25mila lire al mese: con 10mila pagavo la pensione in cui dormivo, il resto lo mandavo a casa».

I tuoi genitori erano felici?
“Ho scritto a mia madre che lavoravo al Comune di Milano, lei ne era orgogliosa. Quei mesi al ristorante sono stati una bella lezione di sociologia, mi hanno insegnato davvero tanto”.

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02 giugno 2024



Leggo dei suoi incontri con Pino Massara e Pippo Baudo. Raccontatemi invece del suo periodo nel Clan di Adriano Celentano.
“Prima di allora avevo lavorato alla catena di montaggio della Innocenti. Ero uscito dal ristorante dopo uno sfogo del direttore: eravamo entrambi innamorati della nipote del proprietario, ma lei mi aveva trovato più gentile di lui. Ricordo ancora la sua rabbia una sera: ‘Voi meridionali venite qui per rubarci il lavoro e anche le donne!’”.

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Il ‘Terrone’ era un dato di fatto.
“Gli ho gridato: ‘Tornerò come un cantante di successo e tu dovrai servirmi a tavola’!”.

È andata davvero così?
“Sono tornato come cliente, ma l’ho invitato al mio tavolo per cenare con me”.

E Celentano?
“All’epoca ero molto timida, cantavo nella prima parte dei suoi concerti senza mai incontrarlo. L’anno scorso, invece, chiamai Claudia Mori per chiederle se Adriano fosse disponibile per una telefonata in diretta nel programma di Canale 5 in occasione del mio ottantesimo compleanno. Mi richiamò: ‘Adriano sarà molto felice di farlo’”.

A Milano l’aveva raggiunta anche il fratello Franco, detto Kocis, che ha quattro anni meno di lei.
«Ha debuttato a Settevoci e ha preso parte anche a Un disco per l’estate. Mi sentivo un po’ il suo secondo papà, più che il fratello maggiore”.

La svolta arrivò nel ’67 con ‘Nel sole’, che fu anche un film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Nino Taranto, Enrico Montesano e la sedicenne Romina Power.
“Mi ha colpito subito.”

Al Bano e Romina Power a Sanremo nel 1989


Al Bano e Romina Power a Sanremo nel 1989

Al Bano e Romina Power a Sanremo nel 1989

E ci credo…
“Abbiamo trascorso tre giorni fantastici insieme. Il quarto, però, è scomparsa. Si è presentata di nuovo dopo un anno: ‘Possiamo stare insieme stasera?’”.

Se l’è cavata offrendole un bicchiere di vino con un panino?
«Il fatto è che nel ’69 la portai a Cellino per presentarla ai miei genitori».

La figlia di Tyrone Power e Linda Christian a casa di Jolanda e Carmelo.
“Papà l’ha presa male: ‘Stai attento, figlio mio, tu sai come sono le attrici…’”.

Ma non è affatto così!
“Lo so benissimo, infatti un anno dopo ci siamo sposati”.

Parliamo della sua fede.
«Un rapporto totale, ora che mi sono scrollato di dosso i dubbi e le incertezze che mi avevano allontanato dalla Chiesa e mi facevano stare ancora peggio».

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) 01]]

Posso capirne le ragioni e non credo sia necessario ricordarle.
«Sono stato molto legato a don Luigi Verzé, il fondatore del San Raffaele, e ho molti frati tra i miei amici più cari. Il mio rapporto con Dio è bello e profondo, rafforzato anche dalle tragedie che ho vissuto”.

Riguardavano anche il padre.
“A causa di un errore in sala operatoria aveva perso la vista. Adesso cambierà anche la mia vita, ho pensato. Ed è stato così: ‘Non potrò più vedere i miei figli, i miei nipoti, la mia terra’, ripeteva. E ha detto che prima o poi l’avrebbe fatta finita. Per sostenerlo gli raccontavo spesso del mio amico José Feliciano”.

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Il cantautore portoricano cieco dalla nascita che a Sanremo ha cantato ‘Che sarà’. Invece ti sei esibito più volte davanti a tre papi.
“Sette eventi per Papa Giovanni Paolo II, cinque per Francesco e qualche volta anche per Benedetto XVI”.

Cominciamo da Wojty?a.
“Lo vedevo come un fratello, io e Romina eravamo molto conosciuti in Polonia”.

Ratzinger?
“Si è limitato a una benedizione”.

E con Bergoglio?
«Qualche tempo fa avevamo programmato una visita a Papa Francesco con altri due amici e avevo invitato un signore del Madagascar che voleva vederlo. Siamo arrivati ​​a Roma e mi hanno avvisato: ‘Non ce la facciamo’. Il ragazzo del Madagascar era a pezzi, allora mi sono presentato in Gendarmeria e ho chiesto del comandante. Conclusione: Papa Francesco ci ha ricevuto per un’ora”.

Al Bano in udienza da Papa Francesco


Al Bano in udienza da Papa Francesco

Al Bano in udienza da Papa Francesco

Tre settimane fa ha cantato davanti a lui all’Olimpico per la Giornata mondiale dell’infanzia.
“È stato fantastico, davvero.”

E lo ha fatto nello stesso stadio dei clamorosi fallimenti di qualche giorno prima con l’Inno di Mameli.
“Una bella rivincita dopo gli errori di quella serata. Avevo attaccato con tre tiri sopra, ma non sentivo nulla. E ho continuato senza pietà”.

Parliamo di vini: è meglio il vostro o quello di Bruno Vespa?
“Come potrei parlare male del mio amico Bruno? E poi il suo consulente è Riccardo Cotarella, chapeau. I miei vini però non scherzano. E il primo settembre inaugureremo la nostra terza cantina, un gioiello”.

Continuerà con ‘Don Carmelo’?
“Quando sono partito per Milano ho detto a mio padre: avrò successo, poi tornerò e farò un vino con il tuo nome”.

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Il G7 era a due passi da Cellino. L’Ucraina la considerava una minaccia alla sicurezza nazionale, dato il suo apprezzamento per Putin.
“Lo consideravo il leader russo più occidentale di sempre”.

Complimenti per la tua lungimiranza!
“Ora il mondo ha un solo obiettivo: la pace, che può arrivare solo rinunciando alla forza delle armi per puntare su quella dell’intelligenza”.

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Nella nostra Puglia sei anche portavoce della campagna 5 per mille presso l’istituto de Bellis.
“Da quando ho conosciuto Umberto Veronesi do una mano, sempre gratuita, al mondo della ricerca. Ho visto bambini di 4-5 anni inchiodati al letto dell’istituto dei tumori: ‘Quando vieni qui a cantare passano giornate intere ricordati di quelle due ore’, mi dicono i medici”.

Qual è la tua canzone migliore?
Libertà. Le radio rumene lo trasmettono a più non posso, dopo la rivoluzione che portò alla caduta di Ceau?escu, il regime lo aveva vietato”.

C’è un nuovo album all’orizzonte?
“Stiamo lavorando a un progetto da un anno e mezzo, il titolo provvisorio è I canti del Mediterraneo: una canzone per ogni paese che si affaccia sul Mediterraneo. E poi c’è il mio tagliente Sanremite…”.

Ti rivedremo al Festival?
“Sanremo è la mia benedizione. Nel 2025 vorrei esserci per l’ultima volta”.

In coppia con Checco Zalone?
«Un duetto sarebbe bellissimo, dopo il tuo con Francesco De Gregori».

Come va con Loredana Lecciso?
“Molto bene, anche se è difficile sopportare uno come me.”

Hai votato alle elezioni europee?
“Sì, ma nemmeno sotto tortura potrete farmi dire per chi”.

 
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