piacere semplice e puro firmato Guadagnino – .

Se lo pensi Challengers è semplicemente un film sul tennis ti sbagli di grosso. Il nuovo lavoro di Luca Guadagnino parla di amore, sesso, potere e usa lo sport come una cornice – o meglio, come un parco giochi – in cui tre vite si intrecciano e si consumano a vicenda. Perché in fondo cos’è l’amore se non una lunga ed estenuante partita a tennis? E in questa partita, il regista di Ossa e tutto E Chiamami con il tuo nome firma un’altra splendida pagina della sua carriera, forse la più audace e convincente di tutte. Il film è nelle sale in Italia da oggi, mercoledì 24 aprile, distribuito da Warner Bros. Italia.

Tennis, che amore

Il suono secco e martellante di due racchette che si scambiano colpi incessanti echeggia su un campo da tennis. È gremito di spettatori che assistono in silenzio assoluto ad un duello molto acceso. Occhi che seguono la palla che schizza da una parte all’altra del terreno, teste che si muovono al ritmo di dritti, rovesci, schiacciate.

Sugli spalti c’è un osservatore speciale, che segue un combattimento estenuante che si svolge ben oltre il campo, trascende il tempo e perfino l’anima. Due vecchi amici, un legame logorato dall’amore, una relazione tossica basata sull’ambizione e sulla fame di successo. È la storia di Tashi (Zendaya), una stella nascente del tennis che ha visto la sua carriera interrotta quando era molto giovane da un gravissimo infortunio al ginocchio. Frustrazione, rimpianti, sofferenze, tutti sentimenti riversati nel rapporto con il marito Art (Mike Faist), di cui diventa allenatore e sul quale scarica tutte le sue aspettative di una carriera stellare e scintillante. Un matrimonio che ormai poggia sulle fondamenta di un’ossessione per la vittoria, che porta il lavoro dritto nel letto, consumando tutto il resto. E poi c’è Patrick (Josh O’Connor), che riappare improvvisamente da una vita precedente, da un passato in cui i tre protagonisti condividevano un triangolo tossico fatto di gelosia e tradimento. Una trama che il film di Guadagnino ripercorre a ritroso, partendo dalla partita finale, dallo scontro decisivo, e andando a ritroso, per aggiungere sempre più tasselli di un mosaico che diventa chiaro solo verso la fine, quando gli ultimi scambi di racket stanno per decidere di non farlo. solo il destino di un matrimonio, ma anche il futuro di un matrimonio, il fuoco della passione, il destino di un’amicizia.

E quindi, Challengers utilizza la parabola del Tennis per raccontare una sfida più primordiale, fatto di sguardi, corpi, bocche che vogliono intrecciarsi, nascosti tra le mura di un albergo, bloccati in un’auto mentre fuori infuria l’uragano. Guadagnino torna a parlarci d’amore: amore impossibile (qui la recensione di Chiamami col tuo nome), amore malato (qui la recensione di Bones and All), amore profano, vissuto attraverso il desiderio di tre protagonisti che mettono la loro anima e corpo in un tutt’uno un’opera che rimane impressa anche e soprattutto grazie al suo cast.

Un film avvincente

Ecco, stavo dicendo questo Challengers non è solo un film sul tennis, ma è anche uno splendido film sul Tennis. È forse la regia più audace e ispirata di Guadagnino, che trova il perfetto equilibrio tra l’immobilità sofferta di un dramma sentimentale e l’azione frenetica di una storia sportiva. E la sua grande vittoria sta nel fornire spettacolo, suspense e colpi di scena in entrambe le dimensioni artistiche. Grazie alle eccezionali performance di Zendaya, Mike Faist e Josh O’Connor, esaltato dall’occhio cinematografico ed estetico di Guadagnino, alla prestazione fisica dei protagonisti, al rigore e alla pulizia che il regista riesce a trovare nel caos di una partita. Con idee visive a volte anche innovative, ardite, spettacolari.

1713955380_368_piacere-semplice-e-puro-f

Challengers ci colloca esattamente dal punto di vista di uno spettatore: non ci fa schierare, non ci fa schierare. Perché anche se si prova a tifare per l’uno o per l’altro contendente, si finisce un po’ come Tashi: al centro di una disputa, testimone impotente dello scontro del secolo, rigido e pronto a balzare dalla sedia. In tensione, fino all’esplosione finale, al match point, dopo il quale non resta che alzarsi in piedi e applaudire per l’incredibile spettacolo che una rivalità può offrire. Indipendentemente dal vincitore.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

NEXT ‘Sono diventato una parodia di me stesso’ – .