La ‘ndrangheta a Milano, i rituali svelati dal boss e il “misterioso” libro delle regole. «Non ricordo dov’è, è nascosto»

La ‘ndrangheta a Milano, i rituali svelati dal boss e il “misterioso” libro delle regole. «Non ricordo dov’è, è nascosto»
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MILANO “…UN Gamba di cavallo romanodove è costituita la società con cui devi sederti cinque ramoscelli nella mano destra e con cinque nella mano sinistra con parole di silenzio si forma questa onorata società!». «…costituisce la società della montagna invisibile d’oro e d’argento con a capo la società del boss ‘ndrina… sapete chi è? È nel nome della nostra Santissima Annunziata, l’azienda…”. Frasi, parole e formule apparentemente senza senso, di riti arcaici, fondamenti di una ‘Ndrangheta che sembra lontanissima nel tempo. È riemerso, però, in un dialogo che gli investigatori della Circoscrizione antimafia di Milano sono riusciti a intercettare, offrendo un’eccezionale occasione investigativa.

A formularlo è Salvatore Giacobbe, volto “storico” dell’Ndrina milanese al centro della recente indagine che, su ordine del gip, ha portato all’arresto di 14 soggetti. È il 16 febbraio 2020 e il presunto capo è – come sempre – a casa “Caffè Baldassarre” quando spiega a Giovanni Caridi, altro indagato delle indagini, «formule e rituali», scrive il gip nell’ordinanza ma viene a sapere anche della recente scarcerazione di Mimmo Paviglianiti. «Esce anche Mimmo Paviglianiti!» dice allora uno dei presenti. «E poi Santi mi ha detto ah! Perché Livio non è passato affatto!» Giacobbe risponde: «ma è laggiù? O qui? Come suo fratello? chiede allora. “Bravo ragazzo! Sono felice che sia fuori!’ Poi l’uomo gli spiega ancora: «Santo mi ha detto “Tonino, quando vuoi venire, vieni con Mimmo, lui sa dov’è…” “Possiamo andare da Santo e poi con Santo a salutarci… mi sembra brutto lasciarmi andare a mani vuote…”.

Come riferisce il gip nell’ordinanza, per “Mimmo” è da intendersi Domenico Paviglianiti, «boss multiomicida legato alla cosca De Stefano che, quando fu estradato dalla Spagna, quest’ultima chiese di non condannarlo poiché a quel tempo il paese non prevedeva l’ergastolo”. Nel gruppo continuano a discutere vari fatti, tutti riportati nell’ordinanza firmata dal gip: parlano di un bar a Gioia Tauro, una stradina che passa proprio davanti alla casa di proprietà di Salvatore Giacobbe. Ma quest’ultimo «recita all’improvviso un rito della ‘ndrangheta», nota il gip, divertire i presenti in un certo modo. «(…) li conosce tutti!» dice Caridi «(…) sì, ma queste sono cose vecchie che sai! Da tenerli a mente…e poi ce ne sono eh! Molto!”. Ma Giacobbe non si ferma: «(…) costituisce la società della montagna invisibile d’oro e d’argento con a capo la società del boss ‘ndrina… sai chi è?» chiede, «è nel nome della nostra Santissima Annunziata, la società». È ancora: “(…) quando formano “gli stiddi”… quando formano i vertici della ‘Ndrangheta… si dividono i paesi… quando le formano formano tutte le punte… le chiamano ‘ndrine… è ancora così!”. A questo punto Caridi si incuriosisce: «Il “picciotto” è il primo passo, no?» e gli fa eco Giacobbe: «uomo d’onore è colui che non era figlio di un mascalzone… suo padre era un mascalzone e anche suo nonno era un mascalzone… era un “Contrasto”…».


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Come riferisce ancora il gip nell’ordinanza, lo slancio di Giacobbe non si ferma e, anzi, continua a recitare un altro rito ‘ndranghetista. «…mi taglierei il cuore, non so come parlare, dei nostri sogni lontani… e tu lo sai… il nostro compagno di sangue… si diceva che… la cosa si fosse oscurata, giusto? Come una carta!”. E ancora: «… davanti a me guarda cosa ho trovato in questo posto… da bambino, ma guarda le cose… poi il Tribunale decide e gli dà 15 giorni, 20 giorni, un mese…». Durante la conversazione Jacob quasi si giustifica per aver dimenticato alcuni passaggi e, soprattutto, parla di una sorta di “libro”. «… io adesso perché non sono più allenato ma adesso appena l’allenamento mi entra in testa… Non ricordo dov’è… è nascosto… l’ho dato a Enzo… che lo aveva nascosto… non ricordo… ha il posto lui”. E ancora: «… poi tutte le regole che… le regole che avevo… che conoscevo e che man mano nel corso della mia vita hanno raccontato anche altri…». A proposito del libro misterioso, evidentemente al suo interno ci sono una serie di riti e “regole” della ‘Ndrangheta perché, come riporta nell’ordinanza il gip, Caridi dice: «…lo leggo e poi lo nascondo…e poi ve lo restituisco…» e Giacobbe risponde ancora: «Ti spiega anche come… ma per ogni cosa c’è qualcosa… quando ti alzi dalla sedia, quando non ti alzi, quando entri sì! Poi magari qualcuno si conosce di sicuro… va bene… ma ogni tanto si chiedono di entrare, di non entrare…”.

Per il gip, quindi, la conversazione intercettata «non contiene solo affermazioni autoincriminanti, ma vale per la sua assoluta chiarezza nel delineare più che la natura, ciò che si potrebbe definire la stessa “essenza” mafiosa del gruppo». Da quanto emerso, infatti, non si tratta di «un gruppo di calabresi trasferiti al nord che, nella criminalità, vogliono semplicemente emulare o scimmiottare atteggiamenti e metodi dei boss della loro patria» nota il gip in l’ordine, ma è una questione di soggetti che «hanno interiorizzato e condiviso culturalmente tutto quel nucleo di regole e rituali della ‘Ndrangheta più profonda e tradizionale» il che costituisce la base stessa su cui i Jacob «hanno solidamente costruito – e soprattutto mantenuto – sia le gerarchie interne alla propria struttura criminale sia, e non secondariamente, i rapporti e le gerarchie “esterne” con altri gruppi criminali». ([email protected])

 
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