l’esercito deve essere rafforzato. Ci dobbiamo sbrigare” – .

l’esercito deve essere rafforzato. Ci dobbiamo sbrigare” – .
l’esercito deve essere rafforzato. Ci dobbiamo sbrigare” – .

DiRinaldo Frignani

«L’Italia deve diventare una nazione con una reale e credibile capacità deterrente», afferma il generale di corpo d’armata Carmine Masiello, capo di stato maggiore dell’Esercito da febbraio. Venerdì a Roma si terrà la cerimonia per il 163esimo anniversario che sarà celebrato il prossimo 4 maggio. «Punto sui giovani, ascolterò le loro idee», aggiunge

«L’attuale Esercito va rivisto sotto diversi aspetti. Sono cambiati gli scenari e le minacce e, quindi, sono cambiate le esigenze, non solo le nostre ma anche quelle degli altri Paesi della Nato. Occorre soprattutto rivedere i principali sistemi d’arma, potenziare gli strumenti, ma anche adeguare le strutture, i sistemi di addestramento e le procedure di impiego. Si tratta, in sostanza, di un’innovazione a tutto tondo, in cui la tecnologia è un fattore cruciale ma rimane il mezzo, non il fine. E dobbiamo sbrigarci a farlo, perché non sappiamo cosa accadrà. Mentre la politica e la diplomazia fanno il loro lavoro, noi dobbiamo impegnarci a farci trovare pronti, sperando di non dover mai agire. Per questo l’Italia deve diventare una nazione con una reale e credibile capacità deterrente”. Il Generale del Corpo d’Armata Carmine Masiello, da febbraio capo di stato maggiore dell’Esercito – il primo dei paracadutisti della Folgore a ricoprire questo incarico – lo dice chiaramente. E lo fa alla vigilia 163° anniversario della creazione dell’Esercito Italiano, derivanti dall’Esercito Sardo, il 4 maggio 1861, ma anche nel giorno dei festeggiamenti dell’anniversario, con la cerimonia prevista venerdì mattina a Tor di Quinto, a Roma, anche con addestramento dal vivo di reparti speciali, elicotteri e una carica di cavalleria.

Generale, dal punto di vista militare, cosa ci insegna la guerra in Ucraina?
«È un conflitto che ha cambiato i paradigmi sul campo: siamo tornati al confronto tra unità meccanizzate e corazzate, all’uso di artiglieria, carri armati, macchine specializzate per la mobilità e la contromobilità, perfino le trincee. Per noi europei, che proveniamo da 20 anni o più di missioni di mantenimento della pace all’estero, è stato dirompente. A ciò si aggiunge l’uso massiccio di droni e l’importanza fondamentale dei nuovi domini, della guerra informatica, della disinformazione sfruttata per orientare le opinioni pubbliche, ma anche il morale dei combattenti. Abbiamo bisogno di molta attenzione e dobbiamo prepararci ai grandi cambiamenti nel modo in cui combattiamo. Lo scambio di informazioni con l’Intelligence è fondamentale.”

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COME?
«Tecnologia, formazione, valori. Saranno questi i filoni lungo i quali articolerò il mio mandato. Per troppo tempo l’Esercito non è stato considerato una Forza Armata tecnologica. Bisogna tenere il passo con i mezzi a disposizione di eventuali avversari. C’è anche un gap da colmare con le Forze Armate sorelle, la Marina e l’Aeronautica Militare, che in questo sono avanti: se nel sistema di difesa c’è uno solo dei fattori che tende a zero, anche il prodotto sarà zero. I tempi necessari per individuare le tecnologie di cui abbiamo bisogno devono essere accorciati, è fondamentale sburocratizzare le procedure di acquisizione e aderire sempre alla velocità del mondo che evolve. E che l’industria della Difesa, non solo quella italiana ma anche quella europea, comprenda il momento particolare che stiamo vivendo e faccia gli investimenti necessari per rispondere alle esigenze delle Forze Armate. In questo contesto il ministro Crosetto si è già adoperato per accelerare le procedure. La speranza è di avere presto una vera difesa europea”.

C’è una priorità?
«Tra le tecnologie più urgenti da acquisire ci sono sicuramente quelle focalizzate sull’integrazione di capacità legate al dominio cyber e alla gestione dello spettro elettromagnetico, per consentire alle nostre unità di essere protette dalla minaccia proveniente dalla terza dimensione, con droni e munizioni “intelligenti”: un ombrello di protezione, che chiamiamo “bolla tattica”. Ma penso anche alla difesa aerea del territorio nazionale, che abbiamo visto mettere in pratica recentemente da Israele”.

Anche l’Italia è a rischio? E hai abbastanza soldati per difenderti?
«Sia chiaro: non siamo in guerra. Siamo in una competizione che definiamo “sotto soglia”, quindi senza mai oltrepassare certi limiti, un confronto ibrido che sfrutta ogni possibilità, non solo militare, per danneggiare alcuni Paesi e facilitarne altri, che possiamo meglio affrontare con una diversa regolamentazione normativa. quadro e strumenti giuridici rispetto a quelli attuali per essere posti sullo stesso piano dei potenziali avversari. Saranno anni di grande crisi, meglio farsi trovare preparati. Ad oggi la forza lavoro non è sufficiente, i due scenari di guerra – Ucraina e Striscia di Gaza – ci insegnano che serve massa, perché le forze si consumano e vanno rigenerate. Un problema che può essere affrontato con un incremento anche modesto del numero delle singole Forze Armate – servono almeno 10mila soldati in più, come ha affermato il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Cavo Dragone -, che dovrà inevitabilmente essere accompagnato da riserve che consentire l’aumento del personale secondo necessità”.

Questo ha bisogno di essere addestrato.
«Questo è un altro punto fondamentale. Chiedo massima attenzione da parte di tutta la linea di comando, la formazione è la nostra polizza assicurativa, la garanzia che sappiamo fare il nostro lavoro. Ho chiesto ai miei comandanti di trovare ogni occasione utile per addestrarsi. Speriamo non sia mai necessario, ma chi combatte deve sapere che accanto a lui c’è una persona perfettamente preparata, sotto ogni aspetto, e capace di svolgere il suo ruolo, di cui fidarsi. Ci alleneremo nonostante le difficoltà e i problemi di alcuni nostri poligoni e la carenza di munizioni, che ho già chiesto di aumentare”.

È anche una questione di valori?
“Certamente. Cambiano gli scenari, le armi, il modo di combattere, ma non i valori. Costituiscono il filo conduttore della storia di un’istituzione militare e non ammettono eccezioni, tentennamenti o ripensamenti. La condivisione di questi valori mantiene unito un esercito e lo rende forte e resiliente nei momenti di crisi, al di là dei legami gerarchici. Inoltre ho chiesto a tutti di contribuire con le proprie idee: tutti devono partecipare a questo cambiamento, dal caporale al colonnello. Il mio slogan è “le idee non hanno titoli”. So che non sarà facile ma dobbiamo farcela”.

Su chi si concentra in particolare?
«Quanto ai giovani, sono gli unici capaci di intercettare i cambiamenti e le evoluzioni tecnologiche. Mi aspetto molto aiuto da loro. Hanno idee da vendere, verranno ascoltate. E potremo proporli anche alla società civile. Cercheremo anche di salvaguardare il nostro patrimonio professionale, formato nelle nostre scuole, e di renderlo più competitivo con il mercato del lavoro. Ma sono tanti i ragazzi e le ragazze che, anche di fronte a uno stipendio più alto, preferiscono le star. Una questione di valori, appunto”.

L’impegno a diventare un Paese con deterrenza porterà a una diminuzione dell’impegno italiano all’estero?
«Non ne vedo il motivo. Anzi. Non è solo il Medio Oriente ad essere in subbuglio. Oltre al fianco orientale dove siamo impegnati con la NATO, dobbiamo guardare alla vicina Bosnia-Erzegovina e alla sponda meridionale del Mediterraneo, con problemi di stabilità interna e conflitti in alcuni paesi, ma preoccupa anche il Sahel. Ci sono interi territori in mano ai terroristi, la destabilizzazione dell’area è forte con la penetrazione militare russa ed economica cinese. Immaginiamo cosa significherebbe ritirare il nostro contingente cuscinetto tra Israele e Libano. Le missioni all’estero e il Piano Mattei per l’Africa in questo senso sono fattori di stabilizzazione”.


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3 maggio 2024 (modificato il 3 maggio 2024 | 08:53)

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