recensione del film Netflix su Gianna Nannini – .

recensione del film Netflix su Gianna Nannini – .
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Non scendere mai a compromessi, sei tutto ciò che hai” scrive con il rossetto sullo specchio la giovane promessa della musica italiana Gianna Nannini. Tratto dal suo autobiografia I miei cazziuscito nel 2016, il film sulla vita di cantante rivela tutto nel cambio di titolo. È vero, i suoi “affari” ci sono, ma gli sceneggiatori Cosimo Calamini e Donatella Diamanti, con regista Cinzia TH Torrini, hanno scelto una linea più morbida, addirittura rassicurante, nonostante gli argomenti duri trattati. Da quel titolo rocciaimprevedibile, come lo è il cantante di Sienasiamo poi passati a Sei nell’animauno dei suoi canzoni il più famoso. La prova definitiva è arrivata dalla fonte primaria: alla domanda sul perché quella canzone sia stata scelta come titolo di un film sulla sua storia, la Nannini risponde: “Perché questa canzone fa sempre sentire tutti meglio. Rappresenta una perdita e tutti ne abbiamo una“. Peccato: un’artista come lei avrebbe meritato una storia molto più complessa. Capiamo perché non è nel file recensione di Sei nell’anima, su Netflix dal 2 maggio.

Letizia Toni è la giovane Gianna Nannini

Se la libro Il punto di partenza è quasi una seduta di psicoterapia, in cui Nannini si racconta a ritmo serrato, rivelando anche parti tragiche del proprio vissuto, come la morte per overdose di un amico all’inizio del suo arrivo a Milano per tentare la fortuna. come un cantautore e, soprattutto, la grave crisi nervosa avuta durante la realizzazione delalbum che l’avrebbe portata al successo, Amante del latinouscito nel 1982, nel film di Cinzia TH Torrini tutto è edulcorato, sbiadito. I fatti salienti della carriera dell’artista si accatastano uno dopo l’altro come adesivi, senza dare loro alcuno spessore. Sembra quasi che gli sceneggiatori abbiano scelto volutamente di non costruire la drammaturgia del racconto: tutto sembra accadere all’improvviso e quasi per caso in Sei nell’anima.

Eppure cose interessanti e forti sono accadute nell’esistenza di una delle cantautrici più importanti d’Italia, unica nel suo genere, sempre troppo poco celebrata rispetto alla sua importanza nel panorama musicale del nostro Paese. Nannini era infatti una ragazza del 1954 che, in un’epoca in cui ancora non si parlava di emancipazione femminile (le donne votarono per la prima volta solo otto anni prima della sua nascita!), scelse di ribellarsi al padre, leader di un’azienda dolciaria azienda, che voleva che lei lavorasse con lui, per seguire il suo sogno. Da sola andò a Milano, da sola propose con ostinazione le canzoni da lei scritte, cantate e suonate, quando in realtà la maggior parte degli artisti erano semplici esecutori. Non solo: Nannini è tra i pochissimi ad aver suonato rock in Italia, tra i primi ad aver adottato un aspetto androgino, Icona LGBTQ+compagno di una donna da 40 anni, madre a 50 anni. C’erano tantissime cose da raccontare per costruire una storia emozionante e anche un po’ selvaggia. Siamo invece di fronte ad una fiction Rai fotografata come una dramma adolescenziale. Completo di pioggia digitale per sottolineare i momenti drammatici. Purtroppo c’è stato un piccolo compromesso.

Letizia Toni è Gianna Nannini

Da una piattaforma all’avanguardia e spericolata, che ha dato vita a prodotti innovativi come House of Cards, BoJack Horseman, Sense8 e L’OA, Netflix si sta trasformando sempre più in una filiale della Rai. La “novità”, però, sta nel dare al tutto una confezione più internazionale: quello che va per la maggiore in questo momento è, come dicevamo, lo stile dramma adolescenziale. Cioè fotografia al buio, pioggia digitale, scene urlate, frasi sussurrate, musica martellante, montaggio frenetico (parlando di assemblaggio: Il materiale originale durava tre ore, poi tagliato a metà. Non sappiamo cosa sia successo in post-produzione, ma sono informazioni che sollevano interrogativi.) Poco importa se viene raccontata la storia vera di Gianna Nannini o portato sullo schermo il successo letterario del momento: tra Sei nell’anima e Maker of Tears (recensione qui) non c’è differenza.

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Ed è davvero un peccato che anche il rocker d’Italia ha subito questo appiattimento del gusto che ormai è sempre più diffuso e premiato dall’algoritmo. Era lei che si distingueva sempre dalla massa. Per fortuna c’è un elemento da salvare: il protagonista Letizia Toni. L’attrice, toscana anche lei, si distingue per carisma e talento: canta nella maggior parte delle scene, dopo aver studiato la giusta respirazione con Nannini. I movimenti e gli sguardi sono perfetti: Toni ha studiato bene il personaggio, senza però cadere nella parodia o nell’effetto “tale e tale spettacolo”. Purtroppo, però, la sua bravura non basta a risollevare un progetto senz’anima, nonostante il titolo.

Conclusioni

Come scritto nella recensione di Sei nell’anima, il film di Cinzia TH Torrini non rende giustizia alla storia della rocker Gianna Nannini, la cui vita spericolata e anticonvenzionale avrebbe meritato una storia molto più complessa, non una fiction Rai travestita da teen drama . La protagonista Letizia Toni, però, è bravissima: un talento da tenere d’occhio.

Perché ci piace

  • L’interpretazione della protagonista Letizia Toni: un talento da tenere d’occhio.

Cosa c’è che non va

  • Scrittura didattica.
  • Il montaggio che riduce tutto a una collezione di figurine.
  • La recitazione non è all’altezza di alcuni personaggi secondari.
  • La fotografia.
  • La pioggia è stata aggiunta digitalmente.
 
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