Basilicata tra le locomotive d’Italia – .

Nonostante il triennio di pandemia, la Basilicata è al quinto posto per aumento dell’occupazione, con settemila lavoratori in più in quattro anni. Power Exploit con l’incremento di 5.800 unità


“È un momento particolarmente positivo per il nostro mercato del lavoro. Sia per il record storico degli occupati, sia per l’aumento del numero di coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato e, infine, anche per l’aumento, soprattutto nell’ultimo anno, del personale con elevati livelli di qualificazione”. Lo rivela l’ufficio studi dell’ Cgia – Associazione degli artigiani e delle piccole e medie imprese di Mestre – aggiungendo che 8 addetti su 10 hanno un lavoro a tempo indeterminato, aggiungendo che “negli ultimi anni a livello territoriale, le regioni del Sud hanno registrato gli incrementi occupazionali più significativi”.

LA BASILICATA E IL BOOM OCCUPATI

In questo senso anche la Basilicata ha fatto la sua parte, registrando – rispetto al periodo pre-Covid del 2019 – un aumento del 3,5 per cento pari a un aumento di settemila lavoratori. Un dato che colloca la regione al quinto posto in Italia tra quelle che hanno realizzato l’incremento percentuale più significativo nel Paese. A livello provinciale, Potenza ha registrato un vero e proprio boom, con una percentuale positiva del 4,9, pari a 5.800 unità lavorative in più rispetto al 2019. Più contenuto il contributo della provincia di Matera, che ha registrato l’1,1 per cento in più, pari ad un aumento di 800 unità lavorative. unità.

OCCUPATI, NON SOLO BASILICATA: LE ALTRE REGIONI E PROVINCE

Rispetto al 2019, la Puglia ha registrato un notevole aumento del 6,3% (più 77mila unità), seguita da Liguria e Sicilia entrambe con +5,2% (la prima con più 31mila unità e la seconda con +69mila) e Campania con +3,6 per cento (più 58mila unità) precedono la Basilicata nella speciale classifica.

A livello provinciale, invece, è Lecce con il 16,5% (+36.500 unità) ad aver ottenuto l’incremento percentuale maggiore. Seguono Benevento con +12,4% (+10mila unità), Enna con +11,2% (+4.800 unità), Frosinone con +10,9% (+16.600 unità) e Ragusa con +9,4% (+10mila unità). Non tutto il Mezzogiorno, però, ha potuto contare su risultati positivi. Tra gli ultimi posti nella graduatoria provinciale ci sono in particolare il Sud Sardegna e Siracusa dove la contrazione occupazionale per entrambe è stata di meno 4,3 per cento (la prima con meno 4.900 unità e la seconda con -5mila), Caltanissetta con -5,2% (- 3.400 unità), Sassari con -6,8% (-12.600 unità) e, infine, chiude la classifica la provincia marchigiana di Fermo con -7,9% (-6mila unità).

In ogni caso, nel 2023, spiega l’Associazione degli artigiani e delle piccole e medie imprese di Mestre, “il numero degli occupati in Italia ha raggiunto 23,6 milioni di unità, 471mila in più rispetto al periodo pre-Covid, di cui 213mila hanno interessato il Sud che è stata la ripartizione geografica che ha registrato l’incremento percentuale più elevato del Paese (più 3,5%). E le previsioni ci dicono anche che lo stock complessivo di occupati è destinato a crescere ulteriormente, raggiungendo i 24 milioni di lavoratori entro il 2025”.

CONTRATTI E PERSONALE

Anche lo scorso anno, prosegue la CGIA, “abbiamo raggiunto un’incidenza dell’84 per cento di chi ha un contratto di lavoro a tempo determinato (15,57 milioni su 18,54 milioni) sul totale dei dipendenti. Se confrontiamo il numero dei lavoratori nel 2023 con un posto di lavoro a tempo indeterminato con gli stessi dati del periodo pre-pandemia, l’aumento è stato di 742mila unità (più 5%). È sempre più richiesto personale qualificato. Infine, il numero dei lavoratori altamente specializzati/qualificati è aumentato nell’ultimo anno del 5,8 per cento (oltre 464mila), pari al 96,5 per cento dei nuovi posti di lavoro creati nel 2023; mentre rispetto al 2019 la variazione resta positiva (+2,3 per cento), ma più contenuta rispetto all’anno precedente (+192 mila) con un’incidenza del 40,7 per cento sui nuovi posti di lavoro creati negli ultimi quattro anni”.

CRITICITÀ

Ma la CGIA sottolinea anche che permangono ancora molte criticità: “Nonostante possiamo contare su questi risultati di notevole importanza, ci sono ancora alcune criticità che facciamo fatica a superare. Il principale – spiega l’associazione di Mestre – resta il basso tasso di occupazione; tra i 20 Paesi dell’Area Euro, l’Italia è il fanalino di coda con un “misero” 61,5%, contro una media dell’Eurozona del 70,1%. Non va trascurato anche il trend registrato dai lavoratori autonomi – aggiunge la CGIA -; rispetto al 2019 sono diminuiti di 223mila unità (meno 4,2%), nonostante nell’ultimo anno si sia registrato un lieve segnale di ripresa di oltre 62mila unità, con una percentuale positiva dell’1,3%”.

 
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