‘C’era una volta la Bari dei baresi’, Onofrio Loseto ‘Blue Jeans’ – .

‘C’era una volta la Bari dei baresi’, Onofrio Loseto ‘Blue Jeans’ – .
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Siamo giunti al tredicesimo appuntamento della rubrica “C’era una volta il Bari di Bari”, che questa volta ha raccolto le testimonianze di un barese nato e cresciuto nella città vecchia e che ha vinto la Coppa Italia Primavera con Catuzzi nel 1981: Onofrio Loseto. Esuberante centrocampista schierato davanti alla difesa, abile nel spezzare il gioco avversario, ha giocato nel Bari fino al 1985, sfiorando la Serie A con Catuzzi nella spettacolare stagione 1981-82 (22 presenze) e riuscendo a risalire dalla C alla B con il Bari del Bolchi. Nato in una famiglia di calciatori, è fratello di Pasquale (129 presenze con il Bari dal 1964 al 1973 e ex allenatore delle giovanili biancorosse per quattordici anni, ndr) e John (con 318 presenze dal 1982 al 1993 è il secondo giocatore per numero di presenze nella storia del Bari, ndr). Con la maglia dei Galletti ha collezionato 73 presenze in campionato e un gol. Ha vestito anche le maglie di Squinzano, Pescara, Cremonese, Catanzaro ed Empoli. Oggi, 64 anni, vive a Bari e da tempo ha smesso di giocare a calcio, ma continua ad allenarsi regolarmente.

Il Bari dei baresi era qualcosa di straordinario, di magico, che resterà per sempre impresso nella mente e nel cuore dei tifosi. Ancora oggi è ricordata come la Bari più affascinante della storia.

Allora Onofrio… cosa ti viene in mente quando pensi a Bari dei Baresi?

“Eravamo la squadra più forte che il Bari abbia mai avuto. Non ce n’è per nessuno. Noi del Bari di Catuzzi eravamo l’unica squadra che giocava a zona all’inizio degli anni ’80. Non c’era nessuna squadra che giocava come noi”.

Qual era la vera forza di quel Bari?

“Vi dico che eravamo sette titolari baresi che hanno amato e onorato la nostra maglia. Quando loro hanno indossato la maglia del Bari abbiamo avuto davvero i brividi e abbiamo fatto venire i brividi alla gente che ci seguiva”.

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A che età sei arrivato al Bari?

“Sono arrivato a dieci anni, attraversando tutto il settore giovanile fino alla Primavera. Poi sono andato allo Squinzano in prestito per un anno e poi, al ritorno, ho avuto la fortuna di giocare con Catuzzi in Serie B”.

Hai fatto parte della Primavera che ha vinto la Coppa Italia Primavera. Cosa ricordi di quella Primavera?

“Ricordo che vincemmo contro un Milan formato da grandi giocatori come Evani, Icardi e altri. Ricordo tuo padre (Gigi De Rosa, ndr) che era molto astuto in campo, e poi c’era Pino Giusto con me a centrocampo e giocavamo davvero benissimo”.

Raccontami un aneddoto…

“Eravamo tutti fratelli e si scherzava davvero tanto. Quando Antonio Acerbis da Monza arrivò a Bari e ci sentì parlare in dialetto disse ‘oh, sono in Africa o in Italia?! (sorride, ndr)’”.

Ti hanno mai fatto degli scherzi?

“Sono passati tanti, ma tanti anni e non ricordo i dettagli. Gigi De Rosa, ad esempio, ne ha fatte tante per me. Ma non stavo nemmeno scherzando. Ne ho fatti molti.

Dimmi uno…

“Una volta ho fatto uno scherzo al signor Bruno Bolchi: eravamo in un albergo e alle tre del mattino l’ho chiamato al telefono mentre dormiva nella sua stanza. Uscì dalla stanza e si arrabbiò moltissimo nel corridoio dell’albergo, ma non seppe mai chi fosse il responsabile di quello scherzo. Ma ho fatto tante cose anche ad allenatore Biagio Catalano (vice allenatore del Bari di Catuzzi e Bolchi, ndr), e una volta si è arrabbiato tantissimo».

Avevi un soprannome a Bari?

Sì, ‘Blue jeans’ perché mia madre mi faceva sempre indossare i jeans quando ero ragazzina”.

Ricordi il giorno del tuo debutto con la maglia del Bari? Come ti sei sentito?

“Il mio esordio da titolare è avvenuto nella stagione 1981-82 nella vittoria per 5-0 contro la Cavese, e da quel giorno non ho più smesso. Mi sono sentito molto bene, come se dovessi giocare una partita della Primavera. Nel riscaldamento ho scaricato tutta la tensione e in campo ho pensato solo a giocare. Ma in squadra eravamo tutti così, andavamo in campo e non guardavamo nessuno. Anche Catuzzi ci ha dato tranquillità”.

Che rapporto hai avuto con il signor Catuzzi?

“Bene, anche se ogni tanto si arrabbiava, perché praticamente ci ha cresciuto. Non era cattivo, ma quando le cose non andavano bene se la prendeva con noi. A Bari non ho avuto problemi, mentre a Pescara ho avuto qualche problema con lui”.

Subito dopo la promozione in Serie A con il Bari nel 1985, sei stato ceduto al Pescara di Catuzzi e dell’ex Bari…

“A Pescara mi sono divertito molto. Sono rimasto tre anni e mi hanno dato la possibilità di giocare in Serie A, possibilità che non mi hanno dato al Bari”.

Eppure, dopo Catuzzi, hai passato due anni al Bolchi conditi da due promozioni dalla C alla A…

“È stato Bolchi a non darmi la possibilità di giocare in Serie A nella mia città, ed è stato lui a dire che dovevo andare via. Gli ho fatto i complimenti e gli ho detto che era l’allenatore più povero che avessi mai avuto”.

A Bari giocavi con tuo fratello Giovanni. Com’è avere un fratello in squadra?

“Io e Giovanni abbiamo suonato insieme per quattro anni. Ci aiutavamo a vicenda, poi stavano sempre insieme. Ci siamo aiutati in campo: lui mi ha chiamato e io ho chiamato lui”.

Hai segnato un solo gol nei tuoi campionati a Bari…

“Un gol in campionato contro il Perugia. Ma ricordo con grande piacere il gol che segnai in Coppa Italia, nell’anno in cui giocavamo in Serie C, nel derby contro il Foggia”.

Descrivi il calciatore Onofrio Loseto…

“In quel momento giocavo davanti alla difesa. Adesso lo chiamano il centrocampista basso, prima si definiva centrocampista metodista. Ero aggressivo e sapevo giocare a calcio; Mi rivedo molto in Modrić del Real Madrid. Usavo solo la mano destra, mentre usavo solo la sinistra per camminare”.

Chi era il tuo idolo calcistico da bambino?

“Io sono degli anni ’60 e il mio idolo era Mazzola”.

hai qualche rimpianto?

“Nei primi due anni ho giocato molto bene con Catuzzi, poi Bolchi è arrivato in C e non mi ha fatto giocare, preferendo Guastella al mio posto. Preciso che non ho nulla contro Salvatore Guastella che è un amico. Ma Bolchi mi ha distrutto per due anni”.

Il tuo ricordo più bello con la maglia del Bari?

“I migliori sono stati gli anni trascorsi al Catuzzi, soprattutto la Serie AI a cui ho sfiorato il primo anno da titolare. Con il Bolchi ho vinto e siamo arrivati ​​alla promozione in Serie A, ma non ero contento perché giocavo poco”.

Quella peggiore con il Bari?

“Retrocessione in Serie C”.

Chi è stato l’allenatore più importante della tua carriera?

“Catuzzi mi ha fatto diventare giocatore, ma la persona che mi ha fatto maturare e mi ha fatto giocare in Serie A è stato Galeone del Pescara”.

Segui il Bari?

“No, non lo seguo perché non mi piacciono i manager. Vedo tanta arroganza. Il presidente deve capire che a Bari ci sono persone che hanno fatto la storia e dato l’anima e che la città di Bari non merita tutto quello che sta accadendo”.

Pensi che il Bari potrà restare in Serie B quest’anno?

“In questo momento negativo, cosa potrei pensare? Spero che sopravviva, perché se retrocedi in Serie C risalire non è assolutamente facile. Ma ripeto, il Bari non merita questo”.

Cosa stai facendo oggi?

“Mi piace allenare le ragazze. Lavoro come personal trainer all’aperto, vicino al mare.”

Il Bari di Bari è irripetibile?

“Irripetibile. La nostra Bari era tutta fatta di gente affamata. Invece questi ragazzi oggi, appena firmano un buon contratto, della maglia non gli interessa più. Dovevamo guadagnarci il contratto anno dopo anno”.

 
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