LIVORNO. Lo hanno definito “il migliore e il peggiore presidente della storia del Livorno Calcio”. Come è possibile? Il migliore perché nei suoi 21 anni alla guida del club amaranto (dal 1999 al 2019), ha riportato la squadra in Serie B dopo 30 anni e in Serie A dopo 55 anni, entrando addirittura in Coppa Uefa nel 2006. perché nonostante le sue enormi disponibilità finanziarie, ha riportato il Livorno in Serie C prima di accompagnarlo nel baratro con una pseudo-vendita a personaggi inquietanti e il fallimento.
Due vite
Per dirlo ci vorrebbe mezza biblioteca Aldo Spinelli, arrestato per corruzione nell’ambito di un’inchiesta a Genova, e livornese. Lui, appassionato di calcio fino in fondo, ex patron del Genoa ma sempre in prima fila anche per vedere il Monaco a Montecarlo, è stato uno degli ultimi patron (alla Moratti e Berlusconi per intenderci) del mondo del calcio. “Che giri fanno due vite” di Mengoni potrebbe essere la colonna sonora perfetta. Spinelli ha vissuto due vite a Livorno. Quello dell’entusiasmo folle e quello della disaffezione. Una mancanza di amore senza continuità, perché a volte tornava in prima linea e sembrava addirittura riscaldarsi di nuovo. Ma negli ultimi anni della sua gestione ci sono stati davvero dei piccoli fuochi di paglia.
Ha affrontato l’avventura livornese con picchi di entusiasmo e bassi devastanti. Dal piangere di gioia, al dire nel giro di pochi giorni “basta, sono stanco, me ne vado”. Dal tuffarsi sul prato verde dopo una vittoria casalinga con la maglia in onore degli squalificati, all’accogliere gli ultras dicendo loro “se non vi piace la mia squadra, domenica andate al cinema”. La storia poi finì male. Protesta pesantissima e tifosi che si sono recati anche a Genova per affiggere striscioni fuori casa e nel porto: “via Spinelli da Livorno”.
Suo figlio Roberto
Per un presidente di calcio, alla lunga è inevitabile finire nella centrifuga delle critiche. Soprattutto dopo tanti anni al timone. Soprattutto se ci si abitua all’aragosta e poi si ripropone il tonno in scatola. Su questo ha probabilmente influito anche la vicinanza del figlio Roberto, persona che non ha mai avuto alcun legame con la città di Livorno. E molti pensano che fosse proprio questo Roberto Spinelli spingere il padre ad abbandonare Livorno. Era chiaro che negli ultimi anni ci fossero state pressioni per uscire dall’interno della famiglia e lo stesso Aldo Spinelli lo ha ammesso.
Lo sfondo
Presidente appassionato, colorato, d’altri tempi. Quando gli facevi notare che la squadra forse non era abbastanza competitiva, lui rispondeva sempre: «Ma perché no? Guarda, costruirlo è stato un bagno di sangue. Era l’incubo dei direttori sportivi delle altre società, perché nel 99% dei casi ne usciva sempre vincitore. I suoi arrivi improvvisi agli allenamenti erano famosi al campo. Una volta, dopo una serie di sconfitte con il Livorno, accusò i giocatori di allenarsi poco e di essere in sovrappeso: così lunedì si presentò al Coni Center con il suo autista e una bilancia in mano per pesarli. E ne ha messi fuori due dalla squadra. Ha portato Protti e Lucarelli al Livorno ed è stato un grande merito (anche se i due giocatori hanno rinunciato a tanti soldi), ma poi odiava quando i riflettori cadevano su altri e non su di lui.
Con lui la squadra partecipò alla Coppa UEFA, ottenendo un risultato che quasi sicuramente non avrà eguali nella storia del Livorno, eppure alla vigilia della partita decisiva dell’Auxerre (poi vinta 1-0 con rete di Lucarelli), mentre la La città impazzisce per l’attesa, ha dichiarato in conferenza stampa: «Speriamo di uscire perché altrimenti si sprecano troppe energie». In 21 anni ha reso felici, ha fatto arrabbiare, prima ha unito e poi ha diviso. In ogni caso, 21 anni indelebili.
