“Per la tua Spezia, amata città di cui sei stato benefattore” – .

Una folla immensa riunitasi nella Chiesa Abbaziale di Santa Maria Assunta ha dato l’estremo saluto Francesco Vaccarone. Questa mattina parenti, amici, conoscenti, di oggi e di ieri, si sono riuniti in piazza Beverini per un rito collettivo che, per la verità, era già iniziato ieri nella camera ardente allestita al Camec. Proprio quel museo che Vaccarone aveva visto nascere sulle ceneri dell’ex Tribunale e dove nel 2012 aveva allestito la mostra antologica di cui era fiero e innumerevoli laboratori per bambini e ragazzi che lo hanno coinvolto con la sua proverbiale disponibilità e quella voglia di scambio generazionale che lo ha accompagnato per tutta la vita, prima come giovane pittore sulle orme dei suoi maestri poi come chioccia e memoria culturale del territorio, un’abitudine intellettuale che lo ha portato ad aprire generosamente il suo studio a tutti coloro che volevano comprendere e capire. Un uomo, non una figura o un personaggio, conosciuto da tutti e che conosceva tutti, anche grazie a quello spirito esplorativo e curioso che è tipico dei grandi, quelli capaci di uscire dai confini comodi della propria posizione e donarsi al mondo con una sensazione sempre nuova. Pochi in questa città hanno saputo farlo come ha fatto lui e non a casa tanti, tanti, non hanno voluto mancare l’ultimo saluto.

Una folla come poche altre occasioni. È stata una funzione molto partecipata, celebrata da don Ivo Corniglia, coadiuvato da Mosignor Piercarlo Mendinelli e don Luca Palei, impreziosita dai vari interventi che si sono susseguiti, davanti ad un pubblico commosso e partecipe. In prima fila la moglie Gabriella con i figli Alessandra e Leonardo, circondati da centinaia di amici e naturalmente dalle più alte cariche cittadine e da tante persone provenienti da fuori provincia. Tutti, di qualunque estrazione sociale e politica, stretti in un unico grande abbraccio: anche questo, sapersi collocare al di sopra dei partiti senza mai abdicare ad un pensiero critico e chiaro ma mai dogmatico, era Francesco Vaccarone. Quella franchezza che abbatte i muri e crea ponti di inclusione, di parole, di sentimenti, che riempie una chiesa nonostante l’ateismo che lo ha accompagnato per tutta la vita. “Francesco Vaccarone ha terminato il suo cammino terreno, ma è un artista: le sue opere, che hanno fatto il giro del mondo, sostando anche in prestigiosi spazi pubblici e privati, continueranno a donarci bellezza, armonia, motivi di riflessione – il messaggio del Associazione Aidea di cui Gabriella Peroni, moglie di Vaccarone, è l’instancabile presidente -. Celebrato l’ultimo – si pensi al ciclo dedicato ai senzatetto – ha “condiviso”, attraverso i suoi dipinti, la solidarietà verso chi era stato colpito dalla sventura dei disastri ambientali. Ci ha permesso di vivere nella sua Liguria di Levante e nella bellissima Sicilia, terra delle sue origini. “Camminava”, attraverso i suoi strumenti, con la poesia, la musica, la letteratura, con ogni aspetto di quella cultura di cui lui stesso era portatore. Tutta la sua arte lo renderà sempre presente tra noi. Ci mancherà però la sua generosità di uomo e di artista, la sua disponibilità, ci mancherà la sua ironia, ci mancherà le sue provocazioni che hanno reso più vivo e attivo il tessuto politico, sociale e culturale della nostra città e non solo. Ci mancherà il suo spirito di uomo libero, senza pregiudizi, come i regali gabbiani raffigurati nei suoi quadri. Tutti noi, volontari, collaboratori e docenti dell’Associazione AIDEA, vi salutiamo e vi ringraziamo”.

Sul pulpito anche un commosso Valerio Paolo Cremolini, intellettuale e critico d’arte, ma soprattutto grande amico di Vaccarone: “Che emozione, caro fratello… mi hai chiamato così. La città che ami è unita nel dolore, con in mente Gabriella che con te ha festeggiato 60 anni di matrimonio. Ti esprimo gratitudine per aver condiviso la bellezza della tua pittura, per avermi fatto sognare, avvicinandomi al calore e anche al crudo realismo di molte tue opere”. Inevitabilmente Cremolini torna sull’ultimo periodo doloroso in cui la malattia ha fatto il suo corso: “Non hai mai trasmesso disperazione, mi hai detto che godevi della protezione della tua famiglia, degli infermieri, dei medici, dei numerosi amici. Credo che il silenzio che ti ha attanagliato negli ultimi giorni della tua vita abbia inondato di affetto ciascuno di noi. Tu hai amato la vita, ogni esistenza terrena e nel disegno di Dio la morte si propone come un passaggio con cui tutti non vorremmo misurarci. Vaccarone ha dimostrato la sua intelligenza e la sua cultura inclusiva”. Un ultimo rispettoso aneddoto con cui Cremolini, prima di citare Borges, si congeda, tra gli applausi di tutta la chiesa: “A proposito di fede e ragione, una domenica di Quaresima mi trovavo nella chiesa di Sant’Agostino e ricevetti una telefonata da lui . Non ho saputo rispondere e quando sono uscito l’ho chiamato dicendogli che lo avevo sentito al mio fianco durante la messa. Mi chiese in quell’occasione quale Vangelo fosse. Era il Vangelo di Giovanni, parlava d’amore. Francesco ha parlato ancora e mi ha regalato un aforisma di Schopenhauer: ama il tuo prossimo che sei te stesso. Una conversazione indimenticabile.”

Aprile generico 2024

Diana Brusacà, magistrato e presidente del Tribunale della Spezia, era una grande amica di Francesco: “Non siamo ancora pronti, per questo ne parlerò al presente – esordisce -. Ci siamo preparati in questi mesi ma niente e nessuno è riuscito a renderci pronti al saluto. Il 28 dicembre abbiamo ricevuto quella telefonata che ci ha cambiato la vita: Francesco, con la sua proverbiale imprudenza, ci aveva abituato alla sua immortalità. È stata la speranza a farci intravedere il futuro perché Francesco è sempre stato ed è un uomo del futuro. Mai chiuso in se stesso, era ed è invece un uomo dallo sguardo brillante che guarda agli altri e al domani, immerso in un continente immaginifico libero dalle sue tristezze e dai suoi rimpianti. In lui sono intrise benevolenza e compassione… sempre dalla parte dell’interlocutore, mai giudicato ma accarezzato dolcemente. Nella moglie, nei figli, nei nipoti, aveva i suoi punti di riferimento, il suo vero nucleo, di cui ci parla spesso e che oggi anche noi sentiamo un po’ come la nostra famiglia. Sei stato imprudente a lasciarci così delusi e stupiti. Poi cita Vecchioni. “Ma non venire a dirmi di lasciar stare adesso o che la lotta deve continuare, perché se questa storia fosse per me una canzone con un finale, tu non te ne andresti”. Per la tua Spezia, amata città di cui sei stato benefattore. Come un ponte invisibile che ci porta in salvo”. Infine, una citazione che tutti quelli che lo hanno conosciuto comprendono senza bisogno di spiegazioni: “Perché i tuoi giorni saranno uno buono e l’altro migliore. Continui ad amarci.

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E se Egidio Di Spigna ricordava sapientemente i simboli cari al Maestro (“Stamattina non ho visto gabbiani in cielo”, così inizia il suo ricordo), Silvia Arfaioli ha voluto leggere una sua poesia mentre Paolo Asti, che con Francesco Vaccarone condivideva lavoro e amicizia, passione per l’arte, ragionamenti sulla città di un tempo e oggi, Vaccarone artista parlava attraverso l’uomo quotidiano: “Spesso tendiamo a identificare l’opera nel risultato dell’artista, intendo nei suoi quadri, in nella sua musica, nei suoi testi, ma il vero lavoro di un artista è un modo di stare al mondo. Questo è ciò che fa diventare un artista un maestro. Caro Francesco, hai saputo dimostrarci tutto questo conquistandoci e permettendoci di essere tuoi amici. Abbiamo avuto la fortuna, ho avuto la fortuna, di conoscere il fiume che scorreva nella tua anima, di conoscerne l’impeto e la grazia, la saggezza e l’ironia, con cui sapevi raccontarci, attraverso i tuoi cicli pittorici, ciò che accadeva intorno a te. a noi. Non lontano da qui, a Noceto, si trova un grande bassorilievo in marmo, un’opera che esprime il vero senso dell’arte pubblica, dedicato a Giovanni Paolo Secondo dal titolo “L’umano nel divino, il divino nell’umano” che, in la trasfigurazione della figura del Santo Padre fino a divenire forme, esprime il concetto di ciò che è eterno grazie al suo divenire…”.

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E ancora: “Caro Francesco, non c’è dubbio che tutto questo tu l’abbia ottenuto grazie al tuo talento, ma non ti bastava. Grazie al tuo modo di essere artista hai portato l’arte contemporanea a un gran numero di persone che, grazie a te, hanno iniziato ad amarla e a volerla conoscere meglio per apprezzarla. Le tue opere, nelle nostre case, costituiscono un’intensa galleria d’arte. Ogni tuo dipinto è come un fotogramma che, unito agli altri, racconta il film della tua e della nostra vita. Con i laboratori a cui centinaia di bambini, forse migliaia, hanno partecipato negli anni, avete seminato nelle nuove generazioni il senso di armonia delle forme e dei colori frutto della loro creatività, tanto da farli diventare il loro patrimonio da adulti. Oggi eccoci qui a ricordarci che tutto avviene in modo casuale e che nulla dura senza trasformarsi ma, come scriveva Rodolfo Wilcock, questo non ci impedisce di fare un disegno su un vetro appannato, né di cantare qualche semplice nota quando siamo felici; può darsi che il disegno sia un bel disegno e che anche la canzone sia bella, ma questo di certo non ha importanza, basta che ci piacciano. Un giorno moriremo, ma non importa perché, come te, chi ci ha amato se ne renderà conto”.

 
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