Giorgio Pietrostefani ha scritto un libro – .

Giorgio Pietrostefani ha scritto un libro – .
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Si intitola “Una vita come un’altra”, si estende per 342 pagine e ha al centro la capitale per l’autore e la sua famiglia: L’Aquila

In modo piuttosto imprevedibile, Giorgio Pietrostefani è vivo, anche se a modo suo, e ha cominciato a scrivere. O, più probabilmente, ha iniziato a pubblicare. Lo aveva fatto in un passato ormai lontano per le edizioni di Jaca Book, su temi disparati (il commercio atlantico, la guerra dei pirati, la geografia della droga…). Da allora deve aver accumulato una massa minacciosa di scritti, e li sta pubblicando, per ora nelle edizioni autopubblicate di Amazon. Ho pensato di segnalarli, anche affinché gli addestratori di coccodrilli, molti dei quali ci sentiamo con il fiato sul collo, si rassegnino ad avere un compito meno frettoloso e pigro del solito.. Il principale, e il più corposo, dei volumi finora pubblicati è una meticolosa, meticolosa autobiografia, dalla nascita (e prima ancora, dagli antenati) all’arrivo a Pisa, all’università e al desiderio di cambiare se stesso e il mondo insieme agli altri. e altri – il periodo che precede quello dopo il quale diciamo con malinconia o con sollievo che il mondo ci ha cambiato, più o meno vero.

Si intitola “Una vita come un’altra”, ha al centro la capitale dell’autore e della sua famiglia, L’Aquila, e si estende per 342 pagine. Offrendo una ricostruzione volutamente dettagliata non solo della propria esistenza esteriore e intima, ma anche dei modi di vivere – di parlare, di vivere, di associarsi con persone e oggetti – di un lungo periodo di tempo ricco di cambiamenti, registrati con un’attenzione imperterrita, quasi medievale, e con una memoria singolarmente esatta, che si tratti di domande scolastiche o di questioni filateliche o di slogan pubblicitari e di vicissitudini dell’abbigliamento. Quando alcune delle persone di cui diresti allegramente: “Lo conosco come le mie tasche” fanno qualcosa del genere, ti capita di renderti conto che non sapevi quasi nulla di lui. Del resto, quelle dell’autore sono propriamente – se non le Confessioni, e c’è fin troppa golosità di un reo confesso Pietrostefani – le memorie di un ottuagenario. (Il grande Ippolito Nievo scrisse i suoi libri quando aveva poco più di venticinque anni, e morì, di ritorno dai Mille, naufrago, annegato e mai più ritrovato, come un migrante di ieri. Senza vederli pubblicati, non non era Amazon).

Gli altri, più veloci, volumi di Pietrostefani sono gialli, ambientati in luoghi esotici e attualissimi, dove in un’altra delle sue vite, quella successiva al desiderio di rivoluzione e precedente all’inquieta vita di imputato ed evaso, aveva viaggiato come manager d’azienda per stringere e concludere accordi e incontrare una congerie di personaggi pittoreschi. Aderenti al genere, le storie hanno un protagonista fisso, “l’ingegner Perrone”, un po’ disorientato e un po’ a suo agio in una vita inevitabilmente avventurosa. La storia che ho tra le mani si intitola “Il Passaporto” ed è ambientata a Sanaa e nel resto dello Yemen.

Ecco: questo in breve. Aggiorna i coccodrilli.

 
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