Infermiere sospeso per non aver comunicato di essersi vaccinato contro il Covid, condannata l’Asl al pagamento dello stipendio – .

Infermiere sospeso per non aver comunicato di essersi vaccinato contro il Covid, condannata l’Asl al pagamento dello stipendio – .
Infermiere sospeso per non aver comunicato di essersi vaccinato contro il Covid, condannata l’Asl al pagamento dello stipendio – .

Era stato sospeso dal lavoro e dalla retribuzione per un periodo di poco più di quattro mesi, poi ridotto a due, per mancato rispetto dell’obbligo di vaccinarsi contro il Covid 19 e/o comunicazione della certificazione attestante i motivi giustificativi della mancata vaccinazione. Adesso, però, un’infermiera in servizio in un ospedale della provincia di Chieti, assistita dall’avvocato Luca Damiano del foro di Vasto, dovrà percepire la retribuzione dovuta per il periodo di sospensione dal lavoro.

Il giudice del lavoro di Vasto, infatti, con sentenza del 22 maggio, ha condannato l’Azienda sanitaria locale di Lanciano Vasto a pagare al lavoratore quanto allora non aveva percepito, pari a 4.309,95 euro, a cui si aggiungono interessi e rivalutazioni.

Secondo quanto ricostruito nella sentenza, l’infermiera era stata destinataria di un provvedimento di sospensione emesso dall’ordine delle professioni infermieristiche di Chieti, dal 7 febbraio al 15 giugno 2022, poi riprogrammato al 13 aprile. Tuttavia, osserva il giudice, per tutto il periodo lavorativo oggetto della causa, l’operatore sanitario è sempre stato in regola con gli obblighi imposti dalla legge in materia di vaccinazione anti-Sars-Cov 2. Dalla documentazione prodotta, infatti, emerge che il lavoratore, al momento della comunicazione inviata dal suo ordine di categoria, aveva completato il primo ciclo vaccinale, essendosi sottoposto alla prima e alla seconda dose del vaccino.

“Né si può giungere a conclusioni diverse – evidenzia il giudice – valorizzando la mancata tempestiva risposta del dipendente alla predetta nota inviatagli dall’ordine di appartenenza, con la quale gli veniva richiesto di inviare la documentazione attestante il regolare adempimento degli obblighi gli obblighi di legge in materia di vaccinazione contro il virus Covid 19 sono rimasti senza risposta”.

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Citando la normativa emanata nel periodo di emergenza, infatti, non è previsto che la mancata comunicazione comporti la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, misura prevista solo in caso di posizione irregolare relativa all’obbligo vaccinale. Ma questa circostanza, però, dovrà essere accertata dall’ordinanza stessa.

“In altri termini – prosegue la sentenza – in base a quanto desumibile dall’interpretazione letterale della norma in questione, decorre il termine dei cinque giorni entro i quali rispondere alla richiesta di specifica documentazione da parte dell’ordine professionale al quale si appartiene e con l’applicazione della sospensione dalla professione si configura uno iato temporale, che postula la necessità di svolgere “istruttorie” riguardanti la concreta situazione vaccinale del medico o dell’operatore sanitario, e solo a seguito dell’esito negativo dei predetti accertamenti si potrà procedere alla procedimento si conclude con il provvedimento sospensivo”.

Pertanto, l’infermiere ha prestato servizio nel rispetto degli obblighi di legge, perché regolarmente sottoposto alla copertura vaccinale. Pertanto, i provvedimenti di sospensione emessi nei confronti del lavoratore dell’ASL sono stati ritenuti illegittimi, perché derivati ​​da provvedimenti, ritenuti altrettanto illegittimi, emessi dall’associazione delle professioni infermieristiche.

Ma c’è di più: la sentenza osserva che, anche se il lavoratore non avesse rispettato gli obblighi vaccinali, il datore di lavoro – quindi l’azienda sanitaria – avrebbe dovuto verificare la possibilità di farlo lavorare in mansioni diverse tali da evitare il rischio di diffusione del contagio. sul posto di lavoro e, solo qualora ciò fosse impossibile, procedere alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.

 
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