La strage del 7 ottobre, fuori dagli occhi – .

La strage del 7 ottobre, fuori dagli occhi – .
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Una ragazza terrorizzata chiede aiuto al telefono al padre, singhiozza, lo prega di mandare subito la polizia, le persone morte sono tante. Poi all’improvviso la comunicazione si interrompe. Fino a pochi minuti prima, migliaia di giovani ballavano e cantavano allegramente: musica ad altissimo volume, selfie a non finire, la gioia contagiosa di stare insieme nella grande spianata, la voglia di esserci, di ridere, di vivere. È l’alba, dopo una notte di festa, quando i colpi secchi dei missili annunciano che è ora di morire, sotto una granata, sotto i colpi selvaggi dei kalashnikov o torturati in un furgone in fuga verso l’inferno. Adesso l’enorme discoteca all’aperto tace, c’è il crepitio delle mitragliatrici, con le urla degli assassini indemoniati, che appaiono all’improvviso armati su auto, moto e deltaplani; c’è il sussulto e la disperazione di chi cerca di scappare nei campi o sull’asfalto già ingombro di cadaveri.

Puoi vedere il sangue, puoi immaginare molto di più.

A sei mesi dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre e dal massacro di centinaia di donne e uomini indifesi, uccisi e rapiti perché ebrei, arriva da Israele un documentario del regista Dan Pe’er. È stato realizzato con immagini e video recuperati dai cellulari di chi cercava di salvarsi e dalle telecamere di alcuni terroristi e con registrazioni audio di quelle ore di paura e di morte. Il film documentario, #Nova, presentata nei giorni scorsi dalla Fondazione Gerusalemme e dalla Comunità Ebraica Romana, è una testimonianza scomoda, piena di dolore. Le immagini e i dialoghi spiegano in maniera concisa, senza soffermarsi su terribili dettagli, la dinamica dell’assalto e descrivono una ferocia senza precedenti.

Parlano i fatti.

Resta invece quasi avvolta da un velo la motivazione profonda di uomini capaci di sterminare a sangue freddo, senza esitazioni o ripensamenti, centinaia di innocenti; mentre è commovente l’incredulità di chi viene aggredito di fronte ad una morsa mostruosa e inimmaginabile. Forse più avanti ci sarà tempo e voglia di approfondire anche questo. Naturalmente si tratta solo dell’elemento scatenante della tragedia che scuote Israele e Gaza da sei mesi. A ciò è seguita la dura risposta dello Tsahal per annientare la minaccia di Hamas, liberare gli ostaggi e ripristinare un livello essenziale di sicurezza. Reazione sproporzionata da parte del governo israeliano, spaventoso bilancio delle distruzioni e delle vittime civili palestinesi usate da Hamas come scudi umani, destino drammatico di oltre la metà degli ostaggi ancora detenuti, se non morti, nessun piano su chi e come potrà amministrare Gaza quando depongono le armi: Certo, possiamo e dobbiamo parlare di tutto questo in tutta libertà.

Tuttavia è impressionante sentirlo #Nova è stato rifiutato da scuole, università e associazioni alle quali i promotori si sono rivolti per condividerlo con un pubblico più ampio. Meglio evitarlo, viste le proteste in corso contro Israele – hanno risposto intervistati diversi Don Abbondio locali, timorosi delle possibili conseguenze. Per giustificare il rifiuto di proiettare il documentario sull’attentato del 7 ottobre, alcuni sono arrivati ​​addirittura a invocare un livello grottesco di comunicazione tra Israele e Hamas. Un microfono acceso sulle ragioni di Israele ci imporrebbe quindi di fare altrettanto con quelle di Hamas: ignoriamo la differenza tra uno Stato democratico, nonostante i suoi limiti, e un movimento terroristico che insieme ai suoi mandanti persegue il vergognoso intento di distruggere Israele e la sua cancellazione dalla carta geografica (“Palestina dal fiume al mare”).

D’altro canto, il rifiuto di testimonianze fattuali è anche il risultato dell’isolamento internazionale in cui il governo di Benjamin Netanyahu con il suo estremismo ha portato Israele. Lo stallo delle ultime settimane, gli scontri con gli Stati Uniti, le forti pressioni sul governo israeliano affinché rinvii l’offensiva militare contro Rafah, la ripresa delle proteste di piazza generano disorientamento in un popolo ferito e provato come mai negli ultimi decenni. L’emergenza si riflette nell’accerchiamento di Israele da parte degli emissari armati di Teheran, così come nel “dominio cognitivo” di Hamas a livello internazionale. Lì, tra l’altro, è nata l’insensata idea di boicottare le università israeliane.

La realtà è che pochi ormai vogliono ricordare il massacro del 7 ottobre, messo in ombra dalla sanguinosa reazione israeliana a Gaza, dalle migliaia di vittime e di palestinesi intrappolati nella Striscia. Israele dovrebbe avere la forza di riflettere su tutto questo, di capire che se a questo punto nessuno è nemmeno disposto a proiettare un documentario, la strada per Benjamin Netanyahu e i suoi intrattabili alleati diventa ancora più tortuosa e rischiosa.

 
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