MESSINA – Senza reddito di cittadinanza. Senza un indirizzo nazionale nelle politiche sociali che affronti il disagio in modo organico. Da mesi Comuni e centri per l’impiego si trovano a fronteggiare nuove emergenze dovute alle recenti scelte del governo Meloni. In questo periodo 1500 persone a Messina e altre 4mila in provincia attendono l’attivazione di percorsi di sostegno alla formazione e al lavoro. Corsi che prevedono un’indennità di 350 euro mensili per un massimo di un anno, non rinnovabile. Ma si attende ancora la pubblicazione dei decreti attuativi da parte della Regione Siciliana.
Ad attendere la ripartenza sono i disoccupati e coloro che beneficiano del reddito di inclusione. Cittadini con ISEE non superiore a 6000 euro, di età compresa tra 18 e 59 anni. Una volta fatto il primo colloquio e accettata la domanda, chi partecipa al corso ha ricevuto solo il primo pagamento, in attesa dell’inizio.
Se il punto debole della misura legata al reddito di cittadinanza era quello legato all’inserimento lavorativo, oggi emergono ancora tutte le carenze nazionali e regionali nelle politiche sociali e occupazionali. E in più è stato tolto uno strumento, quello del RDC, che aiutava tanti al Sud a non accettare offerte di lavoro indecenti.
Il contatore
In generale sono state dodicimila le domande a Messina e provincia per essere inserite nel reddito di inclusione. E continua l’attività dello Sportello unico – che riunisce Inps, Comune e Centro per l’Impiego – per il contrasto alla povertà. Ogni martedì, nel Palazzo Satellite in Piazza della Repubblica, dalle 9 alle 12.30, al piano terra, è presente un punto di riferimento per le persone in difficoltà.
Restano però tutti i nodi strutturali riguardanti le politiche sociali, abitative e del lavoro in una Messina e una Sicilia drammaticamente alla ricerca di prospettive.
