Nat. Dimenticami – Rassegna d’arte contemporanea in Emilia Romagna – .

Nat. Dimenticami – Rassegna d’arte contemporanea in Emilia Romagna – .
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Dimenticami” è la mostra personale dell’artista Nat A Spazio urbano hobo a Modena, a cura di Pietro Rivasi, Gianmario Sannicola, apertura ai visitatori dall’11 maggio al 22 giugno 2024. Vernissage sabato 11 maggio 2024 alle ore 18.30.

2,4 miliardi di anni fa i mari terrestri erano popolati da cianobatteri, microrganismi che introducevano ossigeno nell’atmosfera attraverso la fotosintesi: grazie a questo processo, il ferro presente negli oceani cominciò a depositarsi sui fondali marini dove si accumulò nelle rocce sedimentarie.

Nella seconda metà del XVIII secolo, la tecnologia acquisita durante la rivoluzione industriale permise di sfruttare quelle rocce e il carbone formatosi dai resti di milioni di animali e piante morti
anni prima: combinando questi elementi si ottiene l’acciaio, il materiale con cui sono costruiti i treni e i binari su cui corrono. A partire dal 1840, le reti ferroviarie si sono sviluppate in tutta Europa, modificando l’economia, il paesaggio urbano e le abitudini delle persone.

William Turner nella sua opera “Rain, Steam and Speed” del 1844 raffigura un treno che attraversa un ponte sul Tamigi; il treno entra così nell’estetica del sublime dell’arte, un oggetto artificiale capace di incantare con un “orrore delizioso” tanto quanto scorci bucolici o paesaggi naturali maestosi. Il treno affascina. Leggi il resto dell’articolo”

Da bambino mio nonno mi portava a fare brevi viaggi in treno: due o tre fermate e poi la coincidenza e il ritorno a casa. Da quel momento rimasi affascinato dall’ambiente ferroviario. Ho cominciato a frequentare i depositi, attratto magneticamente dalla loro luce, dal loro silenzio, dall’odore di ruggine, nafta, grasso, dall’estrema resistenza degli animali e delle piante che li popolano, dal calore delle sponde metalliche dei treni .

In questi luoghi mi perdo, mi abbandono al flusso di ciò che sono in quel momento e in quel luogo. Divento azione e gesto, per esistere come colore sulla fiancata di una carrozza, con forme a volte studiate, altre volte frutto di improvvisazione, linee e campiture di colore che sono il risultato di quella circostanza.

Con questi elementi ricopro le superfici dei convogli per diffondere la mia sostanza, è un’idea che cerca di appropriarsi fugacemente di uno spazio pubblico, di trasformarlo. Insiemi di linee per definire un’anima mutevole, per creare vertigini, per confondersi con colori psichedelici, capaci di trasportarmi altrove.

Questa condotta è rivolta a me stesso, porta alla luce la mia natura più intima, non è perseguita per stupire i viaggiatori o i ferrovieri.

Lo scatto documenta tutto questo, ma in realtà diventa l’opera che ho appena realizzato: non osservo ciò che dipingo, gli volto le spalle e mi allontano, consapevole che il climax raggiunto rimarrà unicamente in una fotografia, concepita insieme al dipinto di cui è parte integrante e rappresenta il fine ultimo del mio processo creativo.

Nel momento in cui scatto la fotografia il treno è già pulito nella mia mente: le imprese di pulizia interverranno per realizzare il futuro a cui erano destinati i miei quadri.

Mi capita di prendere il treno: lo aspetto con impazienza sul binario e ogni volta si ravviva il mio fascino. Osservo il convoglio avvicinarsi, scorrere pulito davanti ai miei occhi e quando tutto è stato cancellato un profondo senso di pace mi pervade.

Non mi interessa la permanenza dell’arte, ma piuttosto la sua scomparsa, l’oblio e la dimenticanza in contrapposizione alla vitalità dell’azione che, con la sua ossessiva urgenza, mi porta a ripetere questo procedimento.
A dominare sarà ancora una volta la livrea del treno, rimarranno piccoli segni di vernice, ma sarà l’immagine coordinata dell’azienda di trasporti ad attraversare il panorama della provincia italiana.

L’ultima fase del percorso artistico è dominata dall’elemento fuoco, altra scoperta che ha rivoluzionato la storia dell’uomo. Ha una forza distruttiva che risveglia paure ancestrali, ma rappresenta anche una forza della natura che può essere utilizzata per creare. Prima di lasciare il magazzino, le fiamme divorano i fogli di carta con i bozzetti preparatori, una luce abbagliante nel buio della notte, una forza distruttiva che elimina ciò che resta tangibile della mia creazione.

La mostra

L’esposizione si sviluppa in vari moduli, frutto di singole linee di ricerca, in cui i depositi ferroviari dialogano con i dipinti effimeri realizzati sui treni.

Le prime immagini introducono il mondo che fa da sfondo al processo creativo. Un ambiente ovattato dalla luce dei lampioni ai vapori di sodio, dove ruggine e abbandono convivono con la vita quotidiana di ferrovieri e viaggiatori.

La seconda parte della mostra è caratterizzata da quattro dittici con figure antropomorfe danzanti, ma imprigionate in bolle d’argento che si riferiscono a dettagli dell’ambiente ferroviario ripresi di notte, descrivendo un contesto vertiginoso che ribalta le prospettive. Le silhouette sono state create con l’intenzione di essere visualizzate verticalmente, sfruttando l’interruzione dei consueti orizzonti visivi. La fotografia guida l’evoluzione dell’opera dalla sua nascita fino alla forma finale di stampa incorniciata.

Il punto di osservazione nella serie successiva cambia, spostandosi all’interno di un treno: il paesaggio italiano scorre fuori dal finestrino dipinto. Mentre il vetro solcato da linee che ricordano i fasci muscolari diventa un filtro posto davanti all’obiettivo, le stesse linee tessono una rete di collegamenti con il territorio attraversato dalla ferrovia.

L’attrazione per i treni mi ha portato a studiare i materiali di cui sono costituiti, soprattutto l’acciaio: una lega metallica la cui storia è inscindibile da quella dello sviluppo industriale e che, osservata al microscopio elettronico, mostra una struttura molecolare che ispira il mutevole ed eterogenea rete di interconnessioni tra le linee e gli sfondi dei miei quadri; aprono la porta a un universo interno che abbraccia il cambiamento e rifiuta una visione statica del mondo. È l’azione, l’affermazione di un’anima fugace e transitoria, il trionfo del presente figlio di un passato che non esiste più su un futuro di dimenticanza.

Mi muovo tra treni, disegni e luci dai colori stranianti prima che ciò che ho disegnato venga sciolto dai solventi. A questa operazione resistono alcuni segni, appena osservabili, macchie di colore tra le tonalità forti delle livree geometriche e asettiche dei treni; le sponde pulite dei treni, come le ceneri degli schizzi bruciati, rappresentano una condizione dalla quale non si può tornare indietro.

È il tempo passato in stazione a osservare la mia scomparsa.

Infine, il trittico delle firme, linee che si arricciano su se stesse attraversate dal segno di una mano, la stessa che ha spruzzato il colore. Una ricerca di identità, di autorialità, espressa in modo istintivo e primordiale, con un gesto.

Pietro Rivasi, Gianmario Sannicola

 
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