“IMPIANTI SCIISTICI, CLASSE POLITICA RITORNATA DI 40 ANNI”, GRASSETTO, “IL FUTURO È TURISMO SOSTENIBILE”

L’AQUILA – “Mi stupisce il fatto che quarant’anni fa i politici parlassero degli impianti di risalita come unico modello di sviluppo per l’intero Appennino. Adesso, dopo quarant’anni, continua a dire la stessa cosa, anche se il mondo sta cambiando, e con esso il turismo, come se non fosse in atto il cambiamento climatico, che ridurrebbe le nevicate”.

Lo sostiene Stefano Arditogiornalista, scrittore e appassionato di montagna, che ha preso parte all’assemblea pubblica “Il futuro del Gran Sasso” del 7 maggio presso il Centro Polifunzionale di Camarda, frazione dell’Aquila, alla quale hanno partecipato anche Marco CordeschiAmministratore Delegato di Altevie S.r.l., Emanuele De Simoneprofessionista del turismo freelance, Igor Antonellifondatore di Live Your Mountain, Federico Cioccatra i fondatori del Cammino del Gran Sasso, Ilaria Ianni della VadoLibera Asd, Emanuele Valeri, cofondatore di NeveAppennino, il portale dedicato agli amanti degli sport invernali. Il giornalista modererà l’assemblea Alessio Ludovici.

Assemblea organizzata tra gli altri dal sindacalista CGIL Rita Innocenzi, nei momenti più difficili e delicati per il comprensorio del Gran Sasso, dopo la chiusura della funivia che collega Fonte Cerreto con il centro turistico del Gran Sasso, che ora rischia il collasso. E dopo una stagione senza neve anche in Abruzzo, che ha riportato in primo piano la questione del presente e del futuro delle stazioni sciistiche, che hanno registrato perdite economiche, con le poche settimane in cui è possibile scendere sulle piste, in aumento al 70%, tanto che gli operatori si sono già mossi per chiedere risarcimenti, e cresce la pressione per realizzare o potenziare impianti di innevamento artificiale.

Come già riportato da Abruzzoweb, nel 2024 in Italia si sono registrati ben 260 impianti dismessi e abbandonati, costruiti decenni fa, e ormai scheletri arrugginiti, rispetto ai 249 registrati nel 2023, e anche 177, con un incremento di 39 unità di impianti temporaneamente chiusi, mentre quelli aperti ad intermittenza salgono da 84 a 93.

“Già 40 anni fa lo sci non poteva essere tutto – sostiene Ardito -, ancora di più oggi, con i cambiamenti climatici che fanno sentire i suoi effetti, con il fatto che lo sci è diventato un’attività per pochi benestanti. Ovviamente non sto dicendo che non dovremmo continuare a investire in essi ed evitare progetti troppo costosi e con un impatto inutilmente elevato, ma dobbiamo lavorare su un’alternativa. Personalmente, sia chiaro, sono favorevole alle nuove piste da sci a Ovindoli, e per questo sono stato criticato dagli ambientalisti puri e duri. Ma dico no, senza mezzi termini, al costosissimo progetto di collegamento tra gli impianti di Campo Felice e Magnola, che devasterà inutilmente il massiccio del Velino”.

Riguardo all’assemblea pubblica di Camarda, Ardito afferma che si è trattato di “un evento molto interessante, con molta partecipazione di gente del territorio, con interessanti esperienze di lavoro creativo, di iniziative legate alla montagna, come lo sci alpinismo, il ciclismo, escursioni, passeggiate, come quella del Gran Sasso che sta avendo un grande successo”.

Ma aggiunge: “Noto una scarsa capacità dei Parchi di sostenere questa crescita del turismo sostenibile, del lavoro e dell’occupazione in montagna, e forse questo è legato anche a una legge quadro non ben costruita. Eppure, il territorio del Gran Sasso ha prodotto tante proposte turistiche interessanti, come la corsa ciclistica L’eroica, gli itinerari del cinema, il già citato Cammino del Gran Sasso, solo per fare alcuni esempi tra tanti, che sono espressione di un’economia più ampia e ricca , e che richiede immaginazione. Ma anche sostegno, perché per lo sci di fondo e le ciaspolate, che non necessitano di infrastrutture pesanti, almeno la strada che parte da Santo Stefano di Sessanio e arriva a Campo Imperatore va tenuta aperta d’inverno, e devono restare aperte anche le strade strutture ricettive in bassa stagione, perché basta guardare altrove per capire le potenzialità dello sci di fondo”.

Quindi, riguardo allo stop alla funivia, e alla necessità di garantire un adeguato contributo pubblico anche per il 2024, Ardito si limita a dire: “Non sono contrario ai contributi pubblici nemmeno per una stazione sciistica che è un’infrastruttura come una strada, una ferrovia o un aeroporto, e quindi è giusto investire su di esso se produce reddito, benessere e lavoro per la comunità locale. Una delle contraddizioni delle località sciistiche dell’Appennino e dell’Abruzzo, Roccaraso a parte, però, è che hanno pochissime attività correlate in termini di alberghi, ristoranti, bed and breakfast. Se andate in Val di Fassa troverete mille strutture in orbita attorno agli impianti di risalita. Inoltre sarebbe importante che i versanti aquilano e teramano del Gran Sasso collaborassero e si unissero in un’unica visione strategica, cosa che ora non avviene”.

Infine, osserva Ardito, “lo spettro dell’overtourism viene spesso sollevato, ma il processo può essere gestito. Dove ormai c’è pressione molto alta, anche eccessiva, restando nella zona del Gran Sasso, ci sono Campo Imperatore, il sentiero che porta al Corno Grande, i Prati di Tivo, il sentiero per il rifugio Franchetti. Ma quello che si deve e si può fare è, per così dire, ‘diffondere’ il turismo su tutto il territorio, in tanti altri luoghi e borghi meno conosciuti”.

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