“Donna libera e artista, con un’impronta siciliana nei suoi libri” – www.anci.it – .

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“Goliarda Sapienza, una figura complessa ignorata da pubblico e critica”. Così fa lo scrittore Dacia Maraini in occasione del centenario della nascita di Goliarda Sapienza (10 maggio 1924), una delle scrittrici più significative della letteratura italiana del Novecento.
La sua esistenza è fuori dagli schemi: nata nel quartiere catanese di Santa Berillola madre Maria Giudice, pioniera del femminismo e prima donna direttrice della Camera del Lavoro di Torino, il padre Peppino Sapienza, militante socialista che le impedì di frequentare la scuola per evitare influenze fasciste.
“L’ho conosciuta a Roma, forse trent’anni fa – ricorda Maraini – per tanti anni compagna del regista Citto Maselli, brava attrice di cinema e teatro, ma credo che avesse bisogno di fare i conti con la sua terra natale, la Sicilia”.
Che è la chiave per leggere il libro Lettera aperta? “Racconta la storia della sua infanzia e adolescenza, della madre sindacalista, del padre appartenente al vecchio mondo siciliano, una famiglia anticonformista come poche – precisa la scrittrice – di una ragazza presa tra le spine e il difficile rapporto con la sua isola da che è scappata da Street”. Il libro fu pubblicato nel ’67, anno in cui Goliarda cominciò a scrivere L’arte della gioia, il suo capolavoro postumo, un racconto di vita durato quasi vent’anni, pagine tra fogli e quaderni, tra le mani una sigaretta e un quaderno in cui scrivere eventi di vita privata che non si vuole perdere, appunti di vita, incontri, riflessioni , un’abitudine, un vizio di cui non poteva fare a meno.
Una scrittrice unica e originale anche nel nome: “Goliardo significa gioia, Saggezza, invece, è una donna riflessiva, saggia e con una cultura profonda. Sono aspetti discordanti, ma è proprio questa la forza del suo carattere, di una personalità stravagante.
L’Italia – precisa – non è un Paese per talenti, non valorizza le competenze, soprattutto quelle femminili. Goliarda, forse perché siciliana, fu poco apprezzata dalla critica, ricevette il giusto riconoscimento prima in Francia, poi in altri Paesi, e solo successivamente in Italia”.
Internata in manicomio e sottoposta ad elettroshock, in seguito a tentati suicidi, finì in carcere con l’accusa di furto. “Volevo andare in prigione – Egli ha detto – Ero diventato troppo borghese, fragile. Troppo lavoro intellettuale, troppi cavilli. A Rebibbia sono rinato, per certi aspetti ho rivissuto la mia infanzia”.
I libri scritti da Goliarda, come classificarli? “Sono tra i classici italiani – conclude Maraini – vale la pena leggerli e rileggerli, per capirli e soprattutto apprezzarli”.

 
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