A Modena in viaggio con l’Aceto Balsamico tra Bulloni e Tortellini – Luciano Pignataro Wine Blog – .

A Modena in viaggio con l’Aceto Balsamico tra Bulloni e Tortellini – Luciano Pignataro Wine Blog – .
A Modena in viaggio con l’Aceto Balsamico tra Bulloni e Tortellini – Luciano Pignataro Wine Blog – .

di Carmen Autori

Bulloni e tortellini erano due grandi passioni Enzo Ferrari. Dopo la guerra il primodovevano togliere il sudore della terra ai modenesicome diceva DraKe: questo è il fulcro dell’evento organizzato in occasione del Festival della Motor Valleyda Piacere modenese, marchio dell’azienda consortile a cui appartengono i principali consorzi di tutela DOP e IGP della provincia di Modena, il cui scopo è non solo consolidare un settore in forte crescita, quello agricolo, ma anche valorizzare l’ospitalità in sinergia con le strutture già esistente. Piacere Modena, con il costante sostegno della Camera di Commercio, nasce con l’obiettivo di valorizzare il territorio, la sua tradizione, la sua storia trasmettendo l’immenso valore dei prodotti agroalimentari DOC e IGP. La provincia di Modena, con 27 prodotti DOC, IGP e STG, è prima in Italia per numero e seconda a quella di Parma per impatto economico.

Modena è per definizione un territorio accogliente che, grazie alle sue eccellenze enogastronomiche, alla musica e ai motori, è meta di turisti, viaggiatori e appassionati. Basti pensare a Luciano Pavarotti, Enzo Ferrari, allo stesso Massimo Bottura, in tempi più recenti, e poi ai mastri casari del Parmigiano Reggiano, ai sapienti produttori di prosciutto e lambrusco e a quei ‘sacerdoti’ della tradizione che sono i Maestri dell’Aceto Balsamico Tradizionale da Modenese. E partiamo proprio da loro.

Aceto in Comune

Venticinque anni fa, con l’obiettivo di valorizzare una delle eccellenze che incarna la tradizione più antica di queste terre – ilAceto Balsamico Tradizionale di Modena –, è nata l’idea di portare le acetaie nei Comuni.

Oggi l’idea è diventata un progetto, Aceto in Comune, un gioco di parole che indica sia l’ubicazione del prezioso liquido sia l’appartenenza alla comunità ospitante. Sono venticinque gli uffici comunali, tutti nell’Estense, nei cui sottotetti, come da tradizione luogo di conservazione del balsamico, hanno trovato casa le batterie di botti, ad aderire all’iniziativa. Le acetaie comunali diventano così preziosi scrigni che custodiscono non solo l’“oro nero” di Modena ma anche la storia e l’identità di un popolo.

Maurizio Fini, Gran Maestro del Consorzio dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena grazie al quale tutto ebbe inizio -, quella modenese realizzata nel 2003 guarda la Ghirlandina ed è diventata nel tempo un fiore all’occhiello delle varie amministrazioni comunali che si sono susseguite negli ultimi anni. Il nostro registro conta circa 50.000 visitatori dall’apertura ad oggi, a conferma del grande interesse per il nostro prodotto che esiste da duemila anni, come dimostrano prima Virgilio nelle Georgiche e poi Apicio – il Bottura dei Romani – che scrive nel De Re Coquinaria che l’aceto proveniente dalle terre modenesi diventa più buono se dimenticato in botte.

Storicamente solo Modena è la patria del balsamico. La prova sono i suoi vitigni a bassa concentrazione alcolica e quindi il suo vino non adatto alla conservazione. Così i modenesi inventarono la cottura del mosto che, innalzando il grado zuccherino e di conseguenza il grado alcolico, permetteva di conservare la preziosa bevanda.

Il nostro disciplinare, ancora oggi, prevede un unico ingrediente, il mosto cotto, proveniente dalle uve più dolci, rigorosamente modenesi, che dopo una pressatura soffice viene cotto fino ad ottenere il giusto livello di concentrazione. Viene poi conservato nella botte madre, generalmente di rovere, ma anche di castagno, frassino o ciliegio, dove aceta per essere poi utilizzato nel rabbocco annuale delle batterie. Questi ultimi sono formati da almeno cinque piccole botti di volume decrescente che porteranno al prodotto finito dopo almeno 12 anni. Per ottenere l’Extravecchio ci vorranno 25 anni>>.

Il prodotto finito dovrà essere conferito al Consorzio di Tutela e solo dopo il suo benestare potrà essere confezionato nella bottiglia da 100 ml ideata da Giorgetto Giugiaro.

L’affascinante acetaia modenese nel sottotetto del municipio contiene tre batterie: due con sei piccole botti che hanno preso il nome dei fiumi Secchio E Panaro e un dieci chiamato la Torre Ghirlandinainfine il Rezdore, cioè cinque botti Madre. La cura e l’amore per l’ambrosia deorum si evince anche dai dettagli: preziosi centrini, tutti ricamati a mano, proteggono l’apertura delle botti da polvere o insetti. Il prodotto viene utilizzato dall’Amministrazione per rendere omaggio alle personalità durante le visite ufficiali.

Il talk “A casa di Enzo Ferrari, tra bulloni e tortellini”

Enzo Ferrari è stato un convinto e appassionato difensore della più autentica tradizione gastronomica modenese, tanto da potersi definire un vero e proprio testimonial della sua cucina. Questo è quanto emerso dal piacevolissimo incontro condotto con rara competenza dall’On Leone Turriniscrittore e giornalista nonché profondo conoscitore della Ferrari più intima.

Per portare la loro testimonianza Renata Nosetto, classe 1942, la prima donna ad essere autorizzata dallo stesso Drake a essere presente ai box. Una vita spesa per la Ferrari sia come responsabile amministrativo che come capo ufficio stampa. Renata ha ricordato le enormi quantità di prosciutto di Parma che venivano affettate ininterrottamente all’ora di pranzo sia per i dipendenti che per gli ospiti, “qualcuno ne approfittava per mangiare liberamente”, tiene a precisare, finché Ferrari che non amava il i rifiuti hanno deciso di ridurre le porzioni. Insieme al prosciutto non mancava mai lo gnocco fritto. Capitava spesso che, una volta avanzato, veniva consumato a colazione insieme a caffè e latte.

Numerosi sono stati gli ospiti importanti che si sono recati a Maranello non solo per le vetture ma anche per avere il piacere di fermarsi a pranzo con il Comandante presso il rinomato Al Cavallino. Non tutti sanno che Ferrari ad un certo punto della sua vita non ha voluto più viaggiare ma, pur non muovendosi, ha portato il mondo a Maranello. Re, regine, sceicchi, protagonisti del jet set internazionale furono spesso suoi ospiti. Tra questi lo splendido Ingrid Bergmann e il vero tesoro Roberto Rossellinisvedese, romana lei, amante della carbonara e delle amatriciane lui, una volta a tavola erano costretti a mangiare solo tortellini rigorosamente in brodo di cappone, zampone, prosciutto di Parma e a bere esclusivamente Lambrusco e un bicchierino di Nocino a fine pasto pasto.

Lo stesso menù lo ha preteso in occasione del suo novantesimo compleanno quando ha voluto alla sua tavola solo dipendenti, nessuna personalità del mondo politico o finanziario, e le officine di Maranello si sono trasformate in un enorme salone di ricevimento, ha ricordato non senza emozione Monica Zanettiil primo meccanico donna della Ferrari e per questo soprannominata Lady F40.

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Luciano Guerrieritecnico e designer con 40 anni di attività in Ferrari, ha invece rievocato la passione dei più importanti piloti di Formula 1, abituali frequentatori del ristorante di famiglia La Busaper i piatti tipici modenesi, primi fra tutti i tortellini con panna in superficie.

Lo stesso menù tanto caro a Enzo Ferrari, seppure in chiave moderna, è stato proposto dal ristorante Lungo la strada, elegante struttura ricavata da un antico mulino. Lo chef è in cucina Emilio Barbieriappartenente ad una delle famiglie storiche di ristoratori modenesi, insieme alla moglie Rita Antonella.

Gnocco fritto, prosciutto di Parma, cotechino di Modena IGP, Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOC, salame San Felice e una straordinaria confettura di visciole brusche di Modena IGP hanno fatto da apripista, anticipando il taglio della cena incentrato sui sapori più tradizionali.

La mise en place è molto originale: tortellini in abbondanza, ciliegie di Vignola in vetro soffiato, prototipi della mitica Rossa e ruote in acciaio come centrotavola.

Tortelloni con ricotta del Monte Cimone, crema di spinaci e scaglie di Parmigiano Reggiano DOP 30 mesi, una ricetta che affonda le sue radici nel Medioevo e un piatto di recupero che ne ha introdotto l’evoluzione: tortello ottenuto dal siero di ricotta recuperato che, profumato con l’aroma erbe, diventa il cuore.


A seguire il Maialino Laccato e la sua evoluzione: cialda da passeggio farcita con gli scarti del maiale tra cui le cotiche e il loro brodo che diventa gelatina e fegatini.

Il dessert era di grande stile e rendeva omaggio alla passione di Enzo Ferrari per i dolci: salsa di ciliegie di Vignola IGP, biscotto al cioccolato fondente, gelato alla crema artigianale e Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP Extravecchio.

Le cattedrali del Parmigiano Reggiano Dop

Dei 300 caseifici che producono Parmigiano Reggiano, Modena ne vanta 50 solo nella sua provincia. Siamo a Lesignana a pochi minuti dal centro di Modena, sede dello stabilimento principale della 4 Madonne – Latteria Emilianasimbolo della rinascita post-terremoto, completamente ristrutturata nel rispetto dell’ambiente: nella fase di ristrutturazione sono state adottate forniture energetiche derivanti da fonti rinnovabili come gli impianti fotovoltaici.

Nonostante un moderno adeguamento degli stabilimenti, la produzione rimane saldamente ancorata alla tradizione. Il latte deve provenire dall’Isola del Tesoro, il territorio compreso tra le province di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma e Mantova, poiché il prodotto ha un legame molto stretto con il territorio che parte dai batteri necessari alla fermentazione passando per il 75% i foraggi devono essere prodotti dalle aziende che conferiscono il latte, fino alla stagionatura che deve avvenire in questa zona per 12 mesi e può proseguire in altre zone solo previa certificazione del Consorzio di Tutela.

La lavorazione del latte avviene in caldaie rivestite di rame a forma di campana rovesciata. Gli ingredienti sono solo tre: latte, caglio e siero innesto, il siero avanzato dalla lavorazione del giorno precedente conservato a temperatura controllata. Una volta cotta a una temperatura che varia dai 35 ai 55 gradi, la cagliata viene rotta con una “spina”, una sorta di frusta dal manico molto lungo che prende il nome dal legno di biancospino di cui un tempo era realizzata. A questo punto il casaro solleva la massa dalle caldaie con una pala di legno e la divide con un semplice coltello da cucina in due parti perfettamente uguali che verranno lasciate scolare in teli di lino e canapa prima di passare alla salatura in vasche di acciaio che dura un pochi giorni e poi si procede con la stagionatura che deve durare almeno 12 mesi.

Entrare nei locali di stagionatura che sembrano cattedrali nella cittadina di Bengodi è un’esperienza davvero da sogno che racconta tutta la passione di queste genti per la propria terra e le sue eccellenze.

Come diceva Enzo Ferrari “La passione non si può descrivere, si può solo vivere”. E lo abbiamo vissuto, con tutto il rispetto per Parmesan e Italian Sounding.

Aceto in Comune
Palazzo Ducale
PiazzaRoma15
Modenese

Ristorante Strada Fare
Strada Barchetta 351
Modenese
Telefono 329 8792177

4 Madonne – Latteria Emiliana
Strada Lesignana 130
Lesignana (MO)
Telefono 059 849468


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