“La riforma è un rischio, non la faccio per me ma non mi tiro indietro” – .

“La riforma è un rischio, non la faccio per me ma non mi tiro indietro” – .
“La riforma è un rischio, non la faccio per me ma non mi tiro indietro” – .

Il momento della verità arriva dopo una prolusione raffinata, quasi accademica, ricca di riferimenti storici e letterari. Bettino Craxi e Costantino Mortati, De Gasperi e il MSI di Almirante. Poi Giorgia Meloni si ferma e sospira. «Non ho bisogno di fare questa riforma. Per me è anche un rischio. Ma ritirarsi adesso sarebbe un errore”. Camera dei Deputati, Sala della Regina. Mentre la “madre di tutte le riforme”, il premier, sbarca nell’aula del Senato per ottenere il primo via libera alla vigilia delle elezioni europee, il primo ministro festeggia in anticipo. Nessun militante in sala, ma grandi commis, alti dirigenti dello Stato, imprenditori più o meno vicini al centrodestra. Anche vecchie e nuove star, Pupo, Iva Zanicchi, Claudia Gerini, il nuotatore Filippo Magnini sono stati reclutati per questo dibattito sulla “Costituzione di tutti” voluto dalla Fondazione Craxi e dalla Fondazione De Gasperi presieduta da Angelino Alfano (e i fotografi si divertono inquadrando i due ex acerrimi rivali ora di nuovo amici, la Meloni cita e ringrazia continuamente “Angelino”).

Premiership, Meloni: «La riforma per me è un rischio, ma l’opportunità va colta. Poteri inalterati del Capo dello Stato”

Un dibattito che sul palcoscenico viola prende lentamente i contorni di un grande spot della riforma meloniana sotto il fuoco dell’opposizione e di Elly Schlein al che la Meloni risponde a tono: «Promettono di opporsi ai loro organismi contro la riforma. Mi sembra difficile dialogare partendo da questi presupposti”. «Non mi aiuta», insiste il leader di Fratelli d’Italia, sfatando l’accusa di una riforma a misura di melonismo, pensata per un ritorno in grande stile a Palazzo Chigi – con l’elezione diretta del premier alle urne. – prossima legislatura.

Ma no, risponde, non ce n’è bisogno perché «questo governo è solido e durerà». E il premierato «non riguarda né me né il presidente Mattarella», aggiunge, mettendo al riparo la “sua” riforma dall’accusa più ricorrente della sinistra. Una invasione dei poteri e delle prerogative che oggi spettano al Quirinale. «Bisogna salvaguardare gli organi di garanzia, a partire dalla funzione di arbitro super partes del capo dello Stato – prova a rassicurare Meloni – è proprio questo che fa questa riforma della premier, è stata una scelta di lasciare i poteri fondamentali del Presidente della Repubblica invariato» .

PUBBLICO

Il Primo Ministro attende per un’ora intera seduto in prima fila, prendendo appunti mentre sul palco si alternano i relatori. Giovanni Orsina professore alla Luiss, il costituzionalista Luciano Violante. Anche Meloni sorride e annuisce al suo consigliere e rivale, ex presidente della Camera, mentre dispensa consigli e rimproveri sull’opera costituzionale del governo, invitando a non pensare a guadagni immediati ma a «cosa farebbero i nostri avversari se avessero una riforma del sistema questo genere nelle loro mani». «Mi sono chiesto più volte come gli oppositori utilizzerebbero questa riforma. Non mi spaventa”, risponde. Poi il discorso sul palco, pensato per lanciare un messaggio alla platea di imprenditori e manager alla corte del primo ministro: il premier porterà “stabilità”, il ritornello, e senza stabilità “non si possono fare investimenti”.

Applausi e volti raggianti tra i potenti dell’epoca di Giorgia accorsi numerosi per l’occasione. Ci sono i redattori Angelucci padre e figlio, i top manager delle controllate, Enel, Terna, Snam, banchieri. E insieme a loro volti noti dello spettacolo e dello sport che hanno deciso di mettere il volto alla “madre di tutte le riforme”. Ecco Pupo, in seconda fila: «Sono forte per la premiership, fortissimo davvero!». Dolce, salato, fallo e basta. «E poi aboliscono i senatori a vita: vi immaginate se nominassero me?».

Il re delle piscine olimpiche Magnini sorride imbarazzato, «Sono qui per ascoltare», Claudia Gerini invece no, «Avevo un’idea per la premiership poi ne ho avuto un’altra, la stabilità è importante». Galli della Loggia dialoga intensamente con Cicchitto, qualche fila dietro – come sempre lontano dai riflettori – un pensoso Alfredo Mantovano, potente sottosegretario a Palazzo Chigi. Leghisti in sala? Pochi, anzi quasi nessuno. Mentre i giornalisti salgono le scale, eccone uno che scende, nella direzione opposta. «Onorevole Candiani, non si avvia verso il premier?». “IO? Ma no, non sono “fascista” – ride – scherzo, non scrivere!».

Uno degli organizzatori ascolta il leader del governo sul palco e una goccia di sudore gli scende sulla fronte: «Speriamo che oggi parli da presidente del Consiglio, anziché da Giorgia…». E invece “Giorgia”, la leader del partito, riaffiora qua e là nel lungo discorso istituzionale. Come quando comincia a prendersi gioco di Schlein e della sua promessa di contrapporre “il corpo” alla premier, “che cos’è, una minaccia?”. O anche quando inizierà a calcolare la durata del suo governo. «Sarà il sesto più longevo della storia repubblicana se mangerà il panettone..».

© TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Leggi l’articolo completo su
Il Messaggero

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Lupi, nelle Marche Noi Moderati lavora nella lista per le Regionali – News – .
NEXT l’ospedale di Guastalla al centro del confronto tra candidati. VIDEO Regonline -Telereggio – Ultime notizie Reggio Emilia