Citrobacter | Aoui | Verona

Citrobacter | Aoui | Verona
Citrobacter | Aoui | Verona

I risultati del germe trovato in tre neonati prematuri ricoverati all’ospedale di Borgo Trento saranno disponibili oggi, 6 maggio, o al massimo domani. E sulla base di questi accertamenti si saprà se all’interno della struttura veronese si è ripresentato un nuovo caso di citrobacter. Un caso per ora senza vittime, ma che ha riportato alla mente quanto accaduto tra il 2018 e il 2020, con circa 100 bambini contagiati, di cui 4 uccisi dal batterio e 9 feriti. E nel giugno 2020 l’ospedale ha dovuto chiudere temporaneamente anche il centro nascita. Mentre nei giorni scorsi la struttura ha deciso di sospendere soltanto le nascite di neonati prematuri.

Una decisione presa nella serata di sabato scorso, 4 maggio, dai direttori sanitari dell’Aoui Giovanna Ghirlanda e Luca Brizzi al termine della riunione della commissione infezioni ospedaliere. “È necessario sospendere temporaneamente l’accoglienza delle donne incinte che sono possibili candidate a dare alla luce un bambino prematuro o gravemente prematuro”, scrivono i due direttori sanitari. Una scelta motivata dai dati comunicati dal dipartimento di microbiologia “relativi agli isolamenti batterici da screening nei pazienti in terapia intensiva neonatale”.

Tre bambini sono risultati infetti e nessuno di questi ha sviluppato malattie mortali. Aoui vuole però evitare nuovi contagi adottando, come hanno spiegato Ghirlanda e Brizzi, «un atteggiamento conservatore per quanto riguarda l’accoglienza dei pazienti in terapia intensiva neonatale». Pazienti molto fragili e quindi molto più a rischio se infettati da Citrobacter o da un altro batterio.

In base ai risultati dei test che potrebbero arrivare tra oggi e domani, Aoui deciderà se riaprire il reparto di terapia intensiva neonatale o adottare altre misure. Intanto Francesca Frezza, mamma che ha perso la figlia Nina a causa del citrobacter, si dice sconcertata. «Se l’ospedale ha preso una decisione del genere significa che quel maledetto virus non è mai stato debellato ma continua a convivere con la struttura e a minacciare la vita e l’integrità fisica di chi vi è ricoverato contro la propria volontà – ha scritto su Facebook Francesca Frezza – Chissà se Nina e tutti gli altri neonati si sarebbero potuti salvare se fossero state adottate tempestivamente misure simili come avevo chiesto a gran voce anche se per Nina non c’era più nulla da fare. La mia amarezza è ancora più acuita dal fatto che oggi, dopo cinque anni, mi ritrovo ancora a faticare a far emergere la verità dei fatti e ogni singola responsabilità. La Procura, proprio con riferimento alla morte di Nina e alla situazione di tanti altri neonati chiaramente causata dal citrobacter contratto a Borgo Trento, ha chiesto l’archiviazione del procedimento non ritenendo sussistente la responsabilità dell’ospedale. Naturalmente mi sono opposto a questa ipotesi e l’udienza di discussione si terrà alla fine di questo mese. Con tutto il rispetto e la fiducia che nutro ancora nei confronti della magistratura, mi sento di dire che la verità scorre davanti agli occhi di tutti noi. Se l’ospedale fosse stato chiuso e bonificato in tempo, si sarebbero potute salvare tante piccole vite. Vorrei anche dire che se le botte sono apparse le prime volte nel 2018 ed sono presenti ancora oggi, vuol dire che qualcosa non è stato fatto correttamente. Vuol dire che forse la prima chiusura del dipartimento (o dei dipartimenti) e la prima bonifica non sono state decise in tempo per evitarne l’endemismo. Vuol dire che se ancora oggi non ci decideremo a prendere decisioni drastiche ma necessarie, temo che questo ospedale sarà destinato a diventare un luogo dove i bambini non vedranno la luce e la vita ma continueranno a rischiare di vedere il buio di persone storpie o anche la morte è peggio”.

 
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