“Presto un’Ucraina libera ed europea” – .

“Presto un’Ucraina libera ed europea” – .
“Presto un’Ucraina libera ed europea” – .

Unendo i punti di un’Europa in campagna elettorale, una delle certezze dei capi di Stato e di governo è quella di insistere su una risposta unitaria in difesa di Kiev: perché a due anni dall’invasione russa arrivano nuovi allarmi, come quello lanciato ieri dal Baltico dal presidente lituano Gitanas Nauseda, che ha ospitato la presidente della Commissione Ue Von der Leyen. “Se non fermiamo Putin in Ucraina, la guerra raggiungerà le case di ogni europeo”.

È un altro spiraglio che spinge i 27 a procedere speditamente con il 14esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, di fronte a un Putin che conferma i preparativi per esercitazioni tattiche nucleari. E a un Macron che continua a non escludere l’invio di truppe, mentre il polacco Tusk parla di soldati-genitori già in campo. I Baltici vogliono colpire i veri nervi dell’economia della Federazione, che finora ha retto al colpo, e per questo Nauseda chiede con forza a Bruxelles di garantire anche l’applicazione delle sanzioni esistenti, con cui la Russia è riuscita a convivere grazie alle ombre di grigio.

Ieri, in occasione della Festa dell’Europa, segnali politici sono arrivati ​​anche dal vertice della Camera europea, Metsola. Atterrando a Kiev, definita la “terra dei coraggiosi”, ha ribadito che l’Ucraina diventerà membro dell’UE, pur ammettendo che l’adesione sarà impegnativa. Il presidente del Consiglio europeo, Michel, intanto ha rassicurato al telefono Zelenskyj, convinto da parte sua che il quadro negoziale sarà adottato entro giugno perché il Cremlino “non può rubare il nostro destino comune”. Una prova di solidarietà, condita da autocritica, per aver sottovalutato la minaccia di Putin. Da Vilnius, von der Leyen ha infatti dato una scossa a chi pensa che l’allerta possa essere allentata: «Per anni la Lituania ha messo in guardia l’Ue dai pericoli della Russia. Dopo il 2014 (anno dell’annessione della Crimea da parte di Mosca, ndr), ci avete detto che Putin non si sarebbe fermato, l’Europa avrebbe dovuto ascoltarla. Ci è voluto troppo tempo per svegliarci, ma oggi l’UE è al vostro fianco contro l’aggressione, e presto un’Ucraina libera farà parte dell’UE”.

Tante voci, che in pratica cadono sulla carta. E danno al resto del mondo l’idea di un continente alle prese con il suo grande handicap, l’incapacità di “condividere” armi e sistemi di difesa, e di coordinare la produzione di munizioni. Non è un caso che Zelenskyj ieri abbia prima di tutto ringraziato il presidente ceco Pavel, e non l’Ue, per aver accelerato la spedizione di 180mila proiettili di artiglieria.

Mentre i Paesi Baltici, Finlandia e Polonia standardizzano i controlli alle frontiere, temendo il peggio. E la tela diplomatica? Affidati ad azioni estemporanee che finora non sono mai decollate.

Michel ha rilanciato ieri l’appello per il vertice di pace del 15-16 giugno in Svizzera, ma il Consiglio europeo dovrà presto formalizzare l’accordo raggiunto tra gli ambasciatori per sostenere militarmente Kiev con un miliardo in più derivante dai profitti extra dei beni russi congelati.

 
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