“L’università giovane e aperta è pronta per le sfide del futuro” – .

“L’università giovane e aperta è pronta per le sfide del futuro” – .
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La sua carriera accademica nella città in cui è cresciuto è iniziata nel 2000, lo stesso anno della nascita della Fondazione Comunità Novarese. Davide Maggi è professore ordinario di Economia Aziendale all’Università del Piemonte Orientale e dal 2021 presiede l’ente filantropico che ha compiuto 24 anni.

Come si è evoluto il rapporto tra la città e Fcn?

«Come intermediario che fornisce risorse, nel tempo l’organizzazione si è affermata anche come promotrice di idee. Raccoglie proposte e promuove iniziative. È un attore prezioso perché è un punto di riferimento super partes per l’intera comunità. Si è instaurato così un rapporto di fiducia solido e imprescindibile con i cittadini, le imprese e tutti gli stakeholder”.

E che dire del rapporto tra città e università?

«Prima dell’apertura dell’Università si avvertiva l’esigenza di istituire un secondo polo piemontese oltre a quello di Torino. All’epoca a Novara molti giovani non potevano permettersi gli studi universitari per motivi economici, mentre oggi possono. Il confronto non è distruttivo per l’una o l’altra realtà, ma stimola entrambe a crescere. È una competizione collaborativa. All’Upo si percepisce un ambiente giovane perché giovani sono anche i suoi insegnanti. Questo approccio promuove la flessibilità e l’apertura al cambiamento rispetto al metodo delle università piuttosto lente. Qui nascono le sfide e i dati sulle prospettive occupazionali sono positivi. I genitori che da bambini hanno dovuto frequentare l’università altrove a causa della mancanza di opportunità, ora sono orgogliosi di iscrivere i propri figli all’UPO. Non mi sorprende l’aumento del numero delle matricole”.

Ma Novara è una città universitaria?

«È sulla buona strada per diventarlo. Segnali positivi sono il completamento del campus Perrone e il via libera ad altri progetti per la realizzazione di nuovi posti letto come la riqualificazione dell’ex centro sociale. Ce lo insegna l’esperienza di Pavia, di dimensioni simili. La sua identità si fonda sulla creazione degli storici collegi Ghisleri e Borromeo. Anche qui occorre creare le condizioni affinché i ragazzi possano vivere appieno il contesto in cui studiano e non solo durante gli orari delle lezioni. Così facciamo il salto di qualità”.

Sempre a questo proposito, ci sono sufficienti spazi di aggregazione sul territorio?

«Distinguerei tra spazi e luoghi. Gli spazi non mancano, ma di per sé sono contenitori vuoti. Per valorizzarli occorre attribuirgli un significato. Su questo dobbiamo intervenire”.

Qualche modello da seguire?

«Spazio Nòva e il centro di Piazza Donatello sono due esperienze virtuose. Anche la falegnameria sociale Fadabrav ha sviluppato un percorso significativo”.

Qual è stato il luogo simbolo della tua giovinezza?

«L’oratorio del Sacro Cuore con i frati francescani. Ricordo con particolare affetto Padre Candido, che incontro ancora oggi a San Nazzaro della Costa. È un appassionato di fotografia e ha allestito una sala per sviluppare e stampare immagini in bianco e nero e a colori. C’era la biblioteca dei ragazzi e l’aula della musica, un progetto artistico che ha coinvolto tanti ragazzi. Ho cominciato a suonare l’organo accompagnando il coro”.

Come rilanciare gli altoparlanti?

«Servono progetti e risorse. Fondazione Cariplo ha appena annunciato il bando “Porte Aperte” che offre contributi proprio su questo fronte nei territori in cui operano le Fondazioni di comunità. È ovvio, però, che il tessuto sociale debba prendere parte attiva con i suoi educatori e volontari, anima di questi luoghi. Noi stessi, come Fondazione, siamo impegnati a ricucire i rapporti con le diocesi e le unità pastorali”.

Sogniamo la rigenerazione, ma soprattutto con la logistica si consumano nuovi terreni. È possibile una via di mezzo?

«Sì, se coinvolgiamo operatori economici interessati a promuovere iniziative di riuso. Ci sono valide realtà sul territorio che promuovono questa idea come “Riutilizziamo l’Italia”, in cui crede Fondazione Cariplo. Le caserme, ad esempio, offrono un grande potenziale. C’è però una cosa che proprio non capisco: perché a Novara il settore dell’ospitalità non si sviluppa? Ne parlo spesso, con persone di diverse competenze, ma non ho mai ricevuto una risposta convincente. Eppure la richiesta ci sarebbe, non solo nei periodi di punta come quello del Salone del Mobile. È curioso notare che, a parte qualche iniziativa imprenditoriale, nessuna grande catena ha investito qui”.

Vedete la necessità in prima persona?

«Sì, all’università. Quando ospitiamo convegni, anche internazionali, capita che gli ospiti mi chiedano dove possono andare a dormire. Spesso sono costretti a prenotare una stanza a Milano, dove i prezzi sono più alti, perché qui non trovano posto. Non dimentichiamo che a Rho Fiera si sta sviluppando l’enorme centro ricerche. Novara è a soli 20 minuti di treno e può beneficiare di questo investimento”.

 
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