Maternità in Italia. Campania e Basilicata sono le regioni dove è meno facile vivere, il rapporto di Save the Children – Ondanews.it – .

Maternità in Italia. Campania e Basilicata sono le regioni dove è meno facile vivere, il rapporto di Save the Children – Ondanews.it – .
Maternità in Italia. Campania e Basilicata sono le regioni dove è meno facile vivere, il rapporto di Save the Children – Ondanews.it – .

Il 2023 ha registrato un nuovo minimo storico nascite in Italiaormai permanentemente fermo sotto le 400mila unità, con un decremento del 3,6% rispetto all’anno precedente. Le donne scelgono di non avere figli o di averne meno di quelli che vorrebbero: nella popolazione femminile in età fertile, convenzionalmente definita tra i 15 e i 49 anni, il numero medio di figli per donna, infatti è pari a 1,20, e risulta in calo rispetto al 2022 (1,24).

L’Italia è anche il paese europeo con il età media più alta delle donne al momento della nascita del primo figlio (31,6 anni) con una percentuale significativa di primi nati da madri over 40. L’età media delle mamme al parto resta pressoché invariata rispetto all’anno precedente (32,5 anni nel 2023 e 32,4 nel 2022).

Sono questi alcuni dei principali dati contenuti nella 9a edizione del rapporto “Le Equilibriste, la maternità in Italia” di Save the Children, organizzazione che da oltre 100 anni si batte per salvare ragazze e ragazzi a rischio e garantire loro un futuro, uscito a pochi giorni dalla festa della mamma, che fa il punto sulle infinite sfide che le donne in Italia devono affrontare quando scelgono di diventare madri. Come ogni anno, lo studio comprende anche il Mothers’ Index, elaborato dall’ISTAT per Save the Children, una classifica delle regioni italiane dove è più facile vivere per le mamme.

Anche quest’anno l’Indice indica la provincia autonoma di Bolzano al primo posto tra i territori materni, seguita da Emilia-Romagna e Toscana, mentre Fanalino di coda la Basilicata, preceduto in fondo alla classifica da Campano e la Sicilia.

Se il posticipo della maternità e la bassa fecondità sono il risultato di numerose concause, i dati rivelano che quanto più aumenta la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, tanto più aumenta il tasso di fecondità. Un elemento da tenere nella dovuta considerazione in un mercato del lavoro che soffre ancora di un gap di genere molto forte. Dai dati del rapporto Save the Children emerge che in Italia il tasso di occupazione femminile (età 15-64 anni) era del 52,5% nel 2023, un valore inferiore di 13 punti percentuali rispetto alla media dell’Unione Europea (65,8%). Per le donne, la questione della conciliazione tra lavoro e famiglia rimane critica per coloro che svolgono lavoro di cura non retribuito nella propria famiglia.

Un indicatore delle difficoltà che le madri incontrano nel conciliare impegni familiari e lavorativi è rappresentato dal numero di donne occupate di età compresa tra 25 e 54 anni: a fronte di un tasso di occupazione femminile pari al 63,8%, il le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7% mentre solo poco più della metà di chi ha due o più figli minori ha un lavoro (57,8%). Al contrario, per gli uomini della stessa età, il tasso di occupazione complessivo è pari all’83,7% con una variazione che va dal 77,3% per chi non ha figli, fino al 91,3% per chi ha un figlio minore e al 91,6% per chi ha due o più figli. Di più.

Si registrano marcate disparità territoriali a scapito delle regioni del Mezzogiorno dove l’occupazione femminile si ferma al 48,9% per quelle senza figli (79,8% al Nord e 74,4% al Centro) e scende al 42% in presenza di figli minorenni, arrivando al 40% per le donne con due o più figli minorenni (al Nord sono il 73,2% e al Centro il 68,3%). Anche guardando i dati di dimissioni volontarie post genitorialità è chiaro come la nascita di un figlio incida sulla disuguaglianza di genere nel mondo del lavoro. A dimettersi sono soprattutto le madri, al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita.

Quest’anno l’Indice delle mamme per regione è il risultato di un’analisi basata su 7 dimensioni: demografia, lavoro, rappresentanza, salute, servizi, soddisfazione soggettiva e violenza. L’indice è il risultato di una lunga e fruttuosa collaborazione scientifica con l’Istituto nazionale di statistica (Istat). Il valore di riferimento dell’Indice delle Mamme è pari a 100. Rispetto ad esso, valori più alti rappresentano un territorio più favorevole per le madri; al contrario, valori più bassi mostrano un territorio meno “amico” nei loro confronti.

Per quanto riguarda lal’area demografica, tra le regioni più virtuose primeggia la provincia autonoma di Bolzano (130.857), che supera nettamente il valore di riferimento (100) seguita dalle regioni Sicilia (110.286) e Campania (107.714). Nella parte bassa dell’Indice in area Demografia troviamo la Basilicata (89.714) e la Sardegna (75.143) che si posiziona ultima, tutte regioni che registrano tassi ben al di sotto del valore nazionale.

Per quanto riguarda le dimensioni nel lavoro la Campania risulta essere la regione meno virtuosa piazzandosi all’ultimo posto, mentre la Basilicata recupera alcune posizioni.

Nel’zona di rappresentanzaper quanto riguarda la percentuale di donne negli organi politici a livello locale per regione, il Lazio è primo (134.054), avanzando di 4 posizioni rispetto alla scorsa edizione. Fanalino di coda la Basilicata (68.468) con ben oltre 30 punti di differenza dal valore di riferimento.

Anche in ambito sanitario al Centro troviamo una regione altrettanto più virtuosa: l’Umbria (118.903), passata dal 16° posto dello scorso anno al 1° grazie ad una profonda riduzione del tasso di mortalità infantile (da 3,23 nel 2020 a 1,15 nel 2021) e ad una crescita strutture pubbliche e private accreditate per l’attività di consulenza (da 4,2 ogni 10.000 abitanti nel 2019 a 5,6 nel 2022). Nella parte bassa della classifica c’è Basilicata perde 6 posti (dalla 5° all’11° posizione) e si registra un aumento del tasso di mortalità infantile (da 2,27 a 3 in Basilicata tra il 2020 e il 2021) e una riduzione delle strutture accreditate per il consultorio (da 5,6 a 5,2 in Basilicata) .

Nell’ambito dei servizi, invece, nel Mezzogiorno la Sardegna è l’unica regione ad avere un valore superiore alla media nazionale (103.629), mentre la Sicilia (76.675), come nel 2022, è ultima, preceduta da Campania (79.862), Puglia (82.462), Calabria (82.633) e Molise (85.447), regioni dove l’offerta di servizi è più bassa.

Per quanto riguarda le dimensioni del soddisfazione soggettiva e di violenzaLa Campania è al 19° posto posto mentre il Basilicata rispettivamente al 20° e 21° posto.

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