Il revisionismo storico in India e l’ascesa del fondamentalismo indù nei libri scolastici – .

Il revisionismo storico in India e l’ascesa del fondamentalismo indù nei libri scolastici – .
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Il Consiglio nazionale indiano per l’istruzione e la ricerca (NCERT) ha recentemente modificato i riferimenti alla demolizione della Babri Masjid di Ayodhya in un libro di testo di una scuola secondaria, dando invece priorità al movimento che ha portato alla sua distruzione. La moschea, costruita nel XVI secolo per il primo imperatore Moghul, Babur, fu rasa al suolo nel 1992 da una folla di fanatici indù: un atto di vandalismo politico-religioso che segna uno dei punti cruciali della recente storia indiana e che scatenarono violenze settarie su larga scala. Sul suo sito web, NCERT ha affermato che la lezione è stata “aggiornata in base agli ultimi sviluppi politici”.

Cambiare e sfruttare la storia non è una tendenza nuova in India, ma ha acquisito nuovo vigore con la destra indù al governo. Già l’anno scorso lo stesso ente, preposto alla pubblicazione dei libri di testo scolastici, aveva infatti rimosso parti del capitolo dedicato alla storia Moghul dai libri di testo delle scuole superiori. Un revisionismo storico volto a cancellare le tracce della pluralità religiosa e culturale della storia indiana per dare spazio a una narrazione indù-centrica che dipinge i Moghul come invasori ed è funzionale al maggioritarismo del Bharatiya Janata Party (BJP) e all’alienazione dei la minoranza musulmana.

È noto che i libri di storia scolastici sono un campo di battaglia e un’arma nelle mani dei nazionalismi – dalla Russia all’ex Jugoslavia, dalla Cina al Medio Oriente – poiché contribuiscono in modo sostanziale all’educazione del cittadino e della sua coscienza. La questione principale del revisionismo storico, sia di destra che di sinistra, è la costruzione e definizione di un’identità nazionale, come sostiene Giuliano Procacci, storico, politologo e autore del libro “Carte d’identità. Revisionismo, nazionalismo e fondamentalismo nei manuali di storia”.

Il contesto indiano, secondo Procacci, “rappresenta un terreno culturale particolarmente favorevole all’emergere di ideologie fondamentaliste contrapposte e di interpretazioni e ricostruzioni della storia”. A partire dagli anni 80, con il progressivo declino del comando del partito del Congresso – che ha guidato la lotta per l’indipendenza e governato l’India per gran parte della sua storia repubblicana – la connotazione laica e plurale della società indiana è stata messa in discussione anche per mano del Rashtriya swayamsevak sangh (RSS ), partito politico-militare formazione che rappresenta la matrice ideologica del BJP, che in quegli anni cominciò a catalizzare consensi crescenti.

L’RSS, organizzazione di volontariato fondata negli anni ’20 liberamente ispirata alle politiche razziste e naziste europee, nelle cui fila premier Narendra Modi individua nei valori dell’induismo e nella sua opposizione all’islamismo il carattere principale dell’identità indiana: per loro l’India non è altro che la “terra degli indù”. È su queste premesse che si avvia la battaglia politico-ideologica diHindutva, Fondamentalismo indù che ha avuto un ruolo decisivo nel movimento per la ricostruzione del tempio di Ram, che ha portato alla demolizione della moschea di Ayodhya nel 1992.

La nuova edizione del libro di testo fa riferimento anche al verdetto della Corte Suprema del 2019 sulla controversia di Ayodhya come “uno dei cinque recenti sviluppi chiave nella politica indiana”. Il tribunale, pur ritenendo illegale la demolizione della moschea, ha dato il via libera alla costruzione del tempio di Ram, inaugurato da Modi sulle ceneri della Babri Masjid il 22 gennaio. Secondo gli indù, la moschea sarebbe stata costruita nel luogo dove nacque il dio Ram, una delle principali divinità dell’induismo, prendendo il posto di un antico tempio a lui dedicato distrutto dai Moghul, di cui però esiste nessuna prova storica. “La sua demolizione non fu quindi un atto vandalico, ma di riparazione”, scrive Procacci.

L’emergere del revisionismo storico in India va di pari passo con l’ascesa del fondamentalismo indù e si basa sul principio che la tradizione vedica è l’elemento fondante dell’identità storica del Paese. L’Hindutva fa riferimento ad una storia collettiva che affonda le sue radici in un passato glorioso e mitologico, sottolineando il conflitto con l’“invasore musulmano” e anelando ad una restaurazione della nazione indiana “originaria” che possa riparare l’umiliazione subita durante la prima dominazione Moghul e poi britannico. Con il consolidamento del potere del BJP e della sua campagna identitaria, già negli anni Novanta, riscrivere la storia del Paese è diventata una priorità politica.

Una volta al potere, il BJP si occupò dell’epurazione di accademici e studiosi dai vertici degli istituti nazionali che si occupano di istruzione, ricerca, archeologia e storia e della “razionalizzazione” -o “zafferonizzazione”, dal color zafferano dell’induismo- libri di testo di storia. Storici di spicco, etichettati come “di sinistra” e antinazionali, divennero il bersaglio di campagne diffamatorie. Nel 2001, la coalizione guidata dal BJP si mosse per modificare i libri di storia perché alcuni passaggi “offesero la sensibilità di alcuni gruppi religiosi e di caste”, tra cui – tanto per citarne uno – il testo di storia antica per le scuole superiori di Romila Thapar , scrittrice e professoressa di scienze antiche. storia alla Jawaharlal Nehru University di Nuova Delhi, cancellando passaggi sul consumo di carne bovina e sulla creazione del sistema delle caste.

L’obiettivo, oggi come allora, era piegare la storia ad una versione più in lineaHindutva. “Uno dei tratti distintivi del revisionismo in una prospettiva etnica e nazionalista consiste nella ricerca delle origini più remote possibili”, sempre secondo Procacci. Uno dei temi ricorrenti della retorica revisionista del fondamentalismo indù è quello delle origini indigene degli Ariani, la cui civiltà viene fatta risalire al 5000 a.C. – anziché al II millennio a.C. – coincidendo quindi con quella fiorita nella valle dell’Indo. Tra le revisioni appena approvate dall’NCERT, un capitolo del libro di storia del liceo mette in discussione la teoria della migrazione degli ariani, sostenendo invece che si tratti di un popolo indigeno della Valle.

La modifica, in contrasto con la storiografia dominante che vede gli Ariani di origine indoeuropea, emigrati nell’attuale India dal Nord-Ovest, evidenzia la “continuità ininterrotta” della civiltà vedica dell’Indo. “La distruzione dei templi e la questione delle origini indigene degli ariani sono quindi due assi nella manica dei paladini del revisionismo fondamentalista”, scrive ancora Procacci. Una tendenza alla strumentalizzazione della storia che, dopo dieci anni di governo indiano guidato dal BJP, sembra aver trovato nuovo slancio, complice il sostegno che media, autorità e una schiera di sedicenti storici danno a queste tesi.

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