Taranto, i due Papi e la “profezia” sull’acciaio – .

Lui ci sarà e, come ha voluto sottolineare la Sala Stampa vaticana, ci sarà “in presenza”. In occasione del G7 che si terrà in Puglia, per la prima volta un Papa siederà al tavolo dei leader mondiali per discutere di una decisiva questione contemporanea, ovvero quella dell’intelligenza artificiale. Ma non è certo la prima volta che Francesco viene qui, in Puglia, nel tacco d’Italia.

Jorge Mario Bergoglio lo ha fatto nel 2017 per recarsi a San Giovanni Rotondo, davanti alla tomba di San Pio, e l’anno successivo presso la Basilica di San Nicola per partecipare ad un incontro con i Patriarchi del Medio Oriente. Un evento, questo, che è già nella Storia della Chiesa e che ha richiamato a Bari migliaia di fedeli. Anche nel 2018 l’omaggio a Don Tonino Bello: il Santo Padre si è recato alla tomba di una delle figure più amate del cattolicesimo, ad Alessano, e a Molfetta, dove era vescovo don Tonino. Ancora, Papa Francesco era in Puglia nel febbraio del 2020. Pochi giorni prima dell’evento traumatico confinamento per la pandemia di Covid, il pontefice e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno partecipato, sempre nel capoluogo regionale, all’incontro “Mediterraneo frontiera di pace”. Il G7 è in programma a Borgo Egnazia dal 13 al 15 giugno.

Se si è parlato più volte della possibilità di una visita a Taranto dell’attuale vescovo di Roma – cosa che finora non è mai avvenuta – le occasioni in cui un Papa è arrivato fino ai Due Mari restano impresse nella memoria collettiva dei popolo tarantino.

Il 28 e 29 ottobre 1989 lo era Karol Wojtyla, Giovanni Paolo IIessere accolto quasi come un rock star. Pochi giorni dopo, il 9 novembre, cadde il muro di Berlino: questo dà un’idea di che anni, che mesi e che giorni fossero quelli. L’Ilva, l’Arsenale, la Cittadella della Carità, l’incontro con i giovani allo stadio Iacovone: ecco alcune delle tappe ancora ricordate dei tempi del pontefice polacco a Taranto.

E le parole di Wojtyla hanno fatto rabbrividire i fedeli che lo hanno ascoltato in piazza della Vittoria sabato 28 ottobre: «Nel secolo scorso, dopo l’unificazione politica dell’Italia, la vostra città conobbe una crescente espansione urbanistica e un primo impulso industriale, in senso moderno, con l’arsenale e i cantieri navali; divenuta capoluogo di provincia, registrò, dopo l’amara esperienza della seconda guerra mondiale, una vera e propria accelerazione della crescita. La nuova industrializzazione, con insediamenti grandi, medi e piccoli, ha cambiato sensibilmente il volto dell’intera area ionica, sia dal punto di vista economico-sociale che demografico e culturale. Quando sembrava legittimo guardare con serenità al futuro, è intervenuto purtroppo la crisi globale dell’acciaiocon la drastica riduzione dell’occupazione, tuttora in corsoe con prospettive preoccupanti per la vita delle famiglie, della città e dell’intera regione”.

Era il 1989. Sembra oggi.

«Cari fratelli e sorelle, sono ben consapevole delle gravi difficoltà che tutto ciò comporta; ma, lasciatemelo dire, le incertezze e i problemi di oggi non devono far crollare la speranza. Cerca e trova ragioni per confidare nella tua forza di volontà; cercateli soprattutto nella ricca tradizione cristiana, in quella fede che, vissuta in pienezza, diventa una forza capace di spostare le montagne. Di fronte alla persistente crisi economica e morale, dobbiamo respingere le tentazioni della passività e dell’individualismo, dell’impazienza superficiale e dell’effimera spettacolarità, così come ogni via illecita di speculazione privata e collettiva, soprattutto se a danno dei più poveri, dei nuovi poveri ! Dobbiamo rifiutare le vie della violenza diretta, ma anche della violenza indiretta, come si chiama corruzione o ricatto, uso distorto del denaro e delle informazioni, manipolazione dei beni comunitari e, soprattutto, rifiuto concreto della dignità di ogni uomo, anziano o nascituro, libero o carcerato. Ogni passo su questa strada rende la convivenza più difficile una città che ha sempre avuto in onore il pane guadagnato con il proprio sudore e con la propria creatività.”

Parole come una profezia. «Nell’epoca moderna» ha ricordato Wojtyla «dopo il Concilio di Trento, Taranto ha avuto il merito di erigere uno dei primi seminari diocesani e di dare due glorie alla Chiesa e due intercessori alla vostra società, San Francesco De Geronimo e il Beato Egidio. Sulla cattedra di San Cataldo Sono sorti Vescovi zelanti e prudenti nel promuovere la vita religiosa profondamente mariana di questo popolo. L’arcidiocesi di Taranto è sempre stata fiorente di chiese, clero, vocazioni religiose, associazioni e iniziative di pastorale sociale. All’inizio di questo secolo si tenne qui uno dei primi congressi nazionali dei cattolici impegnati in campo sociale. In questa città, negli ultimi anni, hai cresciuto la nuova cattedrale, dedicata alla grande Madre di Dio. Questo monumento d’arte e di fede vi ricorda il desiderio e il dovere di inserirvi come credenti nel cuore dello sviluppo, non solo urbano, della nuova Taranto e di offrire una “vela”un luogo di sicura fratellanza e speranza, per tutti coloro che lavorano duramente “mare” della vita. Proprio lì, infatti, ormai alle soglie di Duemila, prende il via un nuovo progetto di città, aperto a tutte le istanze di crescita e di liberazione di questo popolo antico e sempre nuovo. La “vela” è anche segno di una Chiesa che va verso la città e, valorizzando il legame storico-spirituale tra San Cataldo e la concattedrale, tra la città vecchia e i nuovi quartieri, si impegna a costruire un ponte ideale verso futuro, capace di assicurare a tutti prospettive di convivenza pacifica e costruttiva. La fede cristiana, rinnovata e vissuta consapevolmente, vi susciti, oggi come ieri, nuovi impulsi, risposte creative di fronte all’emergenza economica, alle disarmonie dello sviluppo e alle legittime attese di promozione sia in campo meridionale che nazionale. Questo impegno, che si riassume nell’amore di Dio e del prossimo, come ha insegnato Cristo, è certamente formidabile, ma è pieno di futuro. Lo consegno a tutti e, in particolare, ai responsabili, soprattutto se cristiani, della vita sociale, politica, culturale ed economica di Taranto e dei suoi vivaci Comuni. È un impegno per l’uomo concreto, a partire dai più deboli. Un impegno per la dignità dell’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio. Un impegno verso i giovani, che oggi affrontano la vita con il fervore delle loro fresche energie”.

Nella stessa occasione divenne pastore Santo adesso si ricordava come «Ventuno anni fa Paolo VI volle celebrare la messa della vigilia di Natale tra gli operai delle acciaieriein questa terra, “chiamato – ha detto – al risveglio e allo sviluppo economico, sociale e spirituale”. Sulle orme del mio predecessore, il Papa di “Popolorum Progressio”, la mia visita odierna è iniziata con la zona industriale, per sottolineare la costante attenzione con cui la Chiesa segue questo delicato settore che, nel bene e nel male, ha sempre influito sulla crescita, anzi sull’immagine stessa, della vostra Comunità. Riconosciamo insieme, questa sera, il significato profetico delle parole di Paolo VI, quando concluse dicendo che, dove il pericolo della disumanizzazione è maggiore – e ogni ambiente di lavoro è esposto a questo pericolo – lì è più urgente”il respiro del Vangelo, come ossigeno di vita degna dell’uomo”».

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Paolo VI celebrato nell’allora ItalsiderMessa di Natale 1968 – un altro anno che rappresenta un punto di svolta nella storia. «Siamo venuti qui per voi, Operai! Per voi Lavoratori di questa nuova e colossale centro di ferro e acciaio; e anche per altri nelle officine e nei cantieri di questa Città e di questa Regione; e diciamo per tutti gli operai dell’immenso e formidabile settore dell’industria moderna e non dimentichiamo nemmeno i lavoratori dei campi, i pescatori, gli operai dei cantieri navali, i marinai, e quelli di ogni altro campo dell’attività umana: tu ora li rappresenti tutti davanti ai nostri occhi”.

Solo chi ascoltava lì, nel colossale centro di ferro e acciaioqueste frasi di Giovanni Montini, sa cosa ha sentito dentro di sé. IL Papa del dialogo con il mondo contemporaneousare un’espressione di Futuro, ha voluto parlare a quegli uomini riuniti sotto gli altiforni di Taranto «dal cuore. Vi racconteremo una cosa molto semplice, ma piena di significato. Ed è questo: Troviamo difficile parlare con te. Sentiamo la difficoltà di farci capire da voi. O forse non ti capiamo abbastanza? Il fatto è che per Noi la discussione è piuttosto difficile. Ci sembra che non esista un linguaggio comune tra te e Noi. Siete immersi in un mondo estraneo al mondo in cui viviamo noi, uomini di Chiesa. Pensi e lavori in un modo così diverso dal modo in cui pensa e lavora la Chiesa! Vi abbiamo detto, salutandovi, che siamo fratelli e amici: ma è proprio vero? Perché tutti sentiamo questo fatto ovvio: lavoro e religione, nel nostro mondo moderno, sono due cose separate, distaccate, spesso addirittura opposte. Una volta non era così. Anni fa si parlava di questo fenomeno a Torino. Ma questa separazione, questa reciproca incomprensione non ha motivo di esistere. Non è questo il momento di spiegare il perché. Ma per ora vi basta che Noi, proprio come Papa della Chiesa Cattolica, come miserabile ma autentico rappresentante di quel Cristo, della cui Natività celebriamo questa notte la memoria, anzi il rinnovamento spirituale, siamo venuti qui in mezzo a voi. per dirvi che questa separazione tra il vostro mondo del lavoro e il mondo religioso, quello cristiano, non esiste, anzi non dovrebbe esistere. Ripetiamo ancora una volta da questo centro siderurgico, che consideriamo ormai una tipica espressione del lavoro moderno, portato alle sue più alte manifestazioni industriali, di ingegno, di scienza, di tecnica, di dimensioni economiche, di finalità sociali, che il cristiano messaggio non è un estraneo, non è rifiutato; anzi diremo che quanto più qui si afferma il lavoro umano nelle sue dimensioni di progresso scientifico, di potenza, di forza, di organizzazione, di utilità, di meraviglia – di modernità insomma – tanto più merita ed esige che Gesù, il profeta operaio, il maestro e amico dell’umanità, il Salvatore del mondo, il Verbo di Dio, che si incarna nella nostra natura umana, l’Uomo del dolore e dell’amore, il Messia misterioso e arbitro della storia, annuncia qui, e di qui al mondo, il suo messaggio di rinnovamento e di speranza. Le conquiste dell’umanità sono la conferma della grandezza e dell’ineffabile disegno di Dio».

Non c’è niente da aggiungere, a distanza di oltre cinquant’anni.

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