Bad Boys non è perfetto, ed è per il meglio

Bad Boys non è perfetto, ed è per il meglio
Bad Boys non è perfetto, ed è per il meglio

Bad Boys è su Amazon Prime Video

Pretendere la perfezione da un esordio cinematografico è esagerato e ingiusto, figuriamoci quando l’esordiente è uno come Michael Bay, che di film belli ne ha fatti tanti, ma finora nessuno perfetto (quasi sempre per problemi di scrittura, va detto). E poi l’imperfezione può essere affascinante: tutto dipende dal perché esiste. Cattivi ragazzi è il primo lungometraggio di un uomo che ha iniziato la sua carriera in TV, tra videoclip e pubblicità, e che si è così trovato per la prima volta a dover gestire le classiche due ore anziché pochi minuti: travolto da un evidente entusiasmo con tutto Dopo tutto il tempo a disposizione, Bay decise immediatamente di concentrarsi su quello che sarebbe diventato uno dei suoi marchi di fabbrica: esagerare, rendere le cose più grandi del necessario, senza mai tirarsi indietro di fronte a un’idea esplosiva.

Cattivi ragazzi ed esagerazione

Cattivi ragazzi è innanzitutto un sensazionale biglietto da visita. Fu molto criticato all’epoca, anche dalle penne più famose del giornalismo cinematografico americano, per essere troppo banale e scontato e per aderire pedissequamente ai canoni del genere di riferimento, ma secondo noi quelle recensioni non coglievano completamente il punto. Bay ha fatto spesso riferimento a formule, regole e canoni: ha sempre fatto cinema di genere, che è anche genere perché rispetta la forma e ricerca in essa creatività e invenzione. Cattivi ragazziallora, è una produzione Simpson/Bruckheimer, la stessa di Poliziotto di Beverly Hills, cioè: aspettarsi che si discostasse dagli standard del poliziotto amico era irrealistico, e anche sbagliato. È un film quello vuole essere il classico amico poliziotto, che vuole soddisfare tutte le esigenze: i due protagonisti hanno personalità diverse e quasi opposte eppure in qualche modo si amano e lavorano alla grande; i loro superiori non capiscono e non apprezzano il loro approccio alla professione; c’è una femme fatale; c’è un traffico di droga e un’indagine che deve essere condotta con metodi non convenzionali; eccetera.

Il punto è che tutto questo è visto attraverso la lente di un autore che aveva già le idee chiare su come approcciare certe storie al suo debutto. E cioè, per dirla con le parole di Spinal Tap, alzare il volume a 11. Tutto in Cattivi ragazzi è esagerato, più grande della vitapartendo da Miami, dove è ambientato il film, e passando in rassegna ogni singolo dialogo, anche quelli che non coinvolgono Will Smith e Martin Lawrence. Tutte le sequenze d’azione durano più a lungo della sequenza d’azione media in un buddy cop, e tutti gli scambi tra i protagonisti si trascinano più a lungo di quanto sarebbe logico e misurato: non è un caso che molti di quei dialoghi siano stati improvvisati su esplicita richiesta dello stesso Bay. In un buddy cop ti aspetti sparatorie, esplosioni e inseguimenti in auto: in Cattivi ragazzi ce ne sono più di quanto dovrebbero essere, e più grandi. C’è già, in questo esordio, tutta la filosofia creativa di Michael Bay, che verrà poi declinata in mille modi diversi nei suoi film successivi.

Il dominio di Smith e Lawrence

È un approccio che può anche, e legittimamente, non piacere, perché finisce per distrarre dalla storia e trasformare ogni scena in una scena chiave. Ma è un approccio che i due protagonisti abbracciano per primi senza esitazione, consapevoli di dover farsi notare in uno scenario di esplosioni e proiettili. All’epoca, sia Smith che Lawrence erano ancora “solo” divi televisivi (tanto che le riprese durarono relativamente poco proprio per permettere ai due di rispettare i tempi di Martin e Willy il fresco principe di Bel Air), ed è chiaro, ripensando al film oggi, che lo videro come un’opportunità per mettersi in mostra ed entrare in quello che all’epoca era ancora “il giro che conta”.

Ecco perché hanno accettato volentieri di improvvisare dialoghi e battute, ecco perché non si sono mai tirati indietro, hanno sempre fatto di tutto per superarsi a vicenda e riempire lo schermo con il loro carisma già innegabile. Lowrey e Burnett sono personaggi grandepoiché il cinema di Michael Bay è sempre stato grande in linea di principio. Spesso i loro dialoghi sono al limite dell’incomprensibilità, con frasi troncate a metà e riferimenti ad eventi che solo loro conoscono: può essere addirittura disorientante ritrovarsi di fronte a due personaggi che evidentemente si conoscono molto meglio di quanto potremmo fare noi spettatori. mai fare anche dopo aver trascorso due ore in loro compagnia. Un meticoloso sceneggiatore avrebbe probabilmente riscritto metà dei dialoghi e limato quasi tutte le gag che li coinvolgono; ma Bay non è tipo da usare questi metodi, perché per lui l’impatto conta più del rispetto delle regole, e la spontaneità di chi recita va di pari passo con la sua ossessione per il caos controllato della messa in scena.

Cattivi ragazzi e caos controllato

E a questo proposito: più che per le sue imperfezioni, Cattivi ragazzi si distingue, a posteriori, per il fatto di non essere abbastanza imperfettoNe abbiamo parlato in questo pezzo sopra Cattivi ragazzi II: forse ancora un po’ intimorito dal salto dalla TV al cinema, in questo primo capitolo Bay riesce ancora a trattenersi qua e là. Intendiamoci: visto nel vuoto e senza considerare cosa è venuto dopo, Cattivi ragazzi È un film volgare ben oltre il normale film di amici poliziotti (con la possibile eccezione di Tango e contanti). Ma visto nel confronto con il suo successore è addirittura frenato: c’è sempre l’impressione che Bay faccia tanto, ma che avrebbe voluto fare ancora di più.

Ciò non toglie che, quando si tratta di premere il pedale dell’acceleratore, il film offre sequenze sensazionali per la concezione e la realizzazione. È un embrione di Bayhem, che è ancora abbastanza per renderlo esagerato, sopra le righe e fuori controllo – apparentemente fuori controllo, perché se c’è una cosa che la carriera di Michael Bay ci ha insegnato, è che non importa quante cose accadono sullo schermo, dietro c’è sempre la mano e la mente di qualcuno che sa quello che sta facendo e che abbraccia consapevolmente il caos. Ora immaginate un film del genere riorganizzato e ristrutturato con una buona dose di buon senso e senso delle proporzioni: pensate davvero che sarebbe stato un film migliore?

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