Enrico Caruso ne «La Gioconda» si conferma il preferito dagli amanti della musica del teatro comunale di Salerno – .

Enrico Caruso ne «La Gioconda» si conferma il preferito dagli amanti della musica del teatro comunale di Salerno – .
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Sono le otto di sera e davanti al teatro comunale di Salerno (che si chiamerà Teatro Verdi solo cinque anni dopo in omaggio al compositore appena scomparso) c’è emozione: un continuo andirivieni di carrozze con dame eleganti e gentiluomini ben curati. C’è attesa per la prima La Gioconda di Amilcare Ponchielli che segna il ritorno sul palco, nel capoluogo campano, del giovane ma già apprezzato tenore napoletano Enrico Caruso. Fu a Napoli, dove iniziò ad esibirsi, che Caruso incontrò Vincenzo Lombardi, Ferdinando De Luciarispettivamente direttore d’orchestra, prodigo di consigli, e direttore del teatro comunale, che debuttò al Massimo Salerno il 6 e 7 giugno 1896 a Rigolettoil melodramma verdiano con cui, per pura coincidenza, ventiquattro anni prima era stato inaugurato il teatro comunale.

Il cantante, che interpreta il ruolo del Duca di Mantova, ha solo 23 anni. In questa occasione uno dei suoi primi estimatori, Enrico Lorello (che poi diventò il suo primo segretario italiano), profetizzò: «Un giorno sarai il più grande dei grandi». Subito apprezzato dai salernitani per le sue doti canore, il giovane Enrico venne ingaggiato, sempre al teatro comunale di Salerno, dalla compagnia Visciani per interpretare il ruolo di Arturo I puritani di Vincenzo Bellini, l’8 settembre 1896, e per Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni. Tra settembre e novembre passa all’attività di Giuseppe Grassi (anche direttore della rivista La frusta) Per La Traviata di GiuseppeVerdi, Carmen di George Bizet, Il favorito di Gaetano Donizetti, clown di Ruggero Leoncavallo e infine, per Don Giovanni Arcietto, protagonista del poema dialettale di Salvatore Di Giacomo, recentemente pubblicato (1895-96) musicato da Carlo Sebastiano, A San Francisco (28 novembre 1896).

Ma è proprio con La Gioconda che viene consacrato lo straordinario cantante lirico consacrato alla storia: riconfermato dall’impresa di Grassi, è anche protagonista di Manon Lescaut di Giacomo Puccini, La Traviata e il Profeta velato, dramma tratto dall’omonima poesia di Thomas Moore di Italo Robin e Luigi Conforti, musicato da Daniele Napoletano che, dopo la prima al San Carlo di Napoli nel 1892, arriva per la prima volta anche a Salerno. Cinquanta spettacoli in tutto, per uno compenso totale di 100 lire, in un crescendo di applausi e notorietà. A Salerno Caruso è vicinissimo alle nozze Giuseppina, figlia dell’impresario Grassi, il matrimonio era previsto per il periodo di carnevale del 1897 ma fallì all’ultimo momento. La causa fu probabilmente la cotta di Caruso per una delle ballerine della Gioconda. A testimonianza del forte legame del tenore con il pubblico salernitano, che continuò ad applaudirlo fino al 1901 quando fu ingaggiato dal San Carlo di Napoli, resta la porta di uno spogliatoio (ora esposto al botteghino) da lui autografato dopo il suo successo.

 
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